Supporta Gothic Network
Roma. Palazzo Barberini. Il nuovo allestimento dell'Ala sud
L'Ala sud di Palazzo Barberini si è ricongiunta al resto del museo tre anni fa dopo una gestione del Ministero della Difesa durata più di ottant’anni, ora dopo un lungo restauro accoglie una parte della collezione permanente in un nuovo allestimento. In precedenza l’Ala sud aveva accolto da maggio a ottobre 2018 la mostra prodotta dalle Gallerie Nazionali in collaborazione con il MAXXI, Eco e Narciso, che metteva a confronto arte antica e arte contemporanea con opere provenienti dalle collezioni dei due musei nazionali.
Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica che comprendono Palazzo Barberini e la Galleria Corsini, durante la presentazione alla stampa ha affermato che il nuovo allestimento, a cura sua e di Enrico Quell con Maurizia Cicconi e Michele Di Monte, sarà il modello con cui rinnovare quello dell'Ala nord. In futuro pensa ad una risistemazione anche della biglietteria, del bookshop e di aprire una caffetteria. Palazzo Barberini conserva ancora la cucina del Circolo ufficiali, di cui però bisogna rifare gli impianti e ha sul retro un ampio e incantevole giardino in cui è collocata anche una serra, troppo piccola però per ospitare la caffetteria.
L'Ala sud ha superfice di 750 mq divisa in dieci sale, l'allestimento delle 78 opere è stato pensato su un unico “registro”, cioè su una unica fila ad una altezza che consenta una fruizione visiva ottimale per il visitatore, c'è un nuovo sistema di ancoraggio che ogni sei mesi permetterà la parziale rotazione degli apparati permanenti. C'è anche un nuovo sistema d'allarme, inoltre ogni opera ha una scheda e non solo il semplice cartellino con il titolo e il nome dell'autore, scheda che offre al visitatore la possibilità di approfondire la conoscenza dell'opera. L'illuminazione è stata rinnovata, quella naturale dell'Ala sud è stata schermata da una pellicola sui vetri e da tende che consentono un migliore apporto di luce. Inoltre le opere sono state riviste e ove occorreva restaurate come nel caso de Il ricco Epulone di Mattia Preti, il restauro ha fatto riaffiorare la piattaia in peltro sullo sfondo scuro.
Si accede dalla Sala del Trono che ospita tele di notevoli dimensioni: di Carlo Viva, la copia dell'affresco vaticano de La battaglia di Costantino e Massenzio di Giulio Romano, e di Giuseppe Belloni Le nozze di Peleo e Teti e Bacco e Arianna, due copie commissionate dal cardinale Francesco Barberini per sostituire quelle del Romanelli (1610-1662). Le opere esposte nelle prime sale sono dedicate al Barocco e alla transizione al Classicismo settecentesco, la prima è significativamente dedicata a Teatro e pittura uno tra i più intriganti di questo periodo, non solo perché molti degli esponenti furono anche scenografi teatrali, un solo nome per tutti quello di Bernini, maestro delle scenografiche architetture effimere di derivazione rinascimentale. La teatralità delle composizioni pittoriche era ottenuta dalla composizione della scena insieme all'uso dei tendaggi e della luce. In questa sala nella rappresentazione domina la sensualità, nelle due opere di Guido Cagnacci (1601-1663), la carnalità morbosa di Maria Maddalena e quella ingannatrice di Giuditta e Oloferne, che riprende la tradizione per cui Oloferne sarebbe stato sedotto in primis dalle scarpe di Giuditta, messe in noncurante rilievo dal pittore. Di fronte c'è una seducente Venere che suona l'arpa di Giovanni Lanfranco (1582-1647), anche in questa pittura è in rilievo la scarpa su cui è posato un ammiccante piede nudo, una scarpa assimilabile a quella di una cortigiana, aspetto evidenziato dalle scarpe veneziane del XVII sec.esposte nella sala, calcagnini del tipo indossato dalle cortigiane.
Non poteva mancare la pittura napoletana che muovendo dal realismo caravaggesco poneva in risalto ossessivo il corpo umano ostentandone in modo morboso tutti gli aspetti, tra gli autori esposti in questa sala Luca Giordano (1634-1705) con il Filosofo e Jusepe De Ribera (1591-1652) con San Giacomo Maggiore. Di Francesco Solimena (1657-1747) c'è La cacciata di Eliodoro dal tempio, che ha come modello di ispirazione l'affresco omonimo di Raffaello nelle Stanze del Vaticano, è uno dei bozzetti a olio su tela appartenenti alla collezione permanente. I bozzetti da sottoporre alla committenza prima della realizzazione dell'opera in grande sono un argomento di notevole importanza nello studio della storia dell'arte e nella collezione permanente ve ne sono vari esempi. Una stanza è dedicata a Mattia Preti (1613-1699) di cui oltre alla tela, Il ricco Epulone già citata, sono esposte La fuga da Troia e la Resurrezione di Lazzaro a cui si aggiungerà alla fine della mostra in corso, Il trionfo dei sensi, L'allegoria dei cinque sensi. La sala Roma 1670-1750 è dedicata alla transizione dal Barocco al Classicismo di cui si hanno interessanti esempi, dall'eloquio magniloquente di Carlo Maratti di cui sono esposti San Paolo e San Giovanni evangelista (1625-1713) ai toni più blandi e anche ironici di Marco Benefial (1684-1764) pittore romano di cui ricordiamo tra le opere esposte il dittico degli amori infelici, Piramo e Tisbe e Ercole e Onfale. C'è anche il bozzetto preparatorio della tela per la Cappella Boccapaduli in S. Maria d'Aracoeli, Santa Margherita da Cortona ritrova il cadavere dell'amante, momento nel quale avendo ascoltato la voce di Dio, sarebbe avvenuta la sua conversione. In questa sala c'è anche il busto di Clemente X Altieri di Bernini in una nuova collocazione che lo ponga in maggiore evidenza. Impreziosisce la sala l'affresco sul soffitto ad opera di Giuseppe Bartolomeo Chiari (1654-1727) che ha come soggetto favolosa Nascita di Pindaro. Il tema fu probabilmente indicato dalla committenza per celebrare l’eloquenza poetica di Urbano VIII e dei Barberini, in quella che era la camera d’udienza dei cardinali della famiglia.
La sala successiva è dedicata a Pompeo Batoni (1708-1787) e a Pierre Subleyras (1699-1746) entrambi famosi per i ritratti del primo ci sono alcuni esempi come il ritratto di Abbondio Rezzonico ma anche Agar e l'Angelo un delicato e seducente esempio di classicismo. Del secondo c'è un Nudo femminile di schiena, un dipinto che anticipa i soggetti e la concezione pittorica dell'ottocento. Due sale sono dedicate alle vedute, nella prima si trovano i vedutisti veneti da Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768) a suo nipote Bernardo Bellotto (1721-1780) a Francesco Guardi (1712-1793). La veduta, destinata soprattutto ai viaggiatori del Grand Tour e al mercato estero, acquisisce l'uso della camera ottica che segna una tappa importante nel rapporto tra arte e scienza. L'abilità scenografica di Canaletto coniugata all'uso della camera ottica dà l'illusione del realismo, le vedute, infatti, non sono dipinte en plein air, bensì meditate su appunti dal vero e costruite in studio. Segue la sala con le vedute romane di cui è protagonista assoluto Gaspar van Wittel (1653-1736), noto col nome italianizzato in Vanvitelli e anche come “Gaspare dagli occhiali”. È un altro esempio di rapporto tra arte e scienza, grazie alle lenti perfezionate in Olanda dalla seconda metà del Seicento, l'artista olandese, esperto cartografo, abile nel rilievo architettonico e memore della tradizione paesaggistica fiamminga, creò una serie di vedute che da allora segneranno l'immagine di Roma. Non poteva mancare una sala dedicata a Il Grand Tour ineludibile tappa della formazione dei nobili e degli studiosi nella seconda metà del Settecento. Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