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Teatro dell'Opera di Roma. Arcobaleno pop e multietnico per la Carmen a Caracalla
L'Orchestra di Piazza Vittorio il 24 giugno scorso ci ha trasportato in una nuova dimensione. Tra fumi, sonorità etniche e luci stroboscopiche, decolla l'astronave Carmen, con a bordo gli spettatori delle Terme di Caracalla per la stagione estiva Roma Opera Aperta del Teatro dell'Opera di Roma. La variopinta orchestra diretta da Leandro Piccioni, co-arrangiatore assieme al regista Mario Tronco, ha un organico originale: si aggiungono band elettrica, pianoforte e percussioni di ogni nazionalità. Un melting pot di rara varietà che per esuberanza di mezzi supera i confini dello stile.
Spiaggia o campo nomade? Lo scenario del pianeta Pop-Carmen è composto da panni stesi, ombrelloni e pezzi di oggetti vari tra cui spiccano lo sportello giallo di una macchina ed un perplesso faccione cartonato che purtroppo non dà segni di vita.
Al centro della scena un ponteggio funge da postazione sopraelevata del coro, personaggio che ha doppia funzione di narratore e voce della coscienza, sempre presente ed illuminato a seconda delle esigenze narrative.
I personaggi sono caratterizzati drammaturgicamente da costumi e stili di canto diversi: Carmen, passionale, è l'unica voce lirica ed è vestita da danzatrice del ventre come le sue amiche sigaraie; Micaela, angelica, indossa un abito bianco e canta con una delicatissima voce alla Carla Bruni di “Quelqu'un m'a dit”. Entrambe le donne cantano in francese mentre Don Josè è un indiano del Rajasthan che canta nella sua lingua col tipico andamento melismatico quartitonale. A risolvere ogni problema di traduzione, due accecanti maxischermi posti agli estremi del palco per i sopratitoli.
La Carmen è un opéra-comique e nella sua forma prevede dialoghi parlati che in questa versione escono da una radio, e qui Tronco dichiara il suo amore verso i Pink Floyd rievocando il giro di radio dell'immortale Wish you were here. Altro riferimento ai pilastri del rock progressive: l'uso di vocalizzi femminili su base strumentale alla The great gig in the sky. L'idea della radio funziona ed è intelligentemente sfruttata per alcuni cambi scena, inoltre questo elemento è reiterato e crea un fil rouge che percorre tutto lo spettacolo.
Al centro dell'opera, un drum and bass da Alpheus fa tremare (e sorridere) le Thermae Caracallae. Carmen si esibisce in una provocante danza del ventre, cantando con voce lirica su un pezzo di musica disco. Moralismi esclusi, se questo momento fosse stato portato al limite, oppure riproposto, sfruttato come leitmotiv, allora sarebbe stato costruttivamente divertente perché retto da un valore drammatico efficace. Una sola breve comparsa all'interno dell'opera, provoca un effetto shock drammaturgicamente povero e fine a sé stesso. Un tentativo di rivoluzione dell'opera? No, semplicemente come direbbe Jessica in Viaggi di nozze: “O famo strano” ?!
Da sottolineare le performances vocali impeccabili: una straordinaria incandescente Cristina Zavalloni, Elsa Birgé nella parte della soave innamorata; Sanjay Khan e Houcine Ataa nei ruoli maschili, entrambi appassionati e in piena forma. Questi cantanti hanno saputo incastrarsi, dialogare e trasmettere unità all'opera nonostante la diversità di stili, di lingue e di nazionalità.
Questa versione della Carmen è un arcobaleno di generi musicali: dalla danza indiana al lied romantico pianoforte e voce, passando per via di Monte Testaccio il sabato sera. Sono interessanti le sonorità ottenute tramite l'impasto orchestrale ed elettrico, l'accostamento di percussioni etniche ai sintetizzatori, tuttavia alcuni passaggi sono ripetitivi e statici soprattutto nei cambi scena.
C'è tutto in questo esperimento, forse troppo, perfino un passaggio a cappella in stile Swingle Singers, una schitarrata romana e un finale blues per gli applausi, cantato da Micaela in inglese.
La revisione musicale Tronco-Piccioni è tesa a sfrondare la partitura dal contrappunto per lasciar emergere ritmi e melodie portanti, giocando con i timbri come colori, per disegnare una Carmen multietnica ma dai tratti essenziali, ambientata in una terra di mezzo, in cui i personaggi parlano lingue diverse e tutti i generi musicali convivono pacificamente. Un sogno cosmopolita fuori dal tempo e dallo spazio.
Resta l'immagine di gruppo di viaggiatori provenienti dai lati opposti del mondo che si trovano sul palcoscenico delle Terme per raccontare la storia d'amore della calda sigaraia. “Sulla piazza ognuno passa, ognuno viene, ognuno va. Che buffa quella gente! Gente buffa! Gente buffa!” Una Carmen simpaticissima ma minestronata.