Galileo. L'evoluzione del cosmo

Articolo di: 
Alberto Balducci
Galileo. Immagini dell'universo

Il 2009 è l’anno che le Nazioni Unite dedicano al quattrocentenario delle prime scoperte di Galileo Galilei sul cosmo, e per onorare quest’occasione la città di Firenze ha organizzato un’interessante mostra a Palazzo Strozzi intitolata Galileo: Immagini dell’universo dall’antichità al telescopio.

La mostra raccoglie moltissime testimonianze dell’evolversi della concezione del cosmo e del rapporto dell’uomo con l’infinito che lo circonda, a partire dall’antichità per arrivare sino alle scoperte che hanno aperto la strada alle moderne sistematizzazioni scientifiche: Galileo in primis (l’introduzione del metodo scientifico), accompagnato dal altri grandi come Newton (la legge della gravitazione universale) e Keplero (la descrizione delle orbite dei corpi celesti).

Suddivisa in sette sezioni o stanze, l’esposizione unisce la scienza e la tecnica con l’espressione artistica (più il periodo considerato è antico e più le varie discipline risultano mescolate e inscindibili l’una dalle altre), proponendo una lunga serie di oggetti dedicati allo studio scientifico e svariate opere figurative nate in quel particolare humus intellettuale e culturale.

La prima sezione, dedicata alle antiche civiltà (Mesopotamia ed Egitto in particolare) si apre con l’imponente figura dell’Atlante Farnese, scultura anonima del II sec. d.C. con la sua volta celeste su cui sono scolpite le costellazioni e l’eclittica, l’equatore della sfera celeste.

Sin da questa prima stanza si evince subito come la necessità di misurare il cosmo sia sempre stata presente nell’animo umano: si mostrano alcuni semplici strumenti astronomici egizi e alcune eccezionali mappe sumere degli angusti confini del mondo geografico allora conosciuto, la cui stesura andava di pari passo con la nascita del linguaggio cuneiforme e con la redazione scritta dei grandi poemi cosmogonici. A questo proposito si espone addirittura una delle tavolette dell’Enuma Elish, l’antichissimo poema sumero nel quale si narra di come Marduk assunse il ruolo egemonico nella gerarchia divina sconfiggendo la Madre cosmica Tiamat.

Ma prima che il cosmo diventasse, per noi occidentali, una sfera, ancora molti secoli dovevano passare. Oltre a questo, la concezione geocentrica ha dominato il pensiero astronomico per un tempo lunghissimo, e la sua popolarità era dovuta specialmente all’influenza del pensiero tolemaico come fu espresso nell’Almagesto (II sec. d.C.) dove, ripartendo dalle osservazioni di Ipparco (II sec. a.C.), si riportavano carte astronomiche, un catalogo di 1025 stelle e l’elenco delle 48 costellazioni classiche.

Questa fu la base su cui si svilupparono tutte le applicazioni scientifiche, tecniche e filosofiche occidentali dei secoli seguenti. Nel frattempo, l’Islam elaborava le proprie concezioni, spesso molto avanti sui tempi, ma sconosciute nelle terre europee per centinaia di anni: agli astronomi e scienziati musulmani si deve ad esempio il perfezionamento dell’astrolabio, che raggiunse ragguardevoli livelli di accuratezza e splendore estetico. Nella mostra ve ne sono alcuni, tra cui un rarissimo esemplare sferico, in cui le stelle non sono proiettate su un piano, ma appaiono incastonate direttamente sulla sfera celeste.

In questi tempi, le concezioni scientifiche non erano in contrasto con quelle religiose. Le teorie della Fisica aristotelica furono la base di fisica e astronomia per ben più di un millennio: possiamo vedere un arazzo di Toledo dove Dio è rappresentato come il Primo Mobile, con due angeli che, tramite manovelle, azionano gli argani che fanno ruotare la volta celeste. E vi sono rappresentazioni cosmiche dei quattro elementi, ciascuno col moto che è loro proprio, a formare l’universo manifesto.

In questo senso, moltissimi sono gli esempi di codici miniati e trattati scientifici esposti, l’uno più bello dell’altro: si passa da stupende rappresentazioni delle costellazioni classiche (veramente degne di nota quelle islamiche, di grande gusto artistico e accuratezza astronomica, e le incisioni dei due emisferi di Albrecht Dürer) a complicati diagrammi composti da più sezioni sovrapposte, a digressioni astrologiche e filosofiche.

Ad esempio, il giusto spazio è concesso alle teorie astrologiche degli influssi celesti, che tanta fioritura ebbero nel corso del medioevo e del Cinque-Seicento. Vi sono diagrammi che spiegano la correlazione tra gli organi e i pianeti della gerarchia celeste, e carte che illustrano i quattro temperamenti (flemmatico, melanconico, collerico e sanguigno) in base al pianeta che sovrintende ciascun singolo individuo.

