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Cannes 2011. Il cinema da Ceylan a Moretti. Prima parte
Si è appena conclusa la sessantaquattresima edizione del Festival del cinema di Cannes e possiamo sicuramente dire che è stata un'edizione memorabile per moltissimi motivi, innanzitutto per la qualità dei film che è stata la più alta degli ultimi dieci o forse quindici anni.
Tutte le pellicole presentate in concorso ufficiale e nella sezione “Un certain regard” erano da buone ad eccezionali.
Quest’anno Il presidente di giuria della competizione ufficiale del festival del cinema di Cannes è stato niente meno che Robert De Niro ed i suoi giurati sono stati l’attrice argentina Marina Gusman, la produttrice cinese Nansun Shi, l’attrice americana Uma Thurman, la scrittrice norvegese Linn Ulmann, Il regista francese Olivier Assayas, il regista del Ciad Mahamat Saleh Haroun, l’attore inglese Jude Law ed il regista di Hong Kong Jonnie Too.
I film in questa sezione, cioè quelli in concorso per la Palma d’oro, sono stati: Bir Zamanlar Anadolu'da del grande regista turco Nuri Bilge Ceylan, Drive di Nicolas Winding Refn, Habemus Papam, speranza italiana di Nanni Moretti, Hanezu No Tsuki di Naomi Kawase, Hearat Shulayim di Joseph Cedar, Ichimei di Takashi Miike, L'Apollonide - Souvenirs de la maison close del francese Bertrand Bonello, La piel que habito di Pedro Almodóvar, La source des femmes di Radu Mihaileanu, Le gamin au vélo dei fratelli Jean-Pierre et Luc Dardenne, Le Havre di Aki Kaurismäki, Melancholia di Lars von Trier, Michael di Markus Schleinzer, Pater di Alain Cavalier, Polisse di Maïwenn, Sleeping Beauty di Julia Leigh, The Artist di Michel Hazanavicius, The Tree of Life di Terrence Malick, This must be the place, ultima fatica americana di Paolo Sorrentino, We need to talk about Kevin di Lynne Ramsay.
Ad Emir Kusturica invece è toccato l’onore di essere il presidente della giuria della competizione Un Certain Regard: i suoi compagni in questi dieci giorni di grandissimo cinema sono stati l’attrice francese Elodie Bouchez, il critico inglese Peter Bradshaw, l’americano Geoffrey Gilmore, e Daniela Michel, la direttrice del festival di Morelia.
I registi in concorso nella sezione Un certain regard sono Gus Van Sant con Restless che è stato il film d’apertura, Bakur Bakuradze con The Hunter , Andreas Dresen con Halt auf Freier Strecke , Bruno Dumont con “Hors Satan , Sean Durkin con Martha Marcy May Marlene, Robert Guédiguian con Les Neiges du Kilimandjaro, Oliver Hermanus con Skoonheid, Sangsoo Hong con The Day He Arrives, Cristián Jiménez con Bonsái, Eric Khoo con Tatsumi, Ki-duk Kim con Arirang, Nadine Labaki con Et Maintenant On Va Ou?, Catalin Mitulescu con Loverboy, Hong-jin Na con Yellow Sea, Gerardo Naranjo con Miss Bala, Juliana Rojas e Marco Dutra con Trabalhar Cansa, Pierre Schoeller con L'exercice de L'etat, I van Sen con Toomelah ed infine Joachim Trier con Oslo, August 31.
La Palma d’oro per il miglior film era scontata fin dall’inizio della manifestazione: anche Paolo Sorrentino aveva detto che concorrere in una gara in cui è presente Terrence Malik è come giocare contro Maradona.
Ed infatti Maradona ha vinto anche se forse ha segnato con la mano dato che il film ha suscitato pareri molto discordanti tanto da essere accusato di pensiero nazista strisciante cosa che in realtà era avvenuta anche con la “sottile linea rossa”.
Più giusto il grand prix della giuria che è stato assegnato ex aequo a Nuri Bilge Ceylan ed ai fratelli Dardenne, i veri vincitori di questo festival con due film straordinari.
Once upon a time in Anatolia, interpretato da Muhammet Uzuner e Yilmaz Erdogan, è il sesto film di Cannes - Festival Internazionale del Cinema che è veramente uno degli habitués della Croisette sin dal suo esordio con il cortometraggio Koza, che vinse la Palma d’Oro. Poi con Uzak, un film fotografico meraviglioso, vinse il Gran Premio della Giuria; con Il piacere e l’amore vinse il premio FIPRESCI ed infine con Le tre scimmie vinse il premio per la miglior regia.
Il nuovo film di Ceylan racconta la vita in un piccolo villaggio dell’Anatolia in cui si incontrano, in una notte d’estate, un medico ed un avvocato; la lentezza degli eventi sarà turbata da un fatto di sangue.
L’impatto visivo, come in tutte le opere del regista è semplicemente straordinario con una fotografia curata nei minimi particolari: i paesaggi dell’Anatolia sono dei veri e propri quadri e non a caso il regista si divide tra regia e fotografia; è davvero difficile scegliere in quale delle due arti è migliore. Una certezza che gli è valso il grand prix della giuria cioè una palma d’oro sfiorata…
Le gamin au vélo, il nuovo film dei fratelli Dardenne che (udite, udite!) esce in italia in contemporanea con Cannes (non dovremo aspettare dicembre come per il film di Woody Allen…) ci ripropone gli stessi Dardenne di sempre in una storia ormai collaudata, se vogliamo la stessa storia di sempre e addirittura con gli attori di sempre fatta eccezione per Cécile de France.
Qualcuno se la sentirebbe di criticare Caravaggio, Picasso, Monet per aver fatto più volte la stessa cosa? Certo nessuno: ecco perché occorre rimandare la mittente le critiche che vengono rivolte ai Dardenne per voler fare un cinema spesso uguale a sé stesso; il loro cinema è arte al 100% ed il fatto che lavorino spesso su soggetti simili tra loro non significa assolutamente che ogni film non abbia una propria identità: anzi a maggior ragione il loro lavoro riesce a brillare di profonda intensità proprio per l’approfondimento che offrono sui personaggi.
Le gamin au vélo è la storia di Cyril, un bambino rifiutato dal padre, ultimo legame con la famiglia biologica, che in uno dei tanti tentativi di fuga dal centro accoglienza per minori incontra Samantha, la parrucchiera del piccolo villaggio dove Cyril vive. Tra i due nasce un legame immediato e Samantha si offre di tenere con sé Cyril durante il week end.
Non ci pensa neanche un attimo a decidere tra lui ed il fidanzato quando quest’ultimo nella scena più bella del film le domanda “o lui o me…“ e non si spaventa delle difficoltà evidenti alle quale dovrà andare incontro per avere l’amore di Cyril e lenire le profonde sofferenze del bambino. Cécile de France non aveva mai recitato così bene come in questo film: la sua recitazione scarna, minimalista, il suo modo di rendere il sentimento materno anche se non biologico sono strepitosi e sinceramente mi sarei aspettato che fosse riconosciuto con la Palma d’oro alla migliore attrice che invece è andata alla bravissima Kirsten Dunst per Melancholia.
L’italia è rimasta a bocca asciutta di premi in questa edizione del festival di Cannes ma la soddisfazione per l’accoglienza in sala dei film è stata straordinaria sia per Nanni Moretti sia per Paolo Sorrentino.
Anche dal punto di vista commerciale l’Italia esce molto soddisfatta: le vendite dei film sono state ottime, solo al secondo giorno di festival il film di Nanni Moretti è stato venduto in 40 paesi.
Habemus Papam di Nanni Moretti è stato accolto a Cannes da moltissimi applausi tanto che il regista con Michel Piccoli al fianco si è anche lasciato andare in un pianto liberatorio.
Quest’aspetto umanizzato di Moretti è piaciuto a tutti e sicuramente la compagnia di Margherita Buy gli ha giovato in quanto più di ogni altro l’attrice si è concessa al pubblico sia alla proiezione per la stampa internazionale sia alla proiezione per il pubblico alla quale era presente il regista; naturalmente la presenza del mostro sacro del cinema francese ha pesato molto in patria ed ha strappato gli applausi più calorosi del pubblico sotto il sorriso compiaciuto e divertito di Nanni Moretti.
La sera alla festa organizzata alla “Chérie Chéri plage” abbiamo visto un Moretti davvero inedito, allegro, quasi desideroso di ricevere l’abbraccio dei presenti: che stia diventando umano?
Il film è introspettivo, molto dolce e misurato e riesce a mostrare le debolezze di una cerchia di persone, i cardinali, che, se pur chiamati a svolgere un ruolo chiave nella vita delle comunità che sostengono e che sempre si mostrano come supporto ai problemi della società cattolica, vengono mostrati al pubblico per quello che sono: degli uomini!
Chi si aspettava un film denuncia o contro-istituzionale, non trova nell’opera alcun riscontro.
Non accadde in La messa è finita e non avviene qui, nonostante le aspettative di chi ha osservato la ribellione del regista a quell’educazione cattolica imposta e mai accettata.
Il merito più grande del film è di non essersi lasciato tentare, di cadere sul un terreno scivolosissimo della critica tout court alla Chiesa o al Vaticano; non si parla di preti pedofili o di ingerenze nella politica italiana: si parla di un uomo che non si sente adeguato al ruolo che è chiamato a dover assolvere e sente tutto il peso del rifiuto che sta per compiere.
La conferenza stampa con i giornalisti è stata molto divertente e divertita: le domande dei giornalisti hanno fatto sorridere spesso Moretti ma non sono mai state provocatorie perché è evidente che lo spirito del film è stato capito dalla stampa; alla fine della conferenza stampa Nanni ha benedetto Michel Piccoli facendo il gesto del segno della croce…naturalmente con la mano sinistra.
Moretti, si sa, in Francia è un attore ed autore amatissimo e gode di una stima incondizionata tanto quanto in Italia e forse anche di più; per questo la sua presenza a Cannes è sempre un evento.
Habemus papam è un film fondamentale nella cinematografia del regista romano sia perché riesce con grande maestria a non cadere nella trappola dei facili stereotipi sul soggetto in discussione, sia perché è oggettivamente un bellissimo film, in assoluto uno dei più belli e commoventi di Nanni Moretti.
Michel Piccolì ha ritagliato un personaggio vero, dolce, profondo e carismatico che spicca grazie anche allo straordinario lavoro fatto dagli altri attori che interpretano i cardinali.
È vero che spesso Moretti usa sé stesso in modo macchiettistico come di sovente accade nei suoi film, ma qui la discussione è più profonda; non è soltanto il darwinismo antagonizzato alla fede quanto la vita di un uomo con i suoi dubbi che si arrende drammaticamente di fronte alla propria sensazione di inadeguatezza a svolgere il proprio ruolo, non prima – però - di aver lanciato un messaggio forte ai fedeli accorsi.
Straordinario tutto il commento sonoro che segue puntualmente ogni scena esaltando i momenti drammatici con grande efficacia.