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Teatro Arvalia. La tenera leggerezza di Eduardo
È andato in scena dal 21 al 24 marzo al Teatro Arvalia di Roma, lo spettacolo Eduardo, da un'idea di Gino Auriuso, da lui stesso diretto e interpretato insieme a Irma Ciaramella, Eduardo Ricciardelli, Maria Teresa Pascale e Manuel Fiorentini. Non un semplice collage, bensì una rilettura in chiave moderna dell'universo eduardiano attraverso la fusione di frammenti di alcune delle sue opere più celebri (Uomini e galantuomini, Questi fantasmi, Filumena Marturano, ecc.) con un linguaggio e una messa in scena rarefatta e minimalista, figlia del teatro contemporaneo.
In un silenzio quasi metafisico, gli attori evocano con gesti rituali l'immenso immaginario di Eduardo De Filippo e della sua città, con la sua contraddittoria quotidianità intrisa di sapori, di odori e di poesia. La recitazione si mescola alla parola, la parola alla musica dal vivo: tutto questo è teatro, e anche di più, sembra dire l'incipit metateatrale di Manuel Fiorentini. E del “teatro della vita” Eduardo era il maestro, sempre pronto a fondere dramma e ironia per smascherare l'assurdo dietro il reale, e il reale dietro l'assurdo.
Dalle prove sconclusionate di Uomini e galantuomini, gli attori traggono spunto fin da subito per scrostare da una tipicità ormai immobile l'eredità di Eduardo, calandola nel palcoscenico dell'oggi senza mai tradirne la profonda leggerezza.
Anche quando “arrivano” il Pasquale Lojacono e il portiere Raffaele di Questi fantasmi, l'atmosfera, pur facendosi tesa, non cessa di essere venata di quel misto di tenerezza e ironia con cui Eduardo guardava i suoi personaggi e gli uomini. Come dal balcone del professor Santanna, la commedia eduardiana getta sguardi profondi e divertiti sulle piccole e grandi tragedie dell'essere umano, sulle sue paure, sulle sue ipocrisie, sulle sue speranze, senza che l'autore si eriga mai a giudice ma semmai partecipandone lui stesso in prima persona.
Improvvisamente però, i gesti plateali lasciano spazio alla fermezza dei corpi nel dialogo di Filumeno Marturano, in cui Domenico e Filumena si fronteggiano ad armi pari, quelle della parola, sul loro destino e quello dei loro figli, avvolti in una luce delicata che li riempie di dignità e in mezzo al buio del palcoscenico e della vita.
Eduardo era anche questo, e molto altro ancora. E quando i quattro attori escono dai personaggi per sedersi di nuovo di fronte al pubblico, come spettatori loro stessi, e risuona la voce registrata del grande drammaturgo napoletano, si ha l'impressione che egli si aggiri ancora fra le pareti del Teatro, come uno dei suoi fantasmi e sempre con il suo sorriso immenso. Ed è la grazia e la modernità di questo spettacolo a rendere possibile questa magia.