Supporta Gothic Network
I riluttanti di Carlo Galli. La storia italiana alla luce della teoria delle élites
In un suo bellissimo e indimenticabile saggio, pubblicato in passato su Micromega, Eugenio Scalfari, con la consueta finezza intellettuale, ha sviluppato un'ampia analisi storica per dimostrare che in Italia non si è mai avuta una borghesia, simile a quella dei maggiori Paesi europei, che fosse in grado di incarnare e rappresentare l’interesse generale del nostro Paese. Il saggio di Carlo Galli, docente di Storia delle dottrine politiche presso l’università di Bologna, I riluttanti (Roma-Bari, Laterza, 2012), propone al lettore un'ampia e ricca analisi storica, per comprendere i motivi e le ragioni che spiegano e chiariscono la natura e le caratteristiche della classe dirigente italiana, nei diversi momenti che hanno accompagnato lo sviluppo della storia unitaria del nostro Paese.
Nella prima parte del libro, vi è una riflessione generale che spiega come storicamente, fin dal’epoca medievale, si è avuta la formazione delle élites, la parte della società che per i suoi meriti e le sue competenze è chiamata a guidare il popolo. Il libro è rivolto a indagare il tema generale delle élites tenendo presente, nella prima parte, i testi dei grandi letterati e scrittori, mentre, nella seconda parte, propone una riflessione spiccatamente storica e filosofica.
Già Machiavelli nel suo libro Dell’arte della guerra, nel tratteggiare la figura dei prìncipi posti a capo dei singoli stati, nel periodo in cui l’Italia era divisa, notava come i singoli prìncipi fossero sprovvisti di virtù civiche e politiche. Leopardi, nel suo celebre saggio Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, scritto sessanta anni prima che si arrivasse all'unità nazionale, osservava con grande lucidità che nel nostro Paese non si era formata la cosiddetta società stretta fondata su doveri e vincoli inderogabili, sicché la classe dirigente gli sembrava animata da un cinismo inverecondo e oscenamente desueto e contrario alla modernizzazione del Paese.
Carlo Galli, sottolineando la forza conoscitiva della letteratura basata sul potere dell'immaginazione, dopo aver analizzato i testi di Manzoni e Carducci, individua le caratteristiche e le peculiarità negative delle élites italiane, che si sono sempre ripresentate in momenti diversi della nostra storia nazionale: particolarismo, cultura vuota o esornativa, scarsa lungimiranza politica, illegalismo, cinismo, rassegnazione, rifiuto delle responsabilità rispetto al bene comune, apatia. Per dare un sostegno a questa visione critica e disincantata delle élites Italiane, nel libro Galli propone una interpretazione assai profonda e molto bella di due grandi libri della nostra storia letteraria, I viceré di De Roberto e Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa.
Per dimostrare l'irresistibile inclinazione verso lo scetticismo e l’apatia delle élites italiane, Galli rilegge criticamente il dialogo che avviene nel quarto libro del Gattopardo tra il principe Salina ed il diplomatico piemontese Chevalley, nel quale il principe siciliano proclama non solo la eterna immutabilità degli assetti sociali, ma l’inutilità di ogni tentativo volto a governare e trasformare il nostro Paese. Nella parte più dichiaratamente storica e filosofica del libro, viene ricordato come spetti a Gaetano Mosca il merito di avere elaborato la Teoria delle élites, uno dei maggiori contributi della politologia italiana alla cultura europea. Nel suo famoso libro Teorica dei governi e governo parlamentare, Gaetano Mosca mostra come sono le élites che, per il loro merito dovuto alle capacità e competenze acquisite, hanno la responsabilità di guidare il popolo e le masse. Proprio in questo libro si riflette sul rapporto tra i pochi e i molti, tra il particolarismo e l’universalismo, tra l’interesse di parte e quello della collettività, tra il parlamentarismo ed il liberalismo.
Ovviamente sarà Roberto Michels a individuare nei partiti socialisti i soggetti destinati a formare le nuove élites nella società di massa, scelti dal popolo attraverso il voto e l’esercizio del suffragio universale. Molto belle e profonde sono le pagini nelle quali, muovendo dalla teoria delle élites, viene spiegato il pensiero di Gramsci sul concetto di egemonia e sul partito inteso come il moderno principe, che deve pedagogicamente educare le masse per liberarle in nome di un'alta e universale visione del bene pubblico. Tuttavia nella storia unitaria vi sono stati fasi e vicende diverse. Il Risorgimento e la Resistenza furono periodi in cui le élites imposero la decisione egemonica, come la chiama Galli nel suo libro, sicchè si ebbe prima l’unità d’Italia e in seguito, dopo il fascismo e la guerra, la rinascita democratica italiana.
Nella storia italiana, purtroppo, si sono avute anomalie di cui è opportuno cogliere il valore generale. Dopo i primi cinquanta anni delle storia unitaria, con l’impresa di Fiume di D’Annunzio, irrompe sulla scena pubblica la figura dell’eroe mitico che in nome del vitalismo e del nazionalismo vuole assumere la guida politica del paese. Mussolini, fondatore del fascismo e responsabile della distruzione del regime liberale, è l’uomo politico nella cui figura si fondono la demagogia, il nazionalismo e il populismo, in presenza del quale le élites si ritraggono dalla vita pubblica.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale con la costituente e la nascita della Repubblica, i partiti di massa riescono a ricostruire il paese e a modernizzarlo. La prima repubblica per Galli muore e si conclude con l’assassinio di Aldo Moro compiuto dai terroristi alla fine degli anni Settanta. In seguito i partiti si trasformano in comitati di affari e si manifesta il fenomeno della degenerazione della nostra vita politica che rende possibile la commistione nefasta e distruttiva tra affari e politica. Il berlusconismo è una nuova versione del populismo, che in passato si era già manifestato nella storia italiana, e nasce come reazione alla fine dei partiti storici e come un sintomo che rivela la paura della classe dirigente italiana di fronte alla globalizzazione. Berlusconi, con il conflitto di interesse, la confusione tra la sfera pubblica e privata, l’incapacità a dirigere e governare il paese, diviene il garante di un ordine politico che condanna il paese all’impoverimento ed al declino economico, fino al punto di condurlo sull’orlo del baratro e del fallimento finanziario. Durante il ventennio berlusconiano le élites sociali ed intellettuali si ritraggono dalla scena pubblica e vengono spesso - si pensi agli intellettuali ed ai magistrati - fatte oggetto di una sistematica campagna di delegittimazione da parte del premier, un uomo privo di cultura politica e generale.
Con la nascita del governo Monti le élites, per salvare il Paese dalla catastrofe finanziaria, ritornano alla guida del paese, anche se vengono percepite come intimamente legate al potere finanziario internazionale, ritenuto responsabile della crisi mondiale. Un libro che propone una lettura assai significativa e profonda della storia italiana e individua le cause storiche della crisi della nostra democrazia.