Queste concezioni erano anche strettamente connesse agli studi alchemici sulle trasmutazioni dei metalli e dello spirito, che tanto successo ebbero nella mistica tardo rinascimentale. Possiamo infatti ammirare un frontespizio del gesuita Athanasius Kircher, ben versato negli studi ermetici, dove l’armonia universale si esprime per mezzo di un coro angelico a 36 voci: non dimentichiamoci infatti della musica celeste (compresa nella musica mundana insieme a humana e instrumentalis nella tripartizione classica dovuta a Boezio) che Aristotele affermava prodotta dallo sfregare delle volte celesti nel loro moto concentrico, e che non fosse udita dall’orecchio umano solo per una questione di abitudine fin dalla nascita.

L’unione della mistica con l’astronomia come visione del cosmo si estrinseca in maniera mirabile nello stupendo codice di Santa Ildegarda di Bingen, la santa sui generis nata nell’anno 1000, che elaborò una teoria dell’uomo macrocosmico come risultato e specchio delle armonie del cosmo e che qui possiamo ammirare in tutto il suo splendore. E anche lei sublime musicista, ci ha lasciato i canti più eterei della cristianità.

Le armonie universali si riversano quindi nell’uomo, determinandone inclinazioni, passioni, destini e finanche la salute stessa, spirituale e fisica: il famoso monocordo di Robert Fludd (XVII sec.) che è qui esposto nella sua versione stampata è una sintesi di queste visioni; le consonanze planetarie si riflettono nel corpo umano, e ambedue i mondi sono accordati dall’azione divina.

In tutto questo caleidoscopio di visioni cosmiche, fantasmagorie, ricerche tecniche e proiezioni armillari fa la sua comparsa Galileo, nella veste di araldo dei tempi moderni. Abbiamo qui esposto uno dei suoi cannocchiali, di sua invenzione, che fu lo strumento simbolo della nuova esplorazione del cosmo, meno legata ad ambiti filosofici e mistici e più all’osservazione diretta di dettagli che nei secoli precedenti potevano solo essere congetturati su basi intellettuali.

Il cannocchiale e le sue conseguenti osservazioni dei satelliti di Giove (dedicati alla famiglia dei Medici), del pianeta Saturno (che gli apparve come formato da tre corpi che altro non erano che i suoi anelli) della Luna (esposti alcuni suoi disegni delle fasi lunari) e delle macchie solari generarono un processo irreversibile che portò alla nascita del moderno metodo scientifico sperimentale.

Come per tutti i veri rivoluzionari, la sua fu certo una missione difficile: abbracciare la tesi eliocentrica copernicana del trattato De revolutionibus orbium coelestium (palesata definitivamente con il Dialogo sopra i due massimi sistemi del 1632) gli costò la condanna del tribunale dell’abiura nel 1633. La riabilitazione fu lenta ma inarrestabile, e opere qui esposte testimoniano il ruolo di primo piano che lo scienziato venne ad assumere nei tempi a lui stesso successivi.

L’esposizione si mostra attenta anche all’aspetto più prettamente artistico, e vi sono alcune opere figurative di grande pregio, come il Sant’Agostino nel suo studio del Botticelli, una stupenda incisione della Melancholia I del Dürer e il terrificante Saturno che divora uno dei suoi figli di Peter Paul Rubens, secondo solo a quello di Goya per la sua ferocia, e con visibile in alto il “Saturno tripartito” come da osservazioni galileiane.

Completano la mostra una serie di installazioni multimediali esplicative molto semplici ma curate, che illustrano alcuni punti scientifici o storico-culturali d’importanza per la comprensione delle teorie esposte e un gran numero di congegni meccanici d'epoca o abilmente ricostruiti.

Parrà forse quasi un’ingenuità da “romantici” questo dilungarsi sui misteri delle stelle, le loro posizioni, i loro influssi e le loro infinite influenze sull’esistenza della razza umana, in quest’epoca dove le luci al neon accecano la percezione delle costellazioni e dove il rumore e la frenesia ci impediscono di soffermarci in silenzio sotto una volta stellata. In realtà è nelle consonanze tra cosmo e microcosmo che l’uomo si ritrova, si riscopre e sempre rinasce: il grande libro della natura si spiega senza parole, dando a ciascuno quanto egli in esso da solo ritrova.
 

Pubblicato in: 
GN13/ 7-21 maggio 2009
Scheda
Titolo completo: 

Galileo. Immagini dell'universo dall'antichità al telescopio
a cura di Paolo Galluzzi
Palazzo Strozzi, Firenze
13 Marzo - 30 Agosto 2009

Anno: 
2009
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