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Zygmunt Bauman all'Auditorium. La modernità liquida e l'Europa
Giovedì 5 giugno 2014 nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma abbiamo assistito al confronto tra Zygmunt Bauman e Eric Jozsef, corrispondente italiano di Libération e direttore della rivista Eutopia. Ideas for Europe, di cui Bauman è uno dei padrini intellettuali (l’altro era Jacques Le Goff, il grande storico francese da poco scomparso).
Nato in Polonia nel 1925, Bauman fuggì nel 1939 con la famiglia in Russia a seguito dell'invasione tedesca e della conseguente persecuzione antisemita. Successivamente, diventato comunista, si arruolò in un corpo di volontari polacchi sotto l’egida dell’URSS, per combattere contro i nazisti.
Finalmente rientrato a Varsavia, cercò di realizzare il suo sogno di studiare fisica. Tuttavia, davanti alla distruzione della sua terra, Bauman decise poi di dedicarsi ai "buchi neri" del Paese e "al big bang della sua resurrezione", iniziando a studiare sociologia all'Università di Varsavia, dove insegnavano Stanislaw Ossowsky e Julian Hochfeld. Durante una permanenza alla London School of Economics, elaborò una dissertazione sul socialismo britannico che fu pubblicata nel 1959.
Nel marzo del 1968, il clima sempre più oppressivo in Polonia, unito ad alcune recrudescenze antisemite, spinse Bauman ad emigrare prima in Israele, dove insegnò all'Università di Tel Aviv, e successivamente in Gran Bretagna, dove assunse una cattedra di sociologia all'Università di Leeds.
Oggi continua a tenere corsi nelle Università di Leeds e di Varsavia, occupandosi soprattutto di temi come la cosiddetta “modernità liquida”, la postmodernità, il ruolo degli intellettuali nella società, e le trasformazioni della sfera politica e sociale indotte dalla globalizzazione.
Bauman e Jozsef hanno discusso soprattutto dell’esito delle recenti elezioni europee, focalizzando la discussione sulla storia dell’Europa e sul problema di come possa realmente pervenire a un’unità che non sia solo quella della valuta monetaria. Bauman ha usato le sue categorie, come quella di “modernità liquida” (per cui i legami sociali e quelli tra gli individui si sono “liquefatti” e tendono a dissiparsi e a diventare sempre più effimeri), inserendole nel più vasto contesto dell’analisi sociologica, servendosi di concetti come quello di potere, di controllo sociale e di esclusione.
Nel suo esordio, ha definito l’Europa come un’avventura, sottolineando i rischi connessi con quello che lui stesso ha definito il “sesto potere”, ossia quello della sorveglianza che subiamo fin nei più piccoli dettagli della vita quotidiana, unita al paradosso per cui siamo in qualche maniera vittime e complici di questo apparato “panottico” (per usare un’espressione cara a Bentham e Foucault), dato che siamo noi stessi che forniamo le nostre informazioni private all’apparato controllore e sovrintendente, sia attraverso i social network, sia servendoci della carta di credito, con tutti i relativi pagamenti tracciati. Ne consegue che i manipolati per certi versi collaborano volontariamente con i manipolatori, i quali interpretano e intercettano i desideri delle persone, che si incanalano appunto in una dimensione liquida e volatile.
Bauman, che ha vissuto sulla propria pelle i due totalitarismi europei, quello nazista e l'ondata antisemita del comunismo polacco, risponde in modo pacato e meditato alla domanda su come viva il ritorno dei partiti neofascisti.
Egli nega che sia possibile un riferimento in tutti i sensi agli eventi di un passato relativamente prossimo. Certo, per molti l'esito delle elezioni è stato uno shock: ormai l’Europa appare come una realtà unica e piuttosto che dire che stia andando verso destra sarebbe meglio sottolineare che i cittadini dei vari Stati europei con il voto hanno manifestato la frustrazione verso il precedente governo, come è accaduto in Ungheria e in Gran Bretagna, ma anche in Francia e Spagna.
La Grecia con Tsipras ha espresso tale disagio riversando i voti su una formazione di estrema sinistra. In realtà, moltissim europei protestano contro le istituzioni, perché sono convinti che il Parlamento di Strasburgo e Bruxelles non sia in grado di far nulla per migliorare le prospettive economiche e occupazionali.
Del resto, economisti come Joseph Stiglitz sostengonono che ciò che non va nella società è l'economia; un'efficace immagine a lui cara è quella per cui siamo in presenza di case vuote e, allo stesso tempo, di gente senza tetto.
È la disoccupazione che trasforma la gente, rendendola quasi un "rifiuto" dell'economia dello spreco, nel senso che molte persone vengono espulse da un libero mercato selvaggio, caratterizzato dalla concentrazione elitaria della ricchezza e del potere.
Le disuguaglianze crescono ma cambiano anche forma. Il problema è quello di coloro che detengono la ricchezza: si pensi, negli Stati Uniti, che un decimo dell'1% dei cittadini più ricchi dispongono di un reddito di oltre 200 volte superiore a quello medio.
Assistiamo oggi al crollo del reddito del ceto medio: il precariato è diventato una sorta di classe sociale, secondo la tesi del sociologo Guy Standing. La terra trema sotto i piedi: molti giovani si accorgono che i loro genitori possono aver trascorso gli ultimi 30 anni a lavorare per una stessa azienda, ma un'improvvisa OPA (offerta di pubblico acquisto) li rende improvvisamente disoccupati.
I versi di Dante Alighieri: "lasciate ogne speranza, voi ch’intrate" (Inferno, III, v. 9) possono ben compendiare come è oggi l’ingresso nel mercato del lavoro. La crisi di identità attanaglia molti cittadini europei, e ben si può riflettere in una vignetta del Guardian dove si vede gente manifestare con un cartello in cui si legge: “sono infelice”. Del resto, in Gran Bretagna per la prima volta ha vinto un partito antisistema ed euroscettico, lo UKIP (United Kingdom Independence Party) di Nigel Farage.
Per poter agire politicamente in modo efficace occorrono due fattori: il potere, come capacità di fare cose. E la politica, ossia la decisione di farle fare.
Per Bauman c'è stato il divorzio tra potere e politica, per cui si è verificata quella situazione chiamata, in pragmatica della comunicazione, “double bind”, il doppio condizionamento: il potere non sa prendere più decisioni apprezzate dagli elettori che pure gli hanno affidato il loro mandato.
C’è un comune denominatore tra i differenti stadi dell'infelicità che permea la società. Forse il disorientamento si fa sempre più strada, e gli stranieri e i “diversi” vengono percepiti come coloro che producono ansia. Occorre cercare soluzioni globali a problemi locali.
Si può concludere con l’affermazione per cui “Forse l’Europa è un utopia…Ma è un’utopia attiva” («Perhaps Europe is a utopia... But it is an active utopia»).