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XXXIX Festival della Valle D'Itria. Luisi dirige Wagner
Concerto dedicato al grande repertorio sinfonico sabato 27 luglio 2013 al Festival della Valle d'Itria. Dopo le escursioni nel melodramma barocco ed ottocentesco e nella musica del nostro tempo, si passa a un doveroso contributo alle celebrazioni del bicentenario wagneriano. Prestigioso e splendido contributo, con un programma dedicato ad alcune ouvertures (Rienzi, Olandese volante, Maestri cantori di Norimberga, Lohengrin) ed al primo atto della Valchiria.
Sul podio Fabio Luisi, un nome che non necessita di molte presentazioni per l'imponente curriculum e la fama meritatamente acquisita nel corso di una carriera tuttora in ascesa che lo ha visto protagonista nei più importanti teatri del mondo. Ricordiamo che attualmente ricopre la carica di direttore principale al Metropolitan Opera House di New York.
Programma come detto interamente wagneriano, con una sezione solo strumentale ed una con la partecipazione di Ausryne Stundyte (Sieglinde), Ian Storey (Siegmund) e Gianluca Buratto (Hunding) nel primo atto della Valchiria.
La parte sinfonica è stata dedicata ad alcune ouvertures, ed è subito emersa la grande esperienza e familiarità di Luisi con questo repertorio. Si tratta di un repertorio impegnativo e che merita alcune riflessioni. La prima è la difficoltà a gestire un impianto strumentale e timbrico così smisurato come quello wagneriano, nel quale ogni particolare della scrittura ha un significato ed una valenza ben precisa. Il rischio in questi casi è che l'elefantiasi dell'orchestra (due arpe, sei contrabbassi, quattro tube wagneriane e quattro corni, solo per citare alcune sezioni) produca solo un effetto di grande massa strumentale di notevole impatto sonoro senza però andare oltre. Luisi ha ovviamente evitato con grande maestria questo rischio, utilizzando l'Orchestra Internazionale d'Italia come un'imponente tavolozza di colori con i quali ha dipinto un affresco musicale ricco di dettagli e sfumature, in perfetta adesione alla complessa visione estetica wagneriana.
Grazie al maestro Luisi, il pubblico del Ducale si è trovato immerso in un caleidoscopio di colori che ha stimolato sensazioni profonde. L'ouverture del Rienzi, con il celebre lungo la della tromba che anticipa il mormorio dei violoncelli sino all'esposizione del bellissimo tema della “preghiera del Tribuno” dell'atto V, ha immediatamente sintonizzato tutto il pubblico in una elettrizzante tensione collettiva nella consapevolezza di essere partecipi di un evento fuori dal comune.
L'Orchestra Internazionale d'Italia, assecondando il gesto sicuro, sobrio e signorile del direttore, è apparsa anche totalmente e fisicamente coinvolta nell'esecuzione: suggestiva la visione del movimento oscillante dei corpi della sezione degli archi, come le spighe di un campo di grano mosse dal vento, assecondando le dinamiche e l'andamento delle sinuose frasi wagneriane. Il tutto sorridendo, atteggiamento non sempre visibile in concerto...
L'inizio tempestoso dei corni dell'ouverture dell'Olandese volante ha ricondotto gli ascoltatori nel mondo più emotivamente complesso dell'estetica wagneriana, senza fare a meno però, come nel dialogo fra il corno inglese e l'oboe, di esaltare i sentimenti più dolci ed intimi.
Ascoltando queste ouvertures nasce spontanea la riflessione e la constatazione di come questo sia per molti il Wagner più piacevole nella sua più facile accessibilità grazie alla brevità della durata. In effetti letture come quella proposta da Luisi confermano questa sensazione. La straordinaria ed innovativa abilità nell'orchestrazione, la bellezza dei temi, il sapiente dosaggio nel creare tensioni che trovano solo nei finali lo sfogo dell'energia compressa, rendono questi brani momenti di musica assoluta della quale non si può più fare a meno se ascoltata almeno una volta.
Così come non si può fare a meno di desiderare di riascoltare l'ouverture del Lohengrin...Nell'atrio del Palazzo Ducale, sotto un cielo stellato, il celebre tema rarefatto e dolcissimo prima proposto con semplicità dagli archi e poi progressivamente arricchito armonicamente e timbricamente, ha colpito nel profondo il pubblico, attento e concentrato, quasi ipnotizzato dalla magia di questa musica straordinaria.
A conclusione della prima parte, l'ouverture dei Maestri Cantori di Norimberga ha solennemente e maestosamente segnato la parte conclusiva di un cammino in questo territorio del mondo wagneriano.
La seconda parte della serata con la partecipazione dei cantanti ha rappresentato la perfetta conclusione e sintesi di questo straordinario affresco wagneriano dipinto da Luisi.
Con l'esecuzione del primo atto della Valchiria la nota visione wagneriana di completa osmosi fra voce, testo e musica è stata trasmessa al pubblico con un'esecuzione appassionata e coinvolgente, nella quale Luisi si proponeva come un comandante sicuro ed esperto nel condurre con autorità e con grande classe un vascello (utilizziamo un'immagine wagneriana) fiducioso e docile ai comandi anche nelle sezioni più impegnative. Sicuramente all'altezza della situazione i solisti e le loro splendide voci: Ian Storey (Siegmund), già Tristan alla Scala con Barenboim ma anche alla Fenice di Venezia con Chung, l'affascinante Ausryne Stundyte (Sieglinde), ed ultimo ma non ultimo Gianluca Buratto (Hunding). In evidenza la poesia e bellezza del suono nell'esposizione del Leitmotiv presentato dal violoncello nell'esecuzione di Massimo Tannoia.
Fabio Luisi si è riproposto al Festival, dove grazie all'intelligenza ed intuizione di Rodolfo Celletti aveva iniziato la sua carriera, con uno straordinario concerto. Non si può che auspicare che non si tratti di un cerchio che si chiude e che non passino decenni prima di riascoltarlo. L'ideale sarebbe l'anno prossimo...