Wunderkammern. Fra soli di vetro e lune turrite

Articolo di: 
Livia Bidoli
Wunderkammern

Sei artisti tra Italia, Germania e Spagna: Simona Frillici, Gianfranco Grosso, Anette Haas, Franco Ottavianelli, Gianni Piacentini, Anton Roca fino all’11 aprile espongono alla Wunderkammern di Roma in una mostra che titola Omaggio a Galileo Galilei.

Il mutamento di prospettiva del mondo, il lento girare della Terra, un decentramento che ha spostato la Chiesa e l’uomo dentro ben altri confini, e limiti. Questa l’opera in fondo di Galileo Galilei, aldilà dell’abiura, assolutamente vanificata dalla tortura con cui è stata estorta, per approfondire consiglio il testo di Bertolt Brecht Vita di Galileo Galilei, rappresentato al Teatro Argentina di Roma in una splendida mise en scène di Antonio Calenda nel 2007.

Ma cosa hanno a che fare questi sei artisti contemporanei e viventi in esposizione nelle Camere delle Meraviglie (Wunderkammern) sviluppatesi poco prima di Galileo, nel Cinquecento, ed ora approdate a Roma nell’esteso spazio di Via Serbelloni? Prima di tutto li accoglie un locus a tre diverse dimensioni: una a terra, una cave di antiche mura ed un giardino con alberi a frutta e piante fiorite.

Ciò che si vede prima di tutto è una sedia alta e intagliata nel legno, che si mostra attraverso una piccola finestra nel muro. Un tronco che sorregge questa seggiola anni ’60 che però non è precisa nella sua struttura, quasi pende a sinistra e che sulla sua base, ovvero la sezione a cerchi concentrici del tronco, mostra due piccole palline, una sorta di sfera magica del mondo con i tasselli in disordine, ed un’altra semplicemente gialla dentro una retina bianca. Di fronte tre sedie sotto la devastante proiezione del video del padre a letto morente: qualsiasi discussione sull'eticità dell'eutanasia e la sua necessità è superflua. La scultura-installazione di Anton Roca Osservatorio sul mondo e osservatorio corpo (1960, spagnolo) è agghiacciante e rassicurante, in un’ossimorica coagulazione, anche politica.

Se torniamo di poco indietro vediamo Rosso di Simona Frillici: un telo bianco con una stampata in rosso. Sul telo gravido di un colore tanto energetico quanto vicino al sangue, si distingue appena, fra le ombre, il volto di un bimbo, reduce di un’installazione precedente e che porta tutto l’orrore della tragedia evocata dal titolo, I giochi di Beslan. Le Bubbles che seguono, finalmente fanno respirare una leggerezza conferita dalla stessa scelta cromatica: un giallo, un blu azzurrato ed una terra, quella delle bolle di Anette Haas.

Usciamo fuori e troviamo degli spicchi di vetro colpiti dal sole, a raggiera, formano un cerchio quasi perfetto e solo leggermente ellittico, proprio come il percorso della Terra illuminato dal pianeta di fuoco e di luce. Gli spicchi sono di varie dimensioni, formavano un tavolo che si è spezzato andando in frantumi. I frammenti, sia grandi che piccoli, sono stati ricomposti per quest’opera che ha un afflato tutto suo con la terra come elemento, ricordata al suo centro, leggermente spostata verso destra, da un piccola pigna, una sorta di uovo di Colombo, l’altro grande scopritore di mondi altri, ora in mezzo a noi, nella vecchia Europa dalle profonde radici culturali.

Gianni Piacentini ha creato una scultura senza plasmarla, piuttosto disponendola nella giusta prospettiva, e l’ha intitolata De nucleare (il grave). Spostandola dal suo centro ci indica taglienti frammenti di vetro irrorati di luce e che il suo riflesso, de-concentrato come vorrebbero gli orientali, leggero e flessuoso può, in ultima analisi, sorreggere strutture pesanti. Come se, ruotandogli intorno, ci si bagnasse nei suoi raggi senza, in fondo, essere feriti dagli affilati spigoli che, sporgendo fuori, ne delimitano i contorni circolari.

Spingendoci giù nella cave notturna di Wunderkammern si raggiunge l’ultima stanza per trovare il reperto quasi fantascientifico di Gianfranco Grosso, Anthropomorphic. Un dettaglio che riproduce una sorta di figura infantile che sembra in cammino verso inusitate aree. Piombato dallo spazio, questa sagoma che sembra di un metallo morbido ed invece è gomma e plastica fuse assieme, genera però una rasserenata osservazione, senza destare sospetti di pericolo.

Quando torniamo appena indietro facciamo caso ad un suono che un po’ frastorna ed è misto ai fragori del tempo, metallici. Un video a loop con due torri: una formata da un camino antico in ferro battuto, l’altro di perspex trasparente. Il primo somiglia ad un guglia e l’allure romantica lo fa spuntare dalla laguna veneta che s’immagina sullo sfondo, sotto la proiezione, nascosta ed invisibile ad occhio nudo.

L’altra torre di Franco Ottavianelli sembra rubata al Louvre piramidale, una vela moderna che guida ed orienta in questo afflato simbolico che rimanda agli Arcani Maggiori. La guglia della catastrofe, dell’indifferenziazione, della perdita d’equilibrio però senza l’elettricità del fulmine. Tutto continua a roteare intorno alla luna che si erge numinosa sopra le due guglie, su un fondo acquifero, gemella come il titolo Gemina rivela, al sole di vetro di Piacentini, in un ondeggiare fra raggi di notte lucente, appena barbagliati.

Pubblicato in: 
GN11/ 7-22 aprile 2009
Scheda
Autore: 
Wunderkammern
Titolo completo: 

Omaggio a Galileo Galilei
Simona Frillici, Gianfranco Grosso, Anette Haas, Franco Ottavianelli, Gianni Piacentini, Anton Roca
presentazione di Manuela De Leonardis
28 marzo - 11 aprile 2009
Via Gabrio Serbelloni 124 - Roma