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XXXIX Festival della Valle D'Itria. Una prima contemporanea per L'ambizione delusa
Secondo appuntamento della XXXIX edizione del Festival della Valle d'Itria a Martina Franca. Dopo il successo in apertura del Festival del melodramma “fantastico gioioso” Crispino e la comare, un incursione nel barocco con la rappresentazione, domenica 14 luglio 2013, in prima esecuzione in tempi moderni, dell'Ambizione delusa di Leonardo Leo.
Luogo della rappresentazione il Chiostro di San Domenico, angolo intimo e tranquillo e spazio ideale per concerti da camera, forse poco spazioso per una rappresentazione del genere, nonostante l'utilizzo di un ensemble barocco di 20 musicisti, formato da elementi dell'Orchestra ICO della Magna Grecia di Taranto, con la concertazione e direzione di Antonio Greco.
Leonardo Leo (1694/1744), pugliese di nascita, è un punto di riferimento della cosiddetta scuola napoletana, che tanto ha dato al melodramma europeo del XVIII secolo. La trama dell'opera segue i tradizionali canoni dell'epoca costruendo intorno alle ambizioni di riscatto sociale di personaggi di umile estrazione una serie di situazioni ed intrecci che tanto erano amati dal pubblico e che Leo contribuisce a rendere ancora più piacevoli grazie al suo stile inconfondibile ed alla sua raffinata scrittura.
La tipologia dell'ambiente utilizzato poteva creare oggettivi problemi di creazione di uno spazio scenico idoneo che consentisse un'articolazione dei movimenti dei protagonisti. Come sempre avviene in occasione di allestimenti di opere barocche ai nostri giorni, le strade da percorrere sono due: l'adesione al periodo storico, e quindi l'utilizzo di scene e costumi settecenteschi, oppure scegliere approcci visivi ed ambientazioni storiche diverse.
Senza entrare nel merito dell'eterna diatriba su quale delle due scelte sia preferibile, è fuor di dubbio che non aderire a canoni settecenteschi è sempre rischioso sia per l'apprezzamento del pubblico che per la giusta evidenza che deve avere la parte musicale. In questa occasione le scene di Sergio Mariotti hanno rappresentato un ottimo compromesso. Essenziali, anche per i motivi di spazio sopra citati, con un riuscito gioco di specchi e di aperture celate o visibili, hanno permesso alla regia di Caterina Panti Liberovici di organizzare le presenze dei cantanti sulla scena con efficace varietà, così come i costumi di Caterina Botticelli (da segnalare anche il contributo di Cristina Aceti per i bellissimi costumi delle “colombe”) nella loro semplicità sono stati determinanti nella caratterizzazione dei personaggi.
Questa rappresentazione, come già ricordato la prima in tempi moderni, nasce da un progetto dell'Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” ed ha quindi rappresentato un impegnativo momento di verifica per i giovani interpreti in essa formati.
Nell'Ambizione delusa, rispettando la tradizione in questo genere di melodramma, hanno possibilità di maggior risalto le voci femminili, alle quali sono attribuite anche parti di personaggi maschili, secondo un criterio che precludeva all'epoca la presenza di castrati in ruoli comici.
Senza dubbio in risalto in scena Federica Carnevale (Silvio, en travesti) che ha evidenziato, verso la conclusione del secondo atto nell'aria d'azione “Dolente dubbioso riposo non trovo”, la duttilità e bellezza della sua voce, così come Michela Antenucci (Cintia) nell'aria “Fra gli orrori di ombrosa foresta”. Bene anche Filomena Diodati (Delfina) misuratamente altezzosa e smaliziata al tempo stesso.
Giampiero Cicino (Ciaccone) ha efficacemente riproposto con dosata caratterizzazione il tipico personaggio volutamente comico e quasi grottesco nell'utilizzo di parole dialettali che tanto piaceva al pubblico settecentesco e che anche in questa occasione ha strappato sorrisi e risate al pubblico del XXI secolo.
In conclusione, ovviamente non per minor importanza, le considerazioni sulla parte musicale. La scrittura ed il gusto armonico di Leonardo Leo sono inconfondibili e di gran classe, molto al di sopra degli standards dei compositori “di mestiere” del suo tempo. L'ensemble strumentale, formato da elementi dell'Orchestra della Magna Grecia sotto la direzione di Antonio Greco, esperto e preparato frequentatore di questo repertorio, ha seguito le indicazioni del direttore con adeguata precisione e concentrazione e con ottimi risultati, non riuscendo però, forse per la non continua frequentazione con questo genere di repertorio, ad “osare” maggiormente per esaltare con dinamiche più accentuate o con un esecuzione più nervosa le caratteristiche della raffinata scrittura dell'autore.