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XXXIX Festival della Valle d'Itria tra Britten e Gesualdo da Venosa
Il XXXIX FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA, che si svolgerà a Martina Franca, dal 13 luglio al 1° agosto 2013 ed intitolato "Occhi miei che vedeste" - Visioni oltre il confine, appunta sul calendario musicale alcuni significativi anniversari, a partire da quelli dei due giganti operisti dell’Ottocento: Giuseppe Verdi e Richard Wagner, oltre a quelli di Benjamin Britten e Gesualdo da Venosa, tutti significativamente onorati da questa XXXIX edizione, come ben illustra il Direttore Artistico del Festival, Alberto Triola.
Il cartellone - suggellato da un motto che quest'anno è tratto dall'incipit di un celebre madrigale del barese Pomponio Nenna, coevo di Carlo Gesualdo - è al solito ricco e variegato, con cinque opere, tra cui un'opera per bambini appositamente commissionata, due preziose serate nel segno di Wagner e Verdi, una serie di concerti di musica sacra e cameristica, tra madrigali, Lieder e jazz, per un totale di ventisette appuntamenti. Alterna novità, rarità e popolari capolavori assoluti e si avvale quest’anno - oltre che della presenza di giovani di grande talento agli esordi della carriera - anche di direttori d’orchestra di prestigio e rilievo internazionale.
Il Festival della Valle d’Itria 2013 – che riserva due titoli d’opera su cinque al Belcanto italiano ottocentesco - vede il ritorno come opera inaugurale di un’opera buffa – anzi, di un melodramma fantastico giocoso.
La scelta è caduta su un lavoro che, dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai primi del Novecento, fu considerato uno dei massimi capolavori del genere, oggetto di rappresentazioni in tutti i teatri italiani dell’epoca: Crispino e la comare, dei fratelli napoletani Luigi e Federico Ricci.
L’opera può davvero essere considerata un classico dell’opera buffa di metà Ottocento, e Giuseppe Verdi stesso l’aveva nella massima considerazione. Lo spiritoso e gustosissimo libretto di Piave unisce, in una sorta di apologo, Molière a elementi fantastici fino ad allora del tutto insoliti nelle commedie in musica. Nel 1938, sull’onda della straordinaria popolarità del titolo, il regista Vincenzo Sorelli ne trasse un film. L'opera manca dalle scene da circa un trentennio, dall’ultima felice edizione prodotta dalla Fenice di Venezia, diretta da Peter Maag e messa in scena da Roberto De Simone, del 1986.
La messa in scena martinese prevede il debutto in Italia di Alessandro Talevi, trentasettenne regista sudafricano di origini italiane, che si è distinto in area anglosassone per spettacoli di grande successo, caratterizzati da una lucida, raffinata e ironica personalità, e si avvarrà delle scene della giovane britannica Ruth Sutcliffe e dei costumi di Manuel Pedretti.
Sul podio, per questa spumeggiante opera comica, un atteso debutto, quello di Jader Bignamini, tra i più interessanti direttori emergenti di scuola italiana, al suo esordio operistico al di fuori dell'alveo dell'Orchestra Verdi di Milano, realtà che lo ha accompagnato con lungimiranza dal ruolo di primo clarinetto a quello di direttore d'orchestra. Il Festival di Martina Franca, come tradizione, ne ha individuato il talento e gli ha offerto questo significativo debutto.
Tra gli interpreti, troviamo uno dei buffi di maggiore intelligenza scenica e incisività attoriale, Domenico Colaianni, affiancato dall'atteso ritorno sulle scene internazionali di Stefania Bonfadelli, gran primadonna del belcanto sopranile e dal giovane e lanciatissimo Edgardo Rocha, nato artisticamente proprio a Martina Franca con il Gianni di Parigi del 2010, mentre nel ruolo della Comare si potrà ammirare la vocalità contraltile di Romina Boscolo. Alessandro Spina, Mattia Olivieri e Carmine Monaco completano una locandina di brillantissimi cantanti attori, come si conviene a un'opera di irresistibile potenziale teatrale.
La seconda opera in cartellone è Maria di Venosa, gran partitura di Francesco d'Avalos, raffinato, colto e ispirato musicista, pochissimo valorizzato nel nostro Paese, eseguita una sola volta - in forma di concerto - a Londra, diretta dall'Autore, nel 1992. La proposta si configura come omaggio all'importante anniversario di Carlo Gesualdo di Venosa.
Più di vent'anni ci sono voluti per presentare questo ambizioso lavoro in Italia (che si avvale di una parziale riorchestrazione curata da Alberto Cara per Casa Musicale Sonzogno) e per vederlo rappresentato scenicamente, in una produzione che sintetizza linguaggi diversi, messi al servizio di una partitura per molti aspetti innovativa. Nelle parole del regista-coreografo Nikos Lagousakos, che ne cura la realizzazione scenica, l'opera di d'Avalos diviene:
"..una performance multimediale: video installazione, musica, canto, video art, danza, prendono corpo sgorgando da un possente nucleo centrale, metafora dell’anima e della coscienza... Con l'utilizzo di discipline diverse, essa mette in scena una ricerca visuale e corporea su patologie psicologiche come la melanconia, la depressione, la paura, la disperazione - persino i diversi volti della follia -, rispecchiando l’anima tormentata del protagonista, Carlo Gesualdo."
Lo spettacolo concentra ogni sua energia attorno ad un monolite, la scenografia di Justin Arienti, nucleo drammatico pulsante dal quale sgorgano le videoproiezioni di Matthias Schnabel.
D’Avalos ha scritto un’opera nella quale i personaggi principali non cantano le parole di un libretto, ma esprimono sentimenti ed emozioni quasi primordiali, la musica riconfermandosi protagonista assoluta del lavoro, trasformandosi nella fisicità stessa dei personaggi e rendendosi essa stessa interprete, personaggio. Questa visione ad un tempo astratta e fisicamente concreta, incontra la cifra stilistica di Lagousakos, completamente estranea ad un racconto didascalico, ad una rappresentazione che non sia simbolica e astratta, e al tempo stesso limpidamente concreta.
Sulla scena, tre danzatori - Gloria Dorliguzzo, Marco Rigamonti e Riccardo Calia - daranno corpo ai tre protagonisti del dramma originale, che rievoca i tragici fatti della vita di Gesualdo.
Il coro del Teatro Petruzzelli, due solisti, il gruppo di madrigalisti dell'Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti", preparati da Antonio Greco, completano il quadro dei performers, sostenuti dall'Orchestra Internazionale d'Italia e da un ensemble di strumenti antichi.
Alla guida della complessa operazione teatrale e musicale ci sarà il giovane israeliano Daniel Cohen, assistente e allievo di Daniel Barenboim, che torna a Martina Franca dopo il sensazionale concerto sinfonico di chiusura della scorsa edizione del Festival.
La terza opera in cartellone è Giovanna d’Arco, che rappresenta il contributo del Festival della Valle d’Itria al bicentenario verdiano. Nessun altro festival o teatro italiano ed europeo ha messo in programma la messa in scena di quest’opera nell’anno verdiano, fatta eccezione per il Festival di Salisburgo che ne propone una versione in forma di concerto.
Giovanna d’Arco è la settima opera di Verdi, accolta da un esito lusinghiero alla prima assoluta milanese del 1845 anche grazie alle solide vocalità belcantistiche di Erminia Frezzolini e Antonio Poggi. Nonostante il felice debutto milanese e il successo riscosso nei principali teatri italiani che l'ebbero in cartellone negli anni a seguire (la ‘scabrosità’ del soggetto indusse però la censura a vistosi cambiamenti, come nella versione ribattezzata Orietta di Lesbos), l’opera non resse il confronto con le opere della prima maturità, e negli Anni '50 dell'Ottocento iniziò ad essere accantonata. Nei giorni del debutto Verdi fieramente dichiarava: “La Giovanna d’Arco è la migliore delle mie opere senza eccezione e senza dubbio”; ma al di là di questa dichiarazione evidentemente polemica nei confronti dei suoi detrattori, il giovane operista era giustamente convinto dello straordinario valore drammatico-vocale del ruolo della protagonista - di gran lunga il migliore tra quelli delle opere "degli anni di galera". Non per niente lo raccomandò nel 1865 a Teresa Stolz, che fu poi in effetti una splendida Giovanna alla Scala; anche nel corso delle sparute riprese novecentesche il ruolo ha sempre attratto primedonne di grande statura vocale e forte temperamento drammatico-musicale, con il rischio di enfatizzare lo stereotipo romantico del personaggio storico (che poco interessa a Verdi e a Solera) e di equivocare il carattere vocale del personaggio operistico, che da eminentemente e dichiaratamente belcantistico è stato spinto su versanti più drammatici, di accento romantico/verista.
La Giovanna d'Arco del Festival 2013 si riallaccia idealmente all’Ernani voluto da Rodolfo Celletti nel lontano 1991, che riuscì nell’impresa di riportare la vocalità dell'opera verdiana nell’alveo nobile del Belcanto ottocentesco. Questa nuova produzione si ripropone programmaticamente lo stesso intento: l’impervio ruolo della protagonista – cantato nel corso degli ultimi decenni da artiste quali Caballè, Anderson, Devia, Bonfadelli - è stato infatti affidato a una delle più popolari interpreti belcantiste dell’ultima generazione: Jessica Pratt, ammirata per il dominio tecnico assoluto e la purezza della linea di canto. Accanto a lei, il giovane francese Francois Borras che, dopo essersi formato e fatto ammirare in campo internazionale, approda in Italia forte di una luminosissima e incantevole vocalità tenorile. La parte di Giacomo è affidata al giovane Julian Kim, messosi in luce in recenti produzioni belcantiste, dimostrando doti vocali e musicali decisamente fuori dal comune.
Nel corso del Novecento l’opera ha avuto ben poche riprese, la prima delle quali a Berlino, nel 1941, salutata con euforia come la riscoperta di un gioiello sconosciuto, in occasione del quarantesimo anniversario della morte dell’autore; tra le più recenti, in Italia, si ricordano quella del 1951 a Napoli, del 1989 a Bologna e del 2008 a Parma. Lo studioso verdiano Charles Osborne ebbe a fare una dichiarazione che ha senso rileggere oggi, nella ricorrenza del doppio bicentenario: “Possibile che questi commentatori di Verdi non abbiano udito qualcuna delle opere che liquidano così facilmente e senza immaginazione? Come può fare a meno, uno che ama e capisce Verdi, di rispondere alla generosità melodica e alla giovanile baldanza di queste prime opere? Uno può amare il Tristano e la Valchiria e restare refrattario a Le fate, al Divieto d’amare e al Rienzi, perché i primi sforzi di Wagner sono pesantemente sgraziati, ma io diffido dell’uomo che adora il Falstaff eppure non ha indulgenza per Il corsaro o I masnadieri”.
Al cospetto di un dramma di difficile resa teatrale, si è scelto un regista la cui poetica possa misurarsi con la dimensione insolitamente fantastica e visionaria del libretto, forte ancorché discontinua. Ecco allora tornare a Martina Franca il giovane regista milanese Fabio Ceresa, autore dello spettacolo L'Orfeo, immagini di una lontananza, che la scorsa estate costituì una sorprendente rivelazione, conseguendo uno straordinario successo di critica e pubblico.
Ceresa, mettendo a frutto anni di collaborazione con i più grandi nomi della regia contemporanea come aiuto regista al Teatro alla Scala, ha ideato uno spettacolo secondo i punti di forza della sua poetica: valorizzazione dello spazio scenico e concentrazione di vortici emotivi e drammatici attorno ai nuclei drammaturgici e testuali del dramma.
In un altro anno di gravi difficoltà economiche per il Festival, questa Giovanna d'Arco si avvarrà meritoriamente di elementi scenografici tratti dal ricco repertorio dei laboratori del Teatro Petruzzelli. I costumi saranno curati dal giovane Massimo Carlotto.
La direzione d’orchestra è affidata a Riccardo Frizza, tra i giovani direttori italiani più apprezzati nel mondo, che vanta una prestigiosa e vasta esperienza di repertorio belcantistico, reduce tra l'altro da un lusinghiero debutto alla Scala con Oberto, Conte di San Bonifacio, titolo con il quale ha conseguito un importante successo personale. Il suo è un gradito ritorno a Martina Franca, dove diresse, giovanissimo, un concerto verdiano che ne mise in luce doti e temperamento. La sua lettura di Giovanna d'Arco potrà esaltare sia il lato energico e dirompente della partitura, sia quello delle preziosità di carattere belcantistico previste nelle parti vocali, assecondando e sollecitando le potenzialità dei cantanti chiamati al compito.
I giovani artisti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”, oltre che negli altri spettacoli e concerti del Festival, avranno ancora modo di misurarsi col proprio talento in un’opera appositamente prodotta, che quest’anno è di particolare valore, trattandosi della prima assoluta in tempi moderni di un’opera riscoperta di Leonardo Leo, tra le somme espressioni della gloriosa Scuola pugliese-napoletana.
Si tratta di un lavoro dell’età matura, in effetti dell’ultima opera comica del grande figlio di San Vito dei Normanni (la partitura è del 1742), il cui autografo è conservato a Parigi: L’ambizione delusa.
Questa commedia pastorale abbandona il napoletano come lingua ufficiale dell’opera comica settecentesca, per caricarlo di significato espressivo e drammatico, dando conto – in chiave ironica - delle differenze di classe sociale tra i diversi personaggi dell’opera. La revisione del manoscritto è stata affidata a Luisa Cosi, brillante musicologa del Conservatorio di Lecce.
Lo spettacolo, allestito nel rinnovato e splendido Chiostro di San Domenico, si avvarrà della regia di Caterina Panti Liberovici, limpida e fresca regista esperta di teatro da camera, mentre le cure musicali del piccolo ensemble d’archi previsto in partitura saranno affidate a un ispirato e sapiente musicista, clavicembalista e direttore d’orchestra specialista di repertorio sei-settecentesco, quale Antonio Greco. Lo spettacolo, con le scene di Sergio Mariotti e i costumi di Cristina Aceti, sarà portato anche a Cisternino e ai Sassi di Matera.
Giuseppe Verdi sarà celebrato, oltre che con la messa in scena di una delle sue opere più neglette, con l’esecuzione di un capolavoro assai popolare quale la Messa da Requiem, partitura le cui meraviglie saranno valorizzate dalla cornice di Palazzo Ducale, che si prepara così ad accogliere uno degli avvenimenti musicali più importanti degli ultimi anni. La direzione è affidata al giovane ma già celebre Omer Meir Wellber, direttore musicale del Palau des les Artes di Valencia, che torna a Martina Franca dopo il trionfale concerto sinfonico del 2011. Esemplare il quartetto dei solisti, scelti tra i migliori giovani italiani dell’ultima generazione, tra cui Teresa Romano, Michela Nardella, Giorgio Berrugi e Gianluca Buratto.
Altra serata molto attesa sarà quella dedicata a Richard Wagner, con l’esecuzione dei Wesendonck Lieder, nella versione per orchestra e soprano, insieme al primo atto di Walküre, vero e proprio colosso del teatro musicale wagneriano.
Punto di forza e prestigio della serata sarà ovviamente la direzione di Fabio Luisi, direttore principale del Metropolitan di New York e General Musikdirektor dell’Opera di Zurigo.
Il Maestro Luisi torna a Martina Franca dove, un paio di decenni fa, aveva iniziato a muovere i primi passi direttoriali grazie all’intuito infallibile di Rodolfo Celletti.
I solisti wagneriani sono di valore internazionale: Ian Storey – già Tristan alla Scala con Barenboim e più recentemente alla Fenice di Venezia con Chung - sarà Siegmund, mentre la lituana Ausryne Stundyte darà voce a Sieglinde, oltre ai magnifici Wesendonck Lieder che apriranno la serata.
Anche nel 2013 sono previsti gli abituali appuntamenti del Concerto per lo spirito nella Basilica di San Martino e del ciclo Novecento e oltre, nel Chiostro di San Domenico, all'interno del quale si segnala una serata dedicata a una rilettura in chiave jazz di pagine del più ispirato repertorio seicentesco, affidata al soprano Roberta Mameli.
Dopo lo straordinario successo di pubblico dello scorso anno, è confermata poi la sequenza di concerti di Fuori orario, previsti in luoghi e ore diverse e non convenzionali (come gli apprezzatissimi appuntamenti notturni di mezzanotte), finalizzati a valorizzare e far conoscere alcuni dei luoghi più caratteristici e suggestivi di Martina Franca e della Valle d’Itria.
Quest’anno è previsto anche un Concerto carmelitano, suggerito dall'occorrenza di un importante anniversario di una delle più antiche confraternite cittadine.
Dopo la felice esperienza degli ultimi anni, prosegue con rinnovato impegno ed entusiasmo l’iniziativa Festival Junior, dedicata ai più giovani e realizzata da bambini e ragazzi avviati alla conoscenza dei primi elementi della musica e del teatro musicale, con la preziosa collaborazione della Fondazione Paolo Grassi. A Daniela Terranova, giovane e ammirata compositrice, e a Fabio Ceresa – qui nella sua veste di drammaturgo e librettista – è stata affidata la commissione di un’opera originale per bambini dal titolo Le falene, che sarà eseguita e cantata anche da giovanissimi interpreti appositamente addestrati nel corso dei mesi precedenti il festival. Anche questo spettacolo, allestito nella cornice del Chiostro di San Domenico, sarà affidato alla regista Caterina Panti Liberovici.
Il tradizionale e ormai ambito Premio del Belcanto “Rodolfo Celletti” sarà consegnato quest’anno a Lella Cuberli, soprano statunitense dalla fulgida carriera internazionale, legata artisticamente e affettivamente a Martina Franca, che la ricorda in numerose esibizioni di grande successo, a cavallo tra gli anni ’70 e ‘80. Nel corso della serata si esibirà anche il soprano Jessica Pratt, che con Lella Cuberli ha perfezionato diversi ruoli del repertorio belcantistico.
A fronte dello straordinario successo riscosso lo scorso anno tra pubblico e addetti ai lavori con l’iniziativa delle tre opere nell’arco di un solo fine settimana, si è deciso di confermare la formula, allargandola addirittura. Tra il 25 luglio e il 1 agosto, il pubblico in arrivo nella Valle d’Itria potrà scegliere tra nove appuntamenti di assoluto rilievo, tra opere e concerti, tra cui tre opere e i due concerti straordinari previsti dal cartellone.
Da sottolineare due importanti elementi di novità, che segnano il rafforzarsi di una politica di coesione territoriale e di valorizzazione delle risorse in ambito regionale: il debutto a Martina Franca del Coro del Teatro Petruzzelli di Bari, diretto da Franco Sebastiani, impegnato in tutte le opere del cartellone, oltre che nell'attesa Messa da Requiem verdiana, e quello dell'Orchestra della Magna Grecia di Taranto, importante ICO del territorio provinciale, i cui archi saranno impegnati nell'opera di Leonardo Leo. L'Orchestra Internazionale d'Italia, residente al Festival da oltre cinque lustri, sarà invece protagonista - come di consueto - in tutti gli altri appuntamenti del cartellone.
Va infine annunciata una nuovissima collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli, per un'importante coproduzione ideata per la XL edizione del Festival del prossimo anno (con il Don Checco di Nicola De Giosa): altro segno tangibile di una collocazione sempre più strategica del Festival della Valle d'Itria all'interno della rete produttiva nazionale.
La sua vocazione storica, quella cioè di stimolare una riscoperta della grande tradizione musicale pugliese e della Scuola napoletana, lo colloca infatti quale cerniera ideale tra le due Fondazioni lirico-sinfoniche di riferimento nel mezzogiorno peninsulare: Petruzzelli e San Carlo.
Tutte le opere del Festival saranno oggetto, come ormai consuetudine, di trasmissione radiofonica nell'ambito della programmazione di RadioTre, nonché della ripresa audiovideo finalizzata alla realizzazione di Dvd, in modo da allargare le potenzialità di diffusione internazionale delle produzioni del Festival.
Alberto Triola - Direttore artistico
XXXIX FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA
Martina Franca, 13 luglio - 1 agosto 2013
"Occhi miei che vedeste" - Visioni oltre il confine