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Teatro Nazionale. Il re nudo oppure i sudditi suini
In due atti la satira politica di Il re nudo su musica di Luca Lombardi e libretto di Sandro Cappelletto. Alle voci Elio nella parte di Elio e Danilo Formaggia (Marco Frusoni il 31 marzo) in quella di Gabalo. La Principessa è Sonia Visentin (il 31 Lucia Vaccari) e Paolo Coni come Re padre. Alla regia il russo Dimitij Bertman e sul podio Enrique Mazzola.
Il rosa del palcoscenico si rifletterà subito nel rosa antico delle maschere da porcelli del protagonista Elio, il giovane porcaro che s’innamora della voce della Principessa. La corona sullo sfondo, anch’essa bianca, campeggia a ricordare che l’ambito premio è quello, di seguito al matrimonio con lei.
Le scene ed i costumi di Lena Lukjanova dipingono uno strambo convivio tra le dame di corte in abiti svolazzanti e bianchi con capelli fucsia à la Nina Hagen, e annessi seni finti e puntuti (il reggiseno a cono) del Blonde Ambition Tour di Madonna disegnato da Jean Paul Gaultier, agli abiti dei contadini su uno sfondo minimal-white. La Principessa, vestita da rockstar, si adorna con una capigliatura cotonata ed abiti ispirati a Vivienne Westwood, in particolare un lungo abito bianco, aperto su attillatissimi fuseaux anni '80.
L'autore della commedia, Evgenij Schwarz ha scritto Il re nudo nel 1934, in piena epoca staliniana, seguito da Il drago e L'ombra, compondendo la Trilogia del potere, che ci chiediamo come possa essere stata rappresentata, allora come oggi. Il passo è breve infatti nella lettura, soprattutto ascoltando l'eccezionale Sonia Visentin nella parte della Principessa Eliana, cantare (riferendosi ad Elio): “I porci sono i suoi sudditi e i sudditi uno li chiama come vuole. Sudditi maiali?”
Il topos fondamentale e attorno cui ruota la storia è quindi il superamento della barriera di classe oltre al climax centrale del re che tutti fingono di vedere vestito nonostante sia evidente la sua nudità. Nudità come camouflage del potere che continua ad operare anche se palesato nei suoi intenti, che solo la voce innocente del bambino disvela denunciando la verità. L’avviso del coro finale fa un riferimento preciso alle tre scimmiette (non guardo, non vedo, non sento): “Che gran fessi questi umani, sempre pronti a non vedere, non parlare, non sentire, per poi farsi abbindolare dai Re nudi!”
Lo spettacolo è un coacervo di citazioni alla Eliot ma in forma parodica, che nel primo atto ha ritmo sia musicale, con Lombardi che intreccia Puccini con Weill, sia dialogico-recitativo che cantato, soprattutto con la caratterizzazione modulare alle scene e variabile nei toni della Principessa di Sonia Visentin.
Il secondo atto, seppur con l’entrata in scena delle fantomatiche Sturmtruppen del Re Teodoro, il promesso sposo caratterizzato in modo macchiettistico da Nicholas Isherwood, che s’insinuano nel pubblico con gli elmetti dipinti a fiori gialli, è più debole e tende alla prolissità. Nonostante il personaggio della Pentola (Alessandro Svab) che viene ricordato di tanto in tanto ne rivoluziona, stupendo, la recita, in complesso sa un po’ di stantìo ed antico mentre la verve fetish della Governante Margherita Settimo frastorna piacevolmente il sindaco ed il pubblico col frustino.
Ora, come tutte le satire, questo Re nudo dovrebbe farci riflettere sui nostri, plurimi, re nudi che tutti vedono e denunciano, e seppur dichiarati (e quindi re-i) nulla succede: che ci si debba appellare al porcaro Elio per farli ghiandificare da qualche altra parte?