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Roma. Opera alle Terme di Caracalla. Il triangolo sacrilego della Norma
Grande serata quella del 03 agosto 2012 alle Terme di Caracalla di Roma in cui è andata in scena la Norma di Vincenzo Bellini. Nonostante sia il capolavoro assoluto del compositore siciliano, la storia di quest’opera non è tra le più felici: la prima che si attuò al Teatro alla Scala di Milano (26 dicembre 1831) fu fischiata.
Questo a causa non solo di un’orchestra che funge da accompagnamento per la voce, ma soprattutto per l’eccessiva rigidità drammaturgica che, unita alla musica, rendeva il tutto molto statico. C’erano, inoltre, anche molti problemi ‘tecnici’ come ad esempio la soprano (Giuditta Pasta) che non era nella sua forma migliore e, soprattutto, la mancanza di un concertato alla fine del primo atto (sostituito dal terzetto "Ah! di qual sei tu vittima", cosa che già all’epoca lasciò il pubblico perplesso).
La trama, come già anticipato, ha in sé una struttura molto rigida: è la vicenda di Norma (Julianna Di Giacomo), druidessa della Gallia, che (nonostante il suo voto di castità), ha avuto in segreto due figli dal proconsole romano Pollione (Fabio Sartori). Egli, però, ama Adalgisa (Carmela Remigio), una giovane ministra del tempio d’Irminsul che non solo lo ricambia (nonostante il suo suo voto), ma per la quale vuole lasciare la protagonista. Solo quando entrambe le relazioni sacrileghe vengono alla luce all’interno di questo ‘triangolo amoroso’ inizierà la vendetta di Norma che culminerà con il suo sacrificio.
La drammaturgia viene definita rigida e statica per un motivo: le pause. Ben chiaro è il punto d’arrivo della tragedia (la morte della protagonista), ma lungo è il percorso prima di arrivarci. La musica stessa, infatti, dona questa sensazione: un susseguirsi di arie, duetti e corali che ‘freddano’ la svolgersi degli eventi. L’ascolto quindi risulta essere piacevole, ma non anticipa o manda avanti l’azione.
Fortunatamente la direzione del maestro Gabriele Ferro è riuscita a rendere dinamico il tutto grazie ad un suono molto corposo e ben impostato.
La messa in scena del regista Andrea De Rosa ha ulteriormente amplificato la rigidità dell’opera non solo per l’interpretazione classica data, ma anche grazie all’inserimento di pochi elementi minimalisti. Questi ultimi sufficienti per definire lo spazio in cui erano i personaggi: ad esempio, il sacro tempio d’Irminsul era rappresentato da un albero sacro completamente spoglio.
L’elemento registico non ha colpe poiché è collegato sia alla musica sia alla drammaturgia stessa le quali, essendo ‘rigide’, donano tale sensazione anche in scena. Fatto sta che, nonostante tali presupposti, le Terme di Caracalla e il minimalismo registico sono state un accoppiata vincente poiché hanno permesso al pubblico di avere la giusta suggestione.
Non dimentichiamo, infatti, che Bellini e le sue melodie sono musica allo stato puro (inteso come senza tanti riferimenti sottintesi) e, in questo senso, è stata vista la Norma dal regista: una messa in scena immersa più nello sfondo romano che sul palcoscenico.
Tale effetto, comunque, non sarebbe stato possibile senza il supporto di un grande cast: nota di merito va a Carmela Remigio (Adalgisa) il cui canto, ogni anno, risulta sempre più limpido, chiaro e perfetto. Nulla da dire in merito a Julianna Di Giacomo: una Norma non sempre vocalmente in forma (poco convincente la sua “Casta Diva”).
La Norma resta un colosso incrollabile della storia della musica, ma lo stile compositivo di Bellini va capito e, di conseguenza, anche le sue letture registiche, cercando di collegare entrambi gli elementi. La sua orchestra non è devota a grandi cambiamenti armonici, ma è uno scrigno ‘frizzante’ di melodie che, anche se si somigliano le une con le altre, rendono sempre piacevole l’ascolto. In breve “Norma” può piacere e non piacere, il tutto sta nel presentarla bene.