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Santa Cecilia. Gatti, dal wagneriano idillio al Paradiso di Mahler
Daniele Gatti è tornato a dirigere l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per terminare il ciclo delle Wunderhorn-Symphonien, le prime sinfonie di Gustav Mahler che impiegano al loro interno testi tratti dalla raccolta popolare di poesie e canzoni Il corno magico del fanciullo. Daniele Gatti è stato Direttore musicale dell'Accademia dal 1992 al 1997: il Maestro ha diretto all’Auditorium Parco della Musica nella Sala Santa Cecilia la Sinfonia n. 4 “La vita Celestiale” di Mahler che ha visto come solista il soprano svizzero Rachel Harnisch, per le tre serate di giovedì 10, venerdì 11 e sabato 12 gennaio. Gatti, da poco nominato direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma, ritornerà a Santa Cecilia a maggio con un programma intermanete dedicato a Brahms. Il concerto di venerdì 11 è stato trasmesso in diretta da RAI Radio Tre nella trasmissione Radio3 Suite.
L'aulico Lied per soprano “La vita celestiale” che conclude il quarto movimento caratterizza questa Quarta Sinfonia, che fu eseguita per la prima volta a Santa Cecilia nel 1914, sotto la direzione di Willem Mengelberg, intimo amico di Mahler. Il concerto si è però aperto con l’Idillio di Sigfrido di Richard Wagner, una pagina musicale che fu regalo di compleanno, il 25 dicembre 1870, per l’amata moglie Cosima Liszt a un anno dalla nascita del terzo figlio Sigfrido, primo maschio della stirpe. Soprannominata da Cosima, allegramente, Treppen-Musik (Musica delle Scale) in quanto l'orchestra chiamata a suonarla dal vivo per ridestare dal sonno la consorte la eseguì sulle scale d'entrata alla chambre de lit di lei, è caratterizzata da quella che Wagner stesso chiama "l'arte della transizione" (Übergang in tedesco), evocata da continui passaggi senza interruzione da un tema all'altro e da un trasporto idilliaco fiabesco, che ci riconduce anche al terzo atto del Siegfried dramma musicale, a tesserne una vivida connivenza sentimentale. Daniele Gatti è riuscito ad evocare quella sostanza antica, immemore ed allo stesso tempo nostalgica, costruita su richiami segreti che l'Orchestra di Santa Cecilia ha pienamente condiviso.
La Quarta (1899-1900), è una sinfonia della misteriosa coagulazione tra morte ed infanzia, come se un filo invisibile le connettesse per principio. I Campi Elisi si fondono in una sorta di paradiso perduto dell'infanzia: una musica intimamente sommersa da inquietudini profonde, liricamente pervasa da primitive lacerazioni e “concertante” dal vivo con l'Orchestra di Santa Cecilia con Gatti, molto attento a non lasciarla distrarre. Preziosi i contrabbassi con i loro vibrati, guidati da un Gatti netto ed autorevole nel movimento della bacchetta e delle mani, che solo nelle parti più liriche si ammorbidisce, al contrario di come ha invece diretto l'idillio wagneriano. Per contrapposizione qui si nota la levatura del grande direttore d'orchestra, flessuoso nelle sue direzioni ed elastico nella sua interpretazione, profondamente motivato nel proporre una lettura personalissima confacente ad ogni composizione, nel pieno rispetto della sua natura intrinseca.
La Quarta è una sinfonia che ritorna ad un organico ridotto rispetto alle altre, in linea con le orchestre classiche di Haydn e Mozart: inizia proprio con un rimando al mozartiano KV551 nel primo tema del primo movimento Bedächtig, Eilen nicht (Riflessivo. Non troppo mosso) e con una linea melodica (violoncelli) tratta dall’Allegro moderato della Sonata per pianoforte op. 122 di Franz Schubert per il secondo tema. I campanelli iniziali – che torneranno alla fine – invece irridono l'ascoltatore, come a dire: stiamo entrando in un luogo dove fiere e paradisi (artificiali?) compongono l'ambiente, e gli ottoni insieme ai legni lo rendono tangibile in un intreccio di temi. Una dissonanza evidenziata dal gong (messo in orizzontale) e dalla grancassa fa spuntare le trombe che seguono, rimandando alla Marcia funebre della Quinta. Di colpo torna il tema mozartiano mentre le ombre rifuggono nella distanza.
Lo Scherzo titolato In gemächlicher Bewegung, ohne Hast (Moderato, senza affrettare) presenta il violino solista di Carlo Maria Parazzoli, che ne ha ben evidenziato il suono con lo strumento accordato un tono sopra in modo da rassomigliare al fiddler (violinista: fiddle è un termine più colloquiale per il violino) del folklore: lo stesso Mahler ha chiamato il primo tema "Freund Hein spielt auf" (La morte intona la sua musica o meglio bussa alla porta in termini metaforici – una Danza macabra che viene raffigurata di solito con uno scheletro che suona il violino, ovvero conduce nell'Aldilà). Mahler stesso scrisse che: “Lo Scherzo è mistico, stupefacente e strano. Ma poi nell'Adagio, che sbroglia l'intreccio, vedrete che dopotutto non è andata così male".
Il terzo movimento Ruhevoll, Poco adagio (Tranquillo, poco adagio) fa da ponte tra la visione macabra dell'Aldilà e quella del cielo col soprano Rachel Harnisch che intona nel seguente quarto movimento “Das Himmlische Leben” (La vita celestiale): le libere variazioni sui temi già esposti rendono comunque ambiguo l'adagio, soprattutto i colpi di gong che stanno lì a ricordare il Totentanz di poco prima. I flauti distendono l'ampia apertura orchestrale, terminando in un silenzio riappacificatore dopo la mestizia del crepuscolo.
L'ultimo movimento Sehr behaglich (Molto comodo) è una virata dei fanciulli in un idealizzato paradiso di levità e canti degli uccelli, ampiamente naturalistico, trasposta col soprano dalla voce flessuosa e aerea Rachel Harnisch – purtroppo un pochino bassa di volume anche per la posizione in fondo all'orchestra (forse non troppo felice in questo caso) – nel Das Himmlische Leben, lirica tratta da Des Knaben Wunderrhorn (Il corno magico del fanciullo), raccolta di Lieder musicati da Mahler e tratti dai volumi pubblicati tra 1805 al 1808 da Clemens Brentano e Achim von Arnim. Il finale conciliatore vibra alto come un inno, sebbene qualche singulto dall'oboe e dalla tromba ancora risuoni, disperse dalla pace infinita dei rintocchi dell'arpa che sfuma qualsiasi dubbio.
Consigliamo poi la lettura di Mahler di Quirino Principe, edizioni Bompiani, 2002. Quirino Principe si è anche occupato di tradurre il testo dal tedesco “Das Himmlische Leben”, che ritroviamo nel libro.