Supporta Gothic Network
Il segnato. Low horror low budget
Il genere orrorifico è in crisi. Da tempi ormai troppo lunghi. Film come Il segnato insistono a degradarlo dall’interno. Come succede al protagonista, Jesse, un ragazzino californiano (il girato è concentrato nel circondario di Oxnard) d’origini messicane posseduto da un “incubo”, si direbbe quindi un demone di sesso maschile (demoni maschili figli di Lilith, la prima moglie di Adamo: vedi articolo correlato in fondo e cfr. Ernest Jones, Psicoanalisi dell’incubo, Newton Compton, 1978, ma forse è meglio chiamarlo Simon, dal nome del gioco da tavolo attraverso cui comunica, sorta di modernizzazione delle tavole Oui-Ja delle sedute spiritiche. La pellicola parte anche col piede giusto, inscenando in un ghetto latinoamericano l’intera storia.
Le interrelazioni diaboliche si complicano notevolmente quando veniamo a scoprire che dietro quest’epidemia di possessioni (l’amico Oscar precede tristemente Jesse, rintracciando poi tanti altri casi) si nascondono “le levatrici”, che inoculano spettri tramite misteriosi morsi, neanche fossero vampiri. Non si capisce perché la prima strega praticamente si suicidi per delega, con le mani del posseduto Oscar…questa banda di streghe non sono meglio identificate se non attraverso la loro mission: occupare a piacimento le anime di primogeniti la cui madre è morta di parto non appena questi compiono 18 anni (6+6+6=18). Constatando a sorpresa che lo sceneggiatore sa contare, ci si stupisce contestualmente della sottile metafora insita nel conto perverso: entrare nell’età adulta ci consegna alla mercé del diavolo. Maledizione!
Come non bastasse, spunta la solita cantina segreta dedicata ai riti occulti, piena zeppa di chincaglieria più o meno satanista, simbolismo più o meno rancido scarabocchiato sui muri, immancabili pentacoli al cui centro troviamo numerose criptiche teste di vacca, velati cavallucci a dondolo e unicorni del male: il bestiario del film più che timore, incute perplessità. Come la nonna che si atteggia a esorcista e il santone cantante dei Bee Gees in grande spolvero, d’altronde.
L’irruzione della gang messicana nella villa del rituale finale è la parte più gustosa. A metà tra il videogioco survival e la guerriglia urbana, i nostri si fanno largo a forza di fucilate a pompa tra streghe assetate del loro sangue in un guacamole che sfiora lo splatter.
L’idea di far apparire l’opera come il diario quotidiano di un gruppo d’amici che ha speso 300 dollari per una videocamera d’accatto e non sa che farsene, oltre a non essere affatto originale, appare artificiosa, visti i goofs legati all’illuminazione delle scene notturne. “The Blair witch project” (sempre streghe) aveva aperto la breccia nell’identificazione iperrealistica dello spettatore mediante la tecnica del documentario dell’orrore, ma si parla di 15 anni fa esatti. “Paranormal activity”, da cui “Il segnato” è tratto, applicava lo stesso modus operandi, registrando anche allora un successo insperato che trasformò un low budget in un iniziatore di una saga, che da solo ha incassato circa 200 milioni di dollari. Ora però basta.