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Hancock. Elettro-jazz con Blanchard
Elettro-jazz nella sala Santa Cecilia con Herbie Hancock e Terence Blanchard. L’Herbie Hancock Sextet suona all’unisono per circa due ore e mezza un jazz contaminato da variazioni soul, funky, blues e assoli di tutto il gruppo.
L’attacco del concerto è fulminante, con la sezione ritmica potentemente in primo piano e Blanchard che esce dal buio mentre i riflessi blu delle luci si distinguono sulla tromba modificata. L’ingresso del bocchino quasi scompare nella canna centrale mentre una lastra collega entrambe le canne incorporando i pistoni. Questo permette un più comodo appoggio delle labbra per il vibrato e di produrre gli acuti anche con la tromba china verso il suolo. A differenza di Dizzy Gillespie, la cui campana era volutamente piegata verso l’alto per ottenere quasi un sibilo nelle tonalità più acute.
Autori entrambi di colonne sonore celebri in tutto il mondo, da Blow up di Antonioni per Hancock a La 25° ora di Spike Lee per Blanchard, insieme al sestetto formato da Hancock con musicisti di prim’ordine, creano un’amalgama ricco di trasformazioni in una cornice di brani lunghi ed eleganti. Notturni e suadenti, come quasi tutto il jazz, sono gli strumenti anche quando entrano improvvisi nel telaio musicale centrale, come l’armonicista Gregoire Maret, che in effetti entra secco ma coadiuvato sia da Hancock sia dal chitarrista di origine africana, Lionel Loueke.
Le continue evoluzioni al piano di Hancock contraddistinte da un arrangiamento di base, percorrono i successi del passato come Cantaloupe Island, Wiggle Waggle o Chameleon, ed improvvisazioni moderne con sonorità tribali, specialmente nell’assolo della batteria di Kendrick Scott. Hancock da solo con luci rosa shocking di contorno, fa vibrare il piano come una sua estremità, in modo del tutto intimista e turbando il pubblico, rapito poi dalla commovente antica canzone africana su un bimbo morto intonata da Lionel Loueke.
Il contrabbasso suonato da James Genus che imbraccia il basso per tutto il concerto, è anch’esso modificato con la cassa come un violoncello, e si nota in apertura ed in Wiggle Waggle. Gli assoli di Genus accompagnano spesso il tappeto sonoro arricchendolo di sonorità rockeggianti che chiuderanno il concerto con un bis di venti minuti e Hancock alla tastiera da spalla.
Negli ultimi due album Then & Now: The Definitive Herbie Hancock e River, che ha vinto il Grammy come disco dell’anno in corso, Hancock assembla una serie di altri masterclass della musica: da Norah Jones a Tina Turner, fino a Leonard Cohen con Wayne Shorter al sax soprano e tenore mentre Joni Mitchell compone musica e testi.