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FestArte. La comunicazione in absentia
La terza tappa della VI edizione di FestArte ci accoglie di nuovo negli spazi multidimensionali di Rialtosantamrbrogio ed è curata da Alessia Albani e Riccardo Sandonà. Il titolo 3Monkeys non vedo, non sento, non parlo è esso stesso un ossimoro. Si vedrà, si sentirà (anche fisicamente) e si parlerà, prima e dopo.
Molto vicino alla realtà il sottotitolo Lasciati toccare, perché in definitiva l’impressione, soprattutto dalla prima sala dove si ascoltano pièces teatrali mute con le cuffiette che ci dicono cosa suggeriscono gli attori con le labbra, è del tutto coinvolgente. Si comincia con la bravissima Elena Giovagnoli, attrice, regista e direttrice di una compagnia, il Teatro Atlantide, ed il suo Bi-sogno. Intellettuale gioco di parole che rimanda tassativamente ad un brano. La canzone che intona poi è un sostrato del desiderio reiterato dall’impossibile dialogo con uno specchio senza lastra di vetro, che però impedisce nondimeno la comunicazione con l’altro.
Chiara Moretti, col suo Breve parentesi di un fremente soliloquio, invece inalbera una diatriba anche fisica col pubblico che indossa delle mascherine da scimmietta per riprendere il titolo della rassegna. Coloro che l’hanno tirata giù e si sono scoperti, saranno i più bersagliati, proprio come ci si poteva aspettare da un evento che cerca l’interazione col pubblico e riesce sicuramente ad instaurarla. Il ragazzo innamorato della luna, Antonio Innocente con Moon Love ed Edoardo Tabanelli, con Anche le orecchie hanno gli occhi, il finto cieco che si srotola nel percorso fra il pubblico, sortiscono un effetto di intermezzo e addirittura di chiusura l’ultimo.
Prima di questo però Rita Felicetti e Chiara Albanese, con Ti cerco ti trovo ti lascio, il paradosso dell’ascolto, inscenano forse l’episodio più riflessivo sulla comunicazione assente. Continuando a litigare in modo molesto ma superficiale, catturano con la loro maestrìa nella recitazione una completa attenzione del loro oggetto di desiderio: l’audience. Rircordandogli però quello che in realtà non fa: ascoltare. L’affiatamento fra le due attrici permette infatti di comprendere quanto si sia distanti nell’isterismo di una richiesta che non può che essere soddisfatta spontaneamente, e non di certo perché reiterata ossessivamente.
La drammaticità di questa inoppugnabile verità ci conduce ad un ballo tribale con Olivia Fantuzzi e Alessio Jodi Capitani, che al buio consola con i suoi movimenti tecnici e le sue luci al neon, risplendenti sui ballerini come piccoli segni di luce-gioiello. L’ultimo episodio è un video che proietta una persona non udente mentre recita brani di poesie e balla ascoltando solo le onde sonore tattilmente. Una sinergia ed una sinestesia tra suoni, video, movimenti in un crescendo di sconvolgente flessuosità che cattura l’attenzione intima, e scuote la nostra emotività.
Una nota di merito al progetto FestArte di Lorena Benatti per aver coinvolto veri giovani (adulti) come curatori, assemblatori, musicisti, creativi, artisti su una piattaforma comune e per aver fatto partecipare l’istituzione del Comune di Roma a questo progetto culturale e creativo.