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M.I.T. Festival Elettro al Parco della Musica. Soap&Skin in turbine
Il Festival della musica elettronica M.I.T. è approdato al Parco della Musica di Roma per invaderlo (senza eufemismi) per un giorno intero, l’11 aprile 2010, fino a notte tarda. La kermesse di concerti è stata varia: quelli che abbiamo seguito in particolare sono stati: Alessandra Celletti, Wild Beasts, Soap&Skin Ensemble. Il Tribute to Nico dedicato da John Cale con Lisa Gerrard ed una superlista di partecipazioni segue nella seconda parte sul M.I.T.
Alessandra Celletti ha eseguito parecchie cover – insieme a brani suoi - da Yann Tiersen, in particolare La Valse d’Amélie che il pubblico ha riconosciuto, Ludovico Einaudi, Philip Glass e Nyman mentre i Wild Beasts hanno colpito il pubblico con un sound ritmato e delle chitarre innumerevoli e modificate (in particolare il bassista che produceva un suono particolarmente acuto).
Il concerto strabiliante però è stato quello della ventenne austriaca Anja Franziska Plaschg alias Soap&Skin, che si è poi spostata nella Sala Santa Cecilia per il Tributo a Nico cui anche partecipava. Si è creata quindi una concomitanza di concerti nello stesso orario (le 22), che hanno non solo afflitto le entrate/uscite dalle sale, ma anche la stessa possibilità del pubblico interessato a seguire Soap&Skin (in programma dalle 21.30) ed il Tribute to Nico alle 22. Sarebbe bastato anticipare l’uno e/o posticipare l’altro.
In entrata Soap&Skin si presenta al buio insieme al suo Ensemble di archi e di fiati: torce sul viso e tutti vestiti di nero. Il concerto inizia con i glissando degli archi: due violini, un contrabbasso, un violoncello ed una tromba più backing vocal femminile. Lei inizia a cantare nel buio cadenzato dal blu, quasi shocking come quello della A rovesciata dietro la sua tunica ricamata di cintoni neri in pieno gusto gothic. Quasi tutti i brani provengono dal primo album Lovetune for Vacuum (2009) ad iniziare dallo strumentale Turbine Womb.
Attrice nella pièce dedicata a Nico – di cui ha interpretato Tananore nel Tribute – ovvero Nico La Sfinge di ghiaccio di Werner Fritsch a Berlino e Vienna, si contraddistingue per una voce potente e permeata di velenoso dolore, a volte candido come quello di Kate Bush, a volte stranito come la voce rantolante di Björk eppur tenebroso come P.J.Harvey. Nonostante le interruzioni a metà brano da parte di ragazzine urlanti e con molto liquido di fuoco (come dicevano gli indiani pellirossa) nelle vene, Soap&Skin ha suonato e cantato per un’ora e dieci dimostrando che l’età non c’entra nulla con la bravura e la concentrazione.
L’eccelsa performance di dolore misto ad una carica infettiva e distruttiva – specialmente nel brano ultimo con cui ha concluso, la Marche Funèbre – ha devastato l’audience per certi versi non preparata a tale concessione. Ritmi incalzanti e rullanti fino all’inverosimile su un tappeto elettronico che urlava con una Anja impossessata – a ragione aggiungo - dal furore (cfr. foto), fa intendere quanto quei versi le corrispondano e la rendano statuaria di fronte a tante anime morte:
They said: Rank the wall
Bad weeds grow tall
Hold on skin, fold on
Dissero: allineati/ L’erba cattiva cresce alta/ Resisti pelle, piegati
O come Thanatos, un brano che ha avuto altrettanto successo: “I swell without a scar /to the end of time/ A shell without a star at the end of time (Mi dilato senza una cicatrice/ fino alla fine del tempo/ Una conchiglia senza una stella alla fine del mondo). Oppure lo struggente lamento di un bambino in Spiracle che termina con due versi illuminanti nella loro tragedia narrativa: When I was a Child – I am a Child (Quando ero un bambino/ Io sono un bambino).
Altri brani perturbanti come Fall Foliage, Sleep, The Sun, tutti terribilmente ed inesorabilmente votati ad una ricerca interiore – aldilà della tecnica da conservatorio di cui si nota la dotazione anche nella scelta dell’Ensemble accurato – che affronta prima di tutto i propri deliri, coevi ed intrinseci alla liquidità sociale su cui siamo innestati, gli uni con gli altri, senza purezze di sorta.