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Vittorio Sereni. Mani intrecciate ad un esile realtà
Dopo la pubblicazione delle traduzioni dell'intera opera poetica di Sylvia Plath – davvero inattesa – Mondadori ci sorprende con una nuova perla, uscita da qualche mese nella collana popolare degli Oscar. Con Poesie e prose, infatti, torna disponibile al vasto pubblico l'intera scrittura in versi di Vittorio Sereni, a trent'anni dalla morte, e buona parte della prosa narrativa e saggistica. Inoltre, il nutritissimo libro (più di mille e duecento pagine) raccoglie anche la scelta di traduzioni apparse con il titolo Il musicante di Saint Merry.
La poesia di Sereni copre un arco di tempo quarantennale. Nel 1941, appare il primo libro, Frontiera, a nostro parere, già rivelatore di quella cifra liminare che rende il poeta luinese impossibile da ascrivere ad una corrente letteraria. Semplificando, potremmo dire che Sereni sia in debito di paternità letteraria sia con Ungaretti che con Montale. Anche in seguito e fino all'ultima raccolta, Stella variabile, il suo “esile mito” rimane sospeso – quasi indeciso – tra una “poesia delle cose” alla presenza concreta delle quali – malgrado le dichiarazioni poetiche o no – pare credere appena e una “poesia dell'essere”, troppo astratta e impalpabile per una piena e convinta adesione.
La presenza della realtà è indubitabile, ecco, ma è una realtà sfilacciata, “esile” appunto. Un mito esile. È stato particolarmente intenso per noi ritrovare, così, molti testi che risultano tra gli indimenticabili del nostro Novecento letterario. Vale la pena, per il primo Sereni, ricordare dalla sua raccolta di esordio questo breve Le mani:
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
A questi versi del 1941, colleghiamo idealmente un testo del Sereni ”finale”, Ogni volta che quasi, dove, chi parla, tornando ai luoghi natii, sperimenta la compresenza dei vivi e dei morti in una impalpabile trafila che gli tende una mano, stravolta, “sbocciata da una parete d'argilla”, sottilissimo confine tra i due universi.
Poeta di forte impegno civile e di coinvolgente sotterranea energìa, sia pure appena visibile, Vittorio Sereni traduce magistralmente René Char e William Carlos Williams tra gli altri. Poeti animati pure da un equilibrio tra reale e ideale: tra i due fu proprio il secondo a coniare quello splendido motto sempre valido per la poesia, “no ideas but in things", che àncora indissolubilmente la parola poetica alle cose del mondo.
Alle poesie e alle traduzioni si aggiungono le prose. Molto intelligentemente, ritroviamo nella seconda sezione del “volume” mondadoriano, le pagine memoriali e diaristiche de Gli immediati dintorni e quelle più narrative de La traversata di Milano. Infine, una felicemente lunga “coda” di prose critiche dove rivive l'apprezzabile (e apprezzato) acume da lettore del poeta lombardo.