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Santa Cecilia: Evgeny Kissin. Il virtuosismo dal barocco al tardo-romantico
Dopo sette anni di assenza (l'ultimo concerto era del 2016), è tornato a Santa Cecilia Evgeny Kissin, un'autentica leggenda del pianoforte. L’artista russo, ma naturalizzato britannico, si è esibito sul palcoscenico della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone il 22 febbraio 2023 per la Stagione di musica da camera. Diacronicamente vario il programma, che comprendeva musiche di Bach, Mozart, Chopin e Rachmaninov.
Nato a Mosca nel 1971, da padre bielorusso e madre ucraina, Evgeny Kissin già a due anni aveva iniziato a suonare e a improvvisare ad orecchio. A sei anni entrò nella Moscow Gnessen School of Music per bambini iperdotati, allievo di Anna Pavlovna Kantor, straordinaria insegnante di pianoforte, morta nel 2021 a 98 anni. Ma la consacrazione avvenne nel 1988, quando si esibì con la London Symphony Orchestra a Londra, direttore Valery Gergiev, e con i Berliner Philharmoniker diretti da Herbert von Karajan a Berlino (quando eseguì il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 di Čajkovskij, durante il Concerto di Capodanno del 1988).
Il musicista ha intrattenuto a lungo legami artistici con l’Accademia di Santa Cecilia, fin dal 1991: ne è stato ospite 28 volte, sia per la stagione da camera, sia per quella sinfonica; ma è stato anche anche in tournée con il direttore Antonio Pappano. Con l'ammirazione del pubblico e dai critici di tutto il mondo, Kissin ha collaborato con direttori celeberrimi, da Claudio Abbado a Riccardo Muti, da Zubin Mehta a Carlo Maria Giulini, da Daniel Barenboim a Seiji Ozawa. La cifra del suo stile, assolutamente peculiare, combina un'elevatissima tecnica virtuosistica con un fraseggio arioso e ricercato: il suo tocco, estremamente sensibile, gli permette di controllare tutte le variazioni di dinamica, dai pianissimi delicati ai fortissimi, concretizzando questa abilità in una profondità interpretativa elevatissima.
Il pianista ha aperto il concerto con la Fantasia cromatica e fuga BWV 903 di Johann Sebastian Bach. Si tratta di un dittico fra i più straordinari del repertorio per clavicembalo, qui ovviamente trasposto per pianoforte, secondo un'ormai antica consuetudine. Come scrisse il musicologo Alberto Basso, “si muove su una rapida improvvisazione in stile di toccata: è un preludiare dal ritmo preciso, ricco di canto […] in un'atmosfera armonica stupefacente per la sua singolarità e arditezza di concezione”. La Fantasia cromatica si distingue soprattutto per la sua forma insolitamente libera e per la complessità armonica, ben al di là delle abituali forme della musica barocca. Fattori che spiegano il suo successo in epoca romantica. Kissin affronta il pezzo di Bach con sicurezza e dominio delle armonie: il virtuosismo non scade mai in inutile esibizione ed egli mostra di saper controllare la polifonia e le dinamiche con un'assoluta consapevolezza delle intenzioni bachiane, che univano gli elementi rapsodici e d'improvvisazione della Fantasia al severo rigore della Fuga.
Subito dopo, quasi senza interrompersi, Kissin ha attaccato la Sonata n. 9 in re maggiore K 311 di Wolfgang Amadeus Mozart composta nel 1777. La sonata si apre con un Allegro con spirito dal tono estroverso e quasi giocoso, con il tema principale che nella ripresa appare in ordine inverso rispetto all'esposizione (caratteristica più dei concerti che delle sonate): Kissin lo esegue con senso del ritmo e briosa eleganza, cesellando il fraseggio con consumata abilità, in perfetto equilibrio tra spunti virtuosi e precisione esecutiva, raggiungendo una trasparenza davvero apollinea, soprattutto nel secondo tempo, Andante con espressione, mentre nel Rondò finale, un Allegro molto brioso con ritmo ternario, appare quasi anticipare i successivi momenti del concerto.
E tra questi momenti, c'è quello che chiude la prima parte, ossia lo Scherzo n. 2 in si bemolle minore, op. 31 di Fryderyk Chopin, composto nel 1837: è tra le pagine più popolari di Chopin, molto apprezzata da Robert Schumann che la paragonò a una poesia di George Byron, "così traboccante di tenerezza, audacia, amore e disprezzo". Kissin con questo brano, così impetuoso e trascinante, pur mantenendo un notevole autocontrollo: ma il sentimento prevale e gli permette di "dribblare" tutte le pastoie tecniche, soprattutto nel secondo tema in la maggiore, in cui Chopin sembra esplorare la complessità della natura umana, grazie a una sorprendente cantabilità: "bitematismo" che per certi versi lo accomuna a Beethoven. Peraltro, lo scherzo come pezzo pianistico autonomo compare solo con Schubert, che lo codificò nel 1817: nello scherzo, siamo di fronte a una forma rapsodica che viene reinventata volta per volta sulla base di un materiale che si contraddistingue per l'andamento fulmineo e, tecnicamente, per una scansione metrica che prevede un "battere forte" ogni quattro misure.
Nella seconda parte del programma Kissin ha interpretato alcuni brani di Sergej Rachmaninoff: Lilacs op. 21 n. 5, trascrizione per pianoforte solo dell’omonimo Lied per voce e piano (tratto dai 12 Lieder op. 21); dai Preludi op. 32 il n. 8 e dall’op. 23 il n. 10; infine, una selezione dalle nove Études-Tableaux op. 39, composte tra il 1916 e 1917.
Qui Kissin riesce a dare il meglio di sé, data anche la profonda congenialità del repertorio del grande musicista russo con la sua sensibilità interpretativa, che riesce a restituire al pubblico tutta la ricercatezza "polifonica" (oseremmo dire) e cromatica del pianismo tardo-romantico che contraddistingue questi brani, grazie a melodie seducenti e ad armonie complesse e avvolgenti. Il pubblico ascolta quasi in estasi le atmosfere misteriose e, a tratti, quasi lugubri di Rachmaninov.
In particolare, il primo brano, Lilacs, si basa su una romanza per voce di soprano, trascritta per pianoforte dallo stesso compositore (arricchita da un accompagnamento modale) e che si basava su una poesia di Ekaterina Beketeva, nella quale si celebra la pianta che secondo la leggenda profumava gli harem persiani.
I Preludi sono 24 perché ciascuno di essi corrisponde a una determinata tonalità (come negli omologhi di Bach, Chopin e Skrjabin). Il n. 8, op. 32, è in tempo vivo ed esibisce un grado notevole di virtuosismo. Al contrario, il preludio n. 10, op. 23, Lento, è una pagina che potrebbe essere accostata a un notturno, che Kissin esegue quasi con la modalità di un'iterazione ipnotica.
Gli Études-Tableaux sono invece quasi brani "pittorici", nella loro brevità e nei loro riferimenti, ad esempio a opere del pittore elvetico Arnold Böcklin. Kissin li esegue con un sorprendente tono introspettivo, che li caratterizza a causa della ripresa del tema del Dies irae, da Rachmaninov scelto dopo la morte del padre.
Al termine del concerto, il pubblico si profonde in applausi così scroscianti da indurre il pianista a concedere tre bis, tutti di Rachmaninov, tratti dai Morceaux de fantasie op. 3, il n. 3, Melodia, il n. 5, Serenata, e il celebre Preludio op. 3 n. 2 in do diesis minore.