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Genesis Piano Project al Crossroads. Progressive per doppio piano
Nella tranquilla e confortevole venue del Club Crossroads di Roma-Osteria Nuova, il 7 novembre 2014 due giovani pianisti statunitensi, i venticinquenni Angelo Di Loreto e Adam Kromelow, provenienti entrambi dalla Manhattan School of Music di New York, si sono esibiti nelle vesti del Genesis Piano Project. La loro performance è consistita nell’esecuzione su due pianoforti acustici dei brani più significativi della golden age più autenticamente progressive del celebre gruppo inglese di Peter Gabriel e Steve Hackett.
Il fine precipuo dei due pianisti, che hanno alle spalle un notevole training sia nella musica classica, sia nel jazz e si propongono anche come compositori in proprio, è quello di presentare in chiave acustica i brani più significativi dei Genesis, nella consapevolezza che sarebbe comunque poco sensato tentare di riprodurre come una copia carbone le sonorità del mitico gruppo di Gabriel, Hackett, Banks, Rutherford e Collins.
Del resto, ormai la musica dei Genesis ha sempre più l’aspetto di qualcosa di classico, ma con una sostanziale differenza rispetto alla musica “cólta” o “forte”, per mutuare un’espressione cara a Quirino Principe: mentre l'esecuzione di quest’ultima non è inscindibilmente legata ai compositori che l’hanno scritta, cosicché una partitura può essere eseguita e reinterpretata anche dopo la morte del compositore (Maurizio Pollini o Alfred Brendel possono benissimo interpretare in modo sublime Beethoven o Schubert), per l’ibridazione di rock sinfonico e progressive della band inglese si può ripetere quanto ha detto Walter Benjamin dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: la sua esistenza unica è legata al luogo in cui si trova.
Ovviamente qui il termine luogo va inteso metaforicamente, come simbolo della compresenza dei brani musicali con i musicisti che li hanno composti e che coincidono con gli esecutori. A nostro parere, l’unico modo per evitare questo problema non è insistere sulla fedeltà “filologica” agli originali, che rischia di tramutarsi in una sorta di brutta copia di quell'impossibile “unicità” o in abile esercizio di scuola, ma semmai proprio il contrario: ossia reinterpretare i brani del quintetto britannico andando ben al di là del concetto di cover, e sottoponendoli a quella che una volta Theodor W. Adorno ha paragonato a una fotografia a raggi X dell’opera, ossia a un’operazione che non si limiti a mostrare il mero scheletro del brano musicale per poi riprodurlo fedelmente, ma riesca a individuare la densità strutturale profonda della sua “armonia pura” per poi reinterpretarlo in modo originale.
Fedele a questa impostazione, il duo esordisce con “Watcher of the Skies”, tratto dall’album Foxtrot (con testi molto originali, ispirati a John Keats, James Joyce e Arthur Clarke): musicalmente, il brano, che nella versione originale si apriva con alcuni accordi del Mellotron Mark 2 a opera di Tony Banks, si dipana su una ritmica della forma 6/4 (in parte ispirata al modello ritmico di 5/4 della suite The Planets di Gustav Holst). Segue una parte poliritmica, dove il piano di Kromelow viene suonato in modo quasi percussivo, per rendere il cambiamento al tempo di 8/4.
Segue “The Lamia” (da The Lamb Lies Down On Broadway), pezzo dovuto anch’esso a Tony Banks, ed eseguito con maestria dai due pianisti. La successiva “In the Cage”, dallo stesso album, ispirata a un romanzo di Henry James, prosegue con la ricerca della mediazione tra melodia e ritmo, dove Di Loreto è più sul versante melodico.
Con “Seven Stones” (da Nursery Cryme) si passa a un brano melodicamente più complesso e palesemente influenzato dai King Crimson di In the Wake of Poseidon (in particolare per l'uso del mellotron, dovuto sempre a Banks. “More Fool Me” (Selling England By The Pound) viene addirittura cantata da Kromelow, con esiti invero dignitosamente modesti.
Dopo le elaborate “The Cinema Show” (Selling England By The Pound), “Dance On A Volcano” (A Trick Of The Tail e “Ripples” (A Trick Of The Tail), si passa all’apogeo del concerto: quella “Firth Of Fifth” (Selling England By The Pound) che costituisce l’epitome della sapienza armonica di Hackett e Banks. Si tratta di un brano alquanto complesso, che usa la serie di Fibonacci, derivante dal rapporto matematico noto come sezione aurea, sulla scia di compositori come Béla Bartók (Musica per Archi, Percussioni e Celesta) e Claude Debussy (La Mer e Cathédrale Engloutie).
È il numero stesso delle battute che si può ricondurre (benché approssimativamente) ai valori della serie di Fibonacci (...8. 13. 21. 34. 55...). Inoltre, i due assolo tastieristici del brano originale presentano una struttura fortemente asimmetrica, con segnature di tempo del tutto inusuali per un brano rock; hanno una metrica, in continua variazione fra binario e ternario, che conferisce loro una fortissima tensione dinamica.
L'ultimo brano del concerto è "The Musical Box", ossia il pezzo più rappresentativo di Nursery Cryme, incentrato su una macabra fiaba "vittoriana", in cui una ragazza uccide il compagno di giochi decapitandolo con una mazza da cricket. Il brano originale comincia con gli accordi di tre chitarre acustiche (suonate da Banks, Hackett e Rutherford), qui riprodotte dai due pianoforti con tocco lieve e smorzato; successivamente, il brano si snoda alternando successioni di sezioni acustiche e delicate con momenti più forti, quasi eruzioni vulcaniche dovute alla batteria di Collins e ai sapienti giri melodici della chitarra di Hackett. La sezione conclusiva approda a una vera climax, con alcuni passaggi strumentali che ricordano le sonate per pianoforte di Beethoven, particolare ben sottolineato in questa versione pianistica.
Il pubblico, per tutto il concerto composto e assorto, applaude con convinzione ed entusiasmo, richiamando i due musicisti per un bis: c'è ancora tempo per eseguire "The Carpet Crawlers" (The Lamb Lies Down On Broadway) che Di Loreto intona con la voce, certo senza voler emulare Gabriel, ma rendendo comunque il pathos neoromantico del brano.