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Roma Festa dell'Unità. Heidegger. L'introduzione del nazismo nella filosofia
Sabato 14 luglio 2012, alle 21,30, nello spazio dibattiti della libreria presso la Festa dell’Unità romana alle Terme di Caracalla, verrà presentato il libro di Emmanuel Faye Heidegger. L’introduzione del nazismo nella filosofia, pubblicato dalle Edizioni L’Asino d’oro (Roma, 2012), a sette anni dall’uscita dell’edizione francese per i tipi di Albin Michel (Paris, 2005). Il libro sarà presentato dall’autore stesso (professore di filosofia all’università di Rouen), da Gianfranco De Simone, Giulio Pelonzi e Livia Profeti, che ne ha curato l’edizione italiana, con il coordinamento di Ilaria Bonaccorsi Gardini (della redazione di Left).
Il testo, che si occupa del filosofo di Meßkirch sotto tre punti di vista (quello privato, quello politico lato sensu e quello filosofico), si basa sui seminari universitari degli anni che vanno dal 1933 al 1935, tenuti a Friburgo in Brisgovia. La tesi di Faye, che per alcuni versi riprende opinioni analoghe di Victor Farias e Hugo Ott, suona alquanto radicale: Heidegger avrebbe rivendicato il ruolo di guida spirituale (geistiger Führer) del nazionalsocialismo, arrivando, in seguito, ad occultare questa verità e pervadendo la cultura del ‘900 di varie idee di stampo nazista, mascherate da teorie filosofiche.
Del resto, nonostante la sospensione dall’insegnamento (attenuata dopo il 1951), Heidegger, a partire dal 1953, iniziò a pubblicare i corsi e gli scritti degli anni ’30, in cui parla esplicitamente dell’«intima grandezza» del movimento nazionalsocialista, fino a reintegrare i passaggi in un primo tempo soppressi perché giudicati troppo compromettenti.
Nella prefazione all’edizione italiana, Faye approfondisce quelli che, secondo lui, sarebbero gli spunti razzisti di Heidegger, dedicando un paragrafo a quella che chiama l’«apologia dello sterminio nell'autunno del 1941», e indagando i prodromi del suo antisemitismo nelle lettere scritte sin dal 1916 alla futura moglie Elfride (tra cui il seguente: ««La giudaizzazione della nostra cultura e delle nostre università è in effetti spaventosa, e ritengo che la razza tedesca dovrebbe trovare sufficienti energie interiori per emergere»).
La curatrice, Lidia Profeti, si sofferma anche sulla carica semantica di termini come Zucht e Züchtung, (ammaestramento e allevamento), dove il concetto di educazione viene fuso con quello di selezione razziale, con un’ambiguità che il filosofo tedesco attribuisce già a Nietzsche.
Né vengono trascurati alcuni particolari relativi alla sua carriera universitaria e alla sua ascesa alla cattedra di Friburgo come successore di Edmund Husserl, il debito verso il quale sarà minimizzato e poi quasi disconosciuto, a causa delle origini ebraiche del fondatore della fenomenologia (benché nelle edizioni di Essere e tempo degli anni ’40 scompaia la dedica a Husserl, ma non la nota in cui Heidegger ammette l’ispirazione intellettuale che deve a quest’ultimo).
In conclusione, Faye ritiene l’opera di Heidegger «altrettanto distruttiva e pericolosa per il pensiero contemporaneo come lo fu il movimento nazista per l’esistenza fisica dei popoli da esso sterminati». Si tratta forse di un’affermazione iperbolica, ma che dà la misura della radicalità delle tesi sostenute dall’autore, ben più critico verso Heidegger di quanto lo siano stati, sul piano filosofico-politico, Theodor W. Adorno e Jürgen Habermas, e su quello storico-politico gli americani Richard Wolin e Tom Rockmore e l'italiano Domenico Losurdo. Infatti, Faye non esita a mettere in stretta relazione le tesi di Heidegger con quelle di Carl Schmitt e Alfred Bäumler, che con il regime nazista erano più strettamente coinvolti, fino ad equiparare le sue tesi a quelle di questi ultimi, con un’operazione che ha suscitato accese controversie, in Francia, in altri paesi europei e negli Stati Uniti.
Teo Orlando