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Spoleto. Un Dittico di graffiante e surreale ironia
La scelta per la seconda produzione della 78a Stagione Lirica Sperimentale di Spoleto e dell’Umbria, è caduta su Procedura penale di Luciano Chailly e La smorfia di Bruno Bettinelli. L’articolo è riferito alla seconda rappresentazione andata in scena con successo venerdì 30 agosto al Teatro Caio Melisso.
La Smorfia di Bruno Bettinelli, su libretto di Riccardo Bacchelli, Colloquio con il tango, di Raffaello de Banfield, su libretto di Carlo Terron, e Procedura Penale di Luciano Chailly, su libretto di Dino Buzzati furono composte nel 1959 per la quinta edizione del Festival Internazionale del Teatro di Villa Olmo a Como. Ora a sessantacinque anni di distanza sono state riproposte due opere: Procedura penale di Chailly e La Smorfia di Bettinelli. Il delizioso Teatro Caio Melisso si è prestato benissimo alla messa in scena in quanto le due composizioni furono create per un teatro piccolo, quello di Villa Olmo, utilizzato dai Visconti di Modrone per le rappresentazioni private e poi divenuto di proprietà del comune.
La collaborazione tra Buzzati e Chailly fu lunga e basata su una solida stima e amicizia. Procedura penale, una caustica, ironica e surreale derisione dei salotti borghesi, si apre nel salotto della Contessa Mauritia Delormes, gli ospiti pian piano trasformano un incontro salottiero con scambi di pettegolezzi e banali discorsi in un surreale quanto ironico interrogatorio. Gli ospiti diventano implacabili accusatori della Contessa in uno stralunato processo per omicidio che giunge fino alla sentenza di condanna a morte, commutata poi per volere degli accusatori in qualcosa di più terribile: la condanna a Vivere. La conversazione poi riprende vuota e banale come se nulla fosse accaduto.
Colpisce all’ascolto la perfetta adesione della musica alle parole e alla situazione teatrale testimonianza dell’armonica intesa tra Buzzati e Chailly, che con il suo stile eclettico dipinge i personaggi e il tono del discorso con la variegata scelta dei timbri degli strumenti, l’acuto uso dei ritmi e l’attenzione alla vocalità mai uniforme ma espressiva.
Giorgia Costantino è stata una convincente Contessa Mauritia Delormes, ha fornito una disinvolta prova scenica, la sua voce cristallina si è ben impossessata delle note acute sopranili, che dipingono la vacuità dei suoi discorsi, e durante il processo ha mostrato una voce morbida ed espressiva. Donna Titti Stefanetti è stata Chiara Latini si ben calata nel personaggio sia scenicamente che vocalmente mostrando una voce chiara e limpida. Alberto Petricca ha impiegato la bella voce baritonale e la sua bravura attoriale nel ruolo di Giandomenico. Francesca Lione, ha una morbida voce scura, che ha usato abilmente per delineare Paola Isoscele, brava nel muoversi goffamente per evidenziare il personaggio, “grossissimo”, secondo le indicazioni di Buzzati. Paolo Mascari ha usato efficacemente la sua limpida voce tenorile nel delineare il Dottor Polcevera, bene vocalmente e scenicamente anche i due soprani che hanno interpretato le due gemelle: Chiara Guerra e Viktoriia Balan.
Giorgio Bongiovanni con un lavoro proficuo e attento ha indicato una recitazione innaturale e grottesca, che rapidamente dalla noia passa alla forsennata aggressione. Alle intenzioni del regista i giovani artisti hanno aderito in modo convincente. Andrea Stanisci ha concorso alla riuscita dello spettacolo con una scena essenziale e un’indovinata attrezzeria che ha potenziato la resa grottesca dello svolgimento dell’azione. Altrettanto riusciti i costumi di Clelia De Angelis nel dipingere i personaggi e le luci Eva Bruno aderenti alla visione del regista.
Diversa fu la genesi per La Smorfia, prima commedia poi libretto d’opera come atto buffo in due quadri. Silvia Bianchera Bettinelli, moglie di Bettinelli, ci ha raccontato che Bettinelli aveva un po’ di soggezione verso Bacchelli. Quando si era recato dall’illustre scrittore, che gli aveva proposto La Smorfia, una commedia che aveva scritto, gli aveva detto:” È breve dura un’ora”. Bettinelli superando la soggezione aveva obiettato:” Ma in musica durerebbe quattro ore!”. Senza scomporsi Bacchelli aveva risposto:” Non c’è problema faccia lei, tagli, modifichi, aggiusti.” Una prova di stima e di fiducia che si rivelò ben riposta. Il libretto de La Smorfia scorre rapido e scorrevole pervaso da una ironia divertita e bonaria.
La trama evoca le opere buffe settecentesche, Astronio Tridapali, farmacista suo malgrado, crede nella cabala dei sogni, la Smorfia, pratica che lo ha coperto di debiti, e, come nella Commedia dell’arte, ostacola l’amore tra la nipote Vanda e il suo capace assistente, Adone, che viene irriso costantemente da Astronio. Capitano in farmacia tre avventori, uno dei quali, suo amico, gli racconta un sogno fatto di recente, da cui Astronio ricava i numeri ma, non avendo i soldi, li convince a prestarglieli e a giocare. Resta però vittima della cabala in quanto, invece di giocarli su tutte le ruote come stabilito, sceglie proprio le ruote in cui questi numeri non escono. I tre conoscenti reclamano i soldi e Astronio, prostrato, deve acconsentire alle nozze, cedere la farmacia ai giovani sposi, che si accollano i suoi debiti di gioco, e si accontenta di un misero vitalizio che, nonostante tutto, pensa di impegnare nel gioco sperando sempre in una vincita favolosa.
Bettinelli è molto abile nell’uso dei colori degli strumenti e dei ritmi per rimarcare i vari passaggi drammatici. Nella musica sono presenti echi delle composizioni di Stravinskij del periodo classico, sberleffi strumentali che ricordano quelli del Pulcinella, dialoghi vivaci sostenuti da ritmi incalzanti e un’atmosfera idilliaca nel duetto dei due innamorati. Anche nella vocalità ha usato le diverse voci in modo spiccatamente teatrale e senza richiedere eccessi ai limiti delle tessiture.
Giorgio Bongiovanni ha curato con abilità la recitazione, giocosa e vivace, evitando gli eccessi farseschi, sempre preziosa per la riuscita dello spettacolo la collaborazione di Andrea Stanisci per la scena, di Clelia De Angelis per i costumi e di Eva Bruno per le luci. Il baritono Andrea Ariano come Astronio Tridapali ha messo in mostra disinvoltura scenica e una vocalità appropriata al ruolo farsesco. Paolo Mascari nella parte di Adone Vigorelli è stato l’innamorato ostinato e antagonista delle follie di Astronio, ha una voce limpida tenorile che ha usato in modo adatto alle varie circostanze.
Marco Gazzini ha prestato la sua bronzea e prestante voce di basso per calarsi nel personaggio di Lucio Baiesi, disinvolto nel muoversi in scena, ha una voce che sa usare in tutte le sfumature richieste. Eleonora Benetti ha una voce sopranile chiara e morbida e si calata nella parte di Vanda Tridapali con una resa calzante del personaggio sia vocale che scenica. I due tenori Federico Vita come Franco Bizzi e Nicola Di Filippo come Luigi del Fante hanno ben figurato, duttili con le voci e con la resa scenica.
Il direttore Marco Angius ha guidato l’Ensemble Calamani del Teatro Lirico Sperimentale, la sua provata esperienza e sensibilità musicale ha consentito al pubblico di conoscere e apprezzare i diversi stili di Luciano Chailly e Bruno Bettinelli, autori validi e che per la loro originalità compositiva meritano di essere eseguiti. Al temine delle due opere il pubblico ha accolto con scroscianti applausi tutti gli interpreti. Non ci si può che augurare che questo Dittico venga riproposto come già accaduto per La porta divisoria di Carpi.