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Bojan Z Tetraband. Intervista nel suo Humus
Bojan Z sta per Bojan Zulfikarpasic, un pianista serbo che a poco più quarant’anni è considerato una delle più importanti realtà del jazz europeo e di conseguenza mondiale. Di recente lo abbiamo ascoltato al Parco della Musica con la sua Tetraband il 31 gennaio scorso e con l’occasione lo abbiamo intervistato per presentare il suo nuovo cd Humus.
Mescolando generi e culture diverse, rinnova il jazz moderno ora reinterpretando grandi canzoni rock (Ashes to ashes di David Bowie), ora citando con grande originalità e senso dell'umorismo le melodie balcaniche, memoria della prima parte della sua vita in Yugoslavia (ora risiede a Parigi).
Ambidestro, virtuoso del piano (senza eccedere in baroccati quanto inutili virtuosismi), non gli bastano i normali strumenti e modifica il suo amato Fender Rhodes, utilizzando differenti parti di tastiere elettroniche per creare un nuovo strumento con un suono originale: lo Xenofono che ha dato anche il titolo al precedente disco Xenophonia del 2006 con l’etichetta Label Bleu.
Humus è il suo ultimo lavoro e si discosta moltissimo dalle precedenti produzioni. E’ sicuramente il suo album più rock, grazie al potentissimo apporto della ritmica funky dovuto soprattutto a Seb Rochford, il batterista dalla incredibile chioma spumosa, e Ruth Goller, la bassista di origine italiana che - parallelamente alla Tetraband di Bojan Z - militano in quella fucina di idee che sono gli Acoustic Ladyland, una delle band di punta della scena jazz/punk londinese. Nonostante si siano sprecate definizioni dal jazz-funk allo ska-jazz-punk, nessuna descrizione rende giustizia allo stile di questo album.
La Tetraband è energica, potente, di grandissimo impatto e spessore, e con il trombone newyorkese di Josh Roseman - grande improvvisatore – che definisce il suono del gruppo in modo assolutamente cruciale, dialogando con le tastiere in tutti i brani e raddoppiando i fraseggi.
La grande freschezza ed originalità delle composizioni di Bojan, l’imprevedibile miscela serbo-anglo-newyorkese del quartetto, sono alla base di una musica che lui stesso definisce “urbana” ed ossessiva. Bojan si è sempre dimostrato un compositore ed improvvisatore eloquente, ed allo stesso tempo in grado di citare con straordinaria capacità i ritmi dei balcani nelle proprie composizioni, dove la sensibilità spiccatamente jazz fa da collante alla sua per impiegare un termine abusato, multiculturalità.
Humus è una grande prova: incisiva, asciutta, che dimostra - se ancora ce ne fosse bisogno - che oggi nella musica la miglior ricetta è quella della contaminazione a patto di conoscerne le dosi. Bojan Z conosce benissimo le dosi di questa ricetta e sforna ogni anno, per continuare il paragone culinario, un piatto più gustoso stimolando il suo percorso musicale con una grande curiosità per altre musiche e culture che lo arricchisce come un buon vino anno dopo anno.
Parlando con lui prima del suo concerto al Parco della Musica di Roma del 31 gennaio 2010, abbiamo scoperto un artista straordinario, disponibile e di grande sensibilità. Ecco la nostra intervista.
Giovanni Battaglia: Perché hai scelto Humus come titolo per questo disco? Humus vuole essere un richiamo alla natura, ovvero alla parte più fertile della terra oppure si tratta di un’allegoria della tua creatività?
Bojan Z: È piuttosto un richiamo alla natura, io sono cresciuto a Belgrado, la Nuova Belgrado, in un quartiere dove, attraversando un fiume, eravamo subito in campagna, ed il mio rapporto con la natura è importante, infatti ho scelto di vivere in un posto bellissimo fuori da Parigi in piena campagna. Però la musica che faccio adesso con questi musicisti è molto “urbana“, dunque c’è stata questa ricerca durante la quale mentre componevo ero a casa mia dove l’ambiente è così rilassante: apro le finestre e sento gli uccelli, vedo gli alberi e tutto questo allora non era assolutamente in linea con la musica che stavo facendo dalla ritmica così intensa.
Questa contraddizione è la ragione più importante del risultato perché ho costruito dal basso verso l’alto partendo dalla ritmica, mentre di norma è vero il contrario: normalmente, nella maggior parte dei casi, si parte da una melodia e si scende verso il basso, come in un disegno, si parte dalla testa e la si veste con una cravatta, una giacca, andando poi a rivestire il resto. In questo disco la parte melodica di molti braniè stata elaborata successivamente e per ultima, rimettendo tutto in discussione. Non è stato facile per me fare questo album, ho dovuto fare un reset immaginando che sarebbe stato benefico in ogni caso.
Giovanni Battaglia: Com’è nata questa collaborazione con i tuoi musicisti?
Bojan Z: L’idea del gruppo è nata da un incontro con Seb Rochford, il batterista, poi c’era stato un incontro jazz a La Villette e mi sono detto: sono perfetti! In seguito si è aggiunto il trombone di Josh Roseman con la sua grande versatilità, che per le sue origini giamaicane apportava un suono nuovo. Queste due diverse identità si sono ben sposate. Io immaginavo un suono londinese che virasse verso il punk e lo ska: era un’idea iniziale sulla quale ogni musicista ha aggiunto un elemento ben specifico al gruppo. In tutti i casi non avevo un’idea precisa all’inizio della collaborazione.
G.B.: Tu hai quasi 42 anni quindi sei giovane ed hai fatto già tantissime cose professionalmente con uno spirito piuttosto innovatore, per esempio inventando uno strumento che non esisteva neppure modificando il tuo Fender Rodhes; sei ambidestro, quindi suoni con due mani, fai concerti nei paesi del sud-est asiatico dove pochissimi jazzisti sono andati; rielabori la musica slava sempre con grande senso dell’humour, introducendola nella tua musica, esplori percorsi nuovi, collabori con musicisti che provengono da ogni paese, vinci il premio come miglior jazzman europeo (2007)…hai mai vissuto momenti di crisi? A volte mi domando la sensazione che può dare ad un artista che ha una grande forza innovatrice, come ad esempio i fratelli Cohen nel cinema o Miles Davis nella musica, quella di trovarsi senza idee o meglio senza idee innovatrici…
Bojan Z.: Sai, Miles era un uomo senza compromessi, quando ha sentito che non aveva più niente da dire si è fermato. Se mi succedesse di restare a secco di idee non mi metterei certo a suonare degli standard,io ho necessità di avere una forte ragione per fare della musica, il giorno in cui mi dovesse succedere di essere a secco di idee spero di non dover essere obbligato a fare musica per guadagnarmi la vita. Non vorrei perdere la stima di me stesso e, sai, non ho messo soldi da parte, quindi non è detto che non mi succeda di rimanere senza soldi… per ora mi sento pieno di idee per fortuna…Sono 20 anni che sono attivo come musicista ed il mio primo disco l’ho fatto nello stesso posto e nello stesso momento di Dave Douglas con cui sono molto amico. Dave ha fatto tantissimi dischi, molti più di me, quindi anche se apparentemente sono così attivo in fondo sono riflessivo nella pubblicazione dei miei dischi.
L’intervista con Bojan doveva durare 15 minuti invece è andata avanti ad oltranza per circa un’ora fino a che lo hanno chiamato a suonare: non credo accada spesso di incontrare un musicista ma ancor prima un uomo così pieno di energia e voglia di comunicare.
Il concerto di Roma si è svolto con il trombonista Josh Roseman che è stato sostituito da un Gianluca Petrella in una forma straordinaria che il pubblico ha ricambiato con entusiasmo. Grandissimo Bojan, grandissima Tetraband. Un disco che non deve mancare nella vostra collezione.