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Trieste. Orfeo ed Euridice in chiave rock
Lo scorso aprile la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste ha presentato il nuovo allestimento di Orfeo ed Euridice di Christoph Willibard Gluck, nella versione di Vienna del 1762. La produzione ha dato all’opera una mise en scène che, pur virando decisamente verso l'astratto, attraverso la creazione di un ambiente minimale le cui pareti cambiano colore a seconda dello stato emotivo del momento, è rimasta coerente con la visione romantica e onirica, riaffermando visivamente l'atemporalità della storia.
Nel ruolo di Orfeo, il contralto Daniela Barcellona, originario di Trieste, ha mostrato un accattivante equilibrio tra coraggio e vulnerabilità. La sua iterazione del mitico eroe, vestito di un abito total black e legato a un’onnipresente chitarra elettrica, sembra fondere una patina dura all’assoluta sensibilità di questo intrepido personaggio.
La sua aria nel primo atto, "Chiamo il mio ben", scorre con languore, passando dolcemente al sentimento più addolorato. Di fronte alle furie del secondo atto, Orfeo è apparso tutt'altro che impotente, nonostante la natura supplichevole delle sue battute quando cerca di smuovere i loro cuori. Pur non apparendo fino alla seconda scena del secondo atto, il soprano Ruth Iniesta ha subitaneamente rivestito i panni di Euridice. Le sue reazioni agli eventi circostanti inizialmente incantate hanno lasciato immediatamente posto al desiderio, implorando lo sguardo di Orfeo con grande affetto. Il loro duetto, "Vieni, appaga il tuo consorte", è pieno di bellezza sonora e conflittuale mentre traspare visibilmente il desiderio l'uno per l'altra. Dopo aver finalmente portato Orfeo all’estremo in cui la guarda, l'Euridice di Iniesta viene riportata nell'Ade dai membri dell'ensemble.
Nei panni di Amore, il soprano ucraino Olga Dyadiv ha conferito un tocco stravagante al personaggio, insieme a una buona dose di umorismo. Scendendo per rispondere al richiamo del cuore spezzato di Orfeo, la sua silhouette si è a poco a poco rivelata grazie al luccichio di sfavillanti paillettes argento. La sua leggiadria traspare soprattutto nel modo in cui posa casualmente un braccio su Orfeo, mentre spiega le condizioni per il ritorno di Euridice e viene accentuata dalla leggerezza e l’innocenza di un palloncino ad elio a forma di cuore. La sua aria, "Gli sguardi trattieni", ha rivelato un soprano chiaro e caldo come ci si potrebbe aspettare da una personificazione di Amore. Il comportamento allegro è tornato quando è poi apparso davanti al suicida Orfeo.
I passi di danza dei ballerini Alexandru Ioan Barbu e Georgeta Capraroiu, coreografati da Lukas Zuschlag, hanno di fatto ravvivato alquanto il palcoscenico dal set minimal. Coreografie che ci hanno ricordato molto la nostra adorata Pina Bausch, ma che a volte hanno forse sacrificato la resa drammatica in nome del virtuosismo. Nella prima scena del secondo atto, le anime apparentemente perdute barcollano in una fila scomposta. Con il loro portamento come unica indicazione del loro stato, i vestiti moderni evocano la sensazione che Ade si trovi all'interno di un negozio H&M. Mentre le furie non attuano alcun visibile sforzo per fermare effettivamente Orfeo, il loro aspro accenno accusatorio nei confronti dell'eroe si concentra unicamente nell’azione di fissarlo intensamente.
Attraverso i 90 minuti di dramma musicale quasi ininterrotto, il giovane direttore Enrico Pagano e l'orchestra hanno raccontato in modo vivace e coeso l'opera mitologica di Gluck. Mentre solo un cast di tre personaggi, Barcellona, Iniesta e Dyadiv, hanno apportato un'abbondanza di personalità con le loro parti, guidando gran parte del dramma. Questa interpretazione moderna di un racconto senza tempo ha creato una potente concentrazione di “Opera”.