Supporta Gothic Network
Torre del Lago 57° Festival Puccini. Una Bohème simbolicamente suggestiva
Il 22 luglio La Bohème ha aperto la stagione lirica 2011 al festival di Torre del Lago con un nuovo allestimento in coproduzione con la Hong Kong Opera House, per la regia di Maurizio di Mattia. La recensione si riferisce alla replica del 30 luglio, mentre le altre sono previste il 12, il 20 e il 27 agosto.
Il libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa si ispira al romanzo francese Scène de la vie de Bohème di Henri Murger. Nella stesura finale l’opera sarà in quattro atti e quattro quadri. La prima rappresentazione avvenne al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1896, con la direzione di Arturo Toscanini.
Di effetto è la scenografia di Maurizio Varamo. Sotto la struttura metallica di un'imponente Tour Eiffel ed un gioco sapiente di luci, dirette dal grande maestro Valerio Alfieri, si svolge tutta la vicenda. Varamo dal 1980 è al Teatro dell’Opera di Roma e dal 1997 dirige il laboratorio di Scenografia. La sintonia con il regista Maurizio di Mattia, anche lui cresciuto all’interno del Teatro dell’Opera di Roma e fortemente affascinato dalla terra di Torre del Lago, che definisce “un punto sentimentale fortissimo”, ha prodotto una Parigi simbolica e suggestiva.
Infatti, il fondale, la città sotto la morsa del freddo e fumante in mille comignoli, mostra una Parigi sofferente, che vuole farsi metafora dell’esistenza, del forte desiderio dell’umanità di immergersi nella vita contro un destino opprimente ed ineluttabile. Mimì diventa l’eroina sognante di un mondo nuovo, in cui lo spettatore ritrova i suoi desideri, la sua voglia di amare, ansioso di uscire anche per un attimo da una quotidianità priva di sogni. Ecco la capacità evocativa che esprime l’Opera attraverso il gesto ed il canto e di cui è profondamente convinto il regista. In conclusione, questo nuovo allestimento non fa rimpiangere l’esperienza precedente Scolpire l’opera, che non sempre è andata di pari passo con la fama dello scultore chiamato a costruire le scene.
Il Primo atto si apre con un dialogo tra Marcello, il baritono Luca Salsi e Rodolfo, il tenore Aquiles Machado, che mette in evidenza l’antico conflitto tra arte e realtà. Rodolfo guarda dall’alto della soffitta Parigi e impreca contro il suo caminetto non funzionante, perché né la poesia, né la pittura potranno mai accenderlo. Ecco comparire all’improvviso cibo, legna, sigari: il musicista Schaunard è riuscito a trovare un po' di soldi.
È la vigilia di Natale e tutti hanno una gran voglia di festeggiare. L’arrivo del padrone di casa, Benoît, che reclama i soldi dell’affitto, non distoglie Schaunard, Colline e Marcello dall’andare fuori a festeggiare. Rodolfo resta in casa, perché deve terminare un lavoro. Bussano alla porta: è Mimì la dirimpettaia, che non sa accendere il lume che si è spento e che per un malore sviene. Rodolfo si preoccupa e, mentre le offre un po’ di vino, inizia a corteggiarla (“Che gelida manina”), raccontandole la sua storia. Mimì, a sua volta, gli rivela di essere ricamatrice e povera (“Sì, mi chiamano Mimì”): insomma si innamorano e decidono di andare al Quartiere Latino per partecipare ai festeggiamenti.
I personaggi principali sono già tutti in scena. La voce di Luca Salsi (Marcello) si distingue per la potenza e per il timbro chiaro; quella di Aquiles Machado (Rodolfo), dall'innata musicalità, non delude le aspettative del pubblico quando canta “Che gelida manina”, ma non sempre sale ai vertici nei momenti di grande tensione, effetto a cui contribuisce l’acustica del teatro. Sia Roberto Accurso (Schaunard), che Alessandro Guerzoni (Colline) e Federico Longhi (Benoît) si mostrano tutti interpreti all’altezza del loro ruolo. Presta la voce a Mimì Donata D’Annunzio Lombardi, che, contrariamente a quanto è stato scritto, non debutta nel ruolo, avendolo già sostenuto al Teatro Petruzzelli e a Catania: così la cantante ha tenuto a precisare durante la presentazione del programma del Festival. Padrona del ruolo nel movimento e nel gesto, non sempre ha emozionato la sua particolare vocalità, pur raggiungendo la massima estensione nei momenti più drammatici.
Nel Secondo atto viene introdotto l’altro importante personaggio, Musetta. Anna Maria Dell’Oste la presenta in maniera divertente, esibendo una forte presenza scenica e l’abilità di giocare con la voce. Musetta ha litigato con Marcello: siamo in presenza dell’altra coppia di La Bohème. Per suscitare la sua rabbia, danza con l’attuale cavalier servente e si comporta come una diva. Divertente quando lamenta un bruciore e al “dove?” degli astanti risponde, dopo una sapiente pausa, “al piè”, mostrando il piede con civetteria. I suoi costumi (la costumista è Anna Biagiotti) appaiono notevoli nella moda del primo Novecento e nelle stoffe. In questo atto dà movimento alla rappresentazione la soluzione del regista di portare in scena coro, comparse e i bambini del Coro delle Voci Bianche e nel fare arrivare la banda da fuori palco.
Il Terzo atto si apre con la neve che cade sulla città, che fa presagire il triste evento. L’arte sembra sconfitta dalla realtà: Marcello dipinge l’insegna di un cabaret. Annunciata da colpi di tosse, arriva Mimì, che confida a Marcello il suo litigio con Rodolfo. Quando questi sopraggiunge, la ragazza si nasconde. Dal dialogo tra i due viene a conoscenza della gravità della sua malattia e, rivelando la sua presenza, decide di lasciare il giovane.
Nel Quarto atto Musetta, entrando nella soffitta dove vivono Marcello e Rodolfo, annuncia l’arrivo di Mimì, che la segue e sta male. Tutti si accorgono della tragica situazione, tranne Rodolfo, che non vuole cedere al destino e canta con strazio e passione. Appena l’opera si conclude con la morte di Mimì, il pubblico, tra cui sono presenti molti giovani, comunica la sua piena soddisfazione con un caloroso applauso. L’Orchestra del Festival Puccini è stata diretta dal maestro Alberto Veronesi in modo puntuale e con volumi adeguati.