Supporta Gothic Network
Teatro dell'Opera di Roma. Lulu, il cerchio di Eros
Per la prima volta all'Opera di Roma la Lulu di Alban Berg per intero con il terzo atto completato da Friedrich Cerha nel 1979 – la volta precedente, nel 1968, andarono in scena solo i due primi atti - e con una regia ed un allestimento eccezionali, a cura di William Kentridge. Sul podio Alejo Pérez, un ottimo direttore che conosciamo molto bene per aver diretto un eccellente Il Naso di Šostakovič nel 2013. Il nuovo allestimento in coproduzione con Metropolitan Opera di New York, English National Opera e De Nationale Opera di Amsterdam sarà al Costanzi fino al 30 maggio uno spettacolo che segna ulteriormente l'avvicinamento dell'Opera a contenuti anticonvenzionali e di sicuro appeal per una platea colta e giovane, ad approfondire quel “proibito”, ossia la natura dell'Erotismo, appena fuoriuscito con Lulu dal Vaso di Pandora di Wedekind.
Lo spettacolo comincia in un circo dove Lulu è il Serpente che irretisce gli uomini come gli animali, riconducendoli al loro istinto primordiale: Eros, l'eterno dilemma dei benpensanti, di un Jekyll che muta in Hyde e non riesce a tornare il blasonato dottore riconosciuto da tutti. Eros è Lulu, quella forza della Natura, l'Erdgeist (Lo spirito della Terra) della prima parte del dramma di Wedekind, più volte censurato dalla fine dell'Ottocento fino al 1904 e che continuava ad essere censurato e non rappresentato sulle scene, finché la sera del 29 maggio 1905 fu presentato ad una ristretta cerchia di invitati, tra i quali Alban Berg (allora ventenne) al piccolo Teatro Trianon. Nelle parti principali Tilly Newes (moglie di Wedekind) come Lulu, Wedekind stesso come Jack lo Squartatore e Karl Kraus il Principe Negro. Berg, dopo il Wozzeck tratto da Büchner, sebbene scioccato letteralmente dal dramma, lo iniziò a comporre solo nel 1928 (terminandolo nel 1935) poiché coinvolto lui stesso nelle trame di una Lulu che non era sua moglie, bensì Hanna Fuchs e la prima rappresentazione si ebbe postuma – in due atti – solo il 2 giugno 1937 al Teatro Staddtheater di Zurigo, fino alla ricomposizione- riorchestrazione da parte di Friedrich Cerha su grande sostegno di Pierre Boulez, Adorno e molti altri, che avvenne solo nel 1979.
Mignon, Eva, Lulu, sono per gli uomini la stessa potenza della natura che li attira e li annienta allo stesso tempo perché gli sfugge: nessuno riesce a possederla e questo è il motivo dei tanti cadaveri sulla scena, dal Doktor Schön, che l'ha raccolta dal circo e l'ha fatta sposare ad un primario per convenienza e controllo – la teneva come sua amante, ma non in casa, quindi rispettando l'ipocrisia borghese – e che però vuole costringerla al suicidio dopo che si rende conto di non riuscire a “governarla” sebbene la sposi; al Primario che muore per colpo apoplettico anche lui scoprendo come il Pittore (che si suicida) che lo tradisce; Alwa, il compositore figlio di Schön – chiaro autoritratto di Berg - , che la ama anche assassina e malata, che però non sembra avere un rapporto “concreto” con lei e finisce per farsi mantenere da lei prostituta dopo il tracollo finanziario. Il supposto (?) padre violentatore e primo traviatore Schigolch, che la sfrutta e la va a trovare solo per chiederle soldi, così come il Principe Negro ed il Marchese.
Una girandola di uomini di cui Lulu non può assolutamente fidarsi, tutti sotto il gioco dell'attrazione ancestrale, nessuno però che gioca fino in fondo con Eros rischiando la propria natura (borghese, prima di tutto). Lo status quo è più importante dell'amore e di quella sessualità profonda che ci tiene avvinti alla nostra animalità, e che invece potrebbe salvarci dai luoghi comuni dell'ipocrisia. La sessualità è un gorgo oscuro, impossibile da delinmitare con dei gioghi e delle regole, a qualsiasi età: è il nucleo fondante e vivo dell'umanità che terrorizza gli uomini cresciuti nella civiltà: rimando a Totem e tabù di Freud, quell'esperienza ancestrale che si connota solo tramite l'esperimento, l'azione, di nietzscheana memoria: “Dai sensi proviene innanzitutto ogni cosa degna di fede” (Aldilà del bene e del male).
Lulu non può quindi che finire in un inferno di degradazione perché, seguendo il filo stesso di Wedekind, che Berg rispetta con estrema coerenza in ogni punto dello spartito, costruendo un continuum lunghissimo di dialoghi, riflesso stesso della musica motivica come essa è di loro, l'uomo distrugge ciò che non riesce a controllare o possedere e le scene oblunghe, sghembe di Sabine Theunissen, come quelle dei film espressionisti dell'epoca di Pabst, che nel 1929 diede vita all'eponimo cinematografico di Lulu con la Louise Brooks de Il Vaso di Pandora, sono lì a ricordare che tutto si sovrappone in ogni sua linea e la simmetria, musicale quanto narrativa, è uno specchio duplicante e deformante di sé stessa.
Le molteplici maschere inventate da Kentridge, indossate dai personaggi, i manichini, i doppi di Lulu (sopra) – Berg/Alwa (sotto) – magnificamente geometrica sul pianoforte, l'attrice Joanna Dudley - insieme a quelli di un fantomatico uomo-cameriere vestito col frac (Andrea Fabi), corrispondono ai tratti drammatici “dipinti dal vero” - che si materializzano con le proiezioni a cura di Catherine Meyburgh e Kim Gunning – in nero, in una sorta di nigredo artistica tra neodada e Art Déco.
In questo flusso, che fa infine corrispondere Jack lo Squartatore al Doktor Schön – come altri personaggi ancora, replicati dallo scambio dei vestiti o dai medesimi interpreti – l'urlo di Lulu degradata a prostituta in una Londra coeva alla composizione di Berg, è stata interpretata magistralmente – anche nella parte attoriale - dal soprano svedese Agneta Eichenholz, ben corroborata da Martin Gantner nella doppia parte di Schön e Jack lo Squartatore; suo figlio Alwa da Charles Workman; il poderoso Schigolch di Willard White; la tremebonda amante Contessa Geschwitz di Jennifer Larmore.
Grande direzione puntuale e attentissima ai dettagli di Perez, perfettamente affiatato con l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma: fortissimi applausi e successo da parte di un pubblico ampiamente variegato per età, a segnalare che le iniziative di promozione ono ben congegnate e funzionano alacremente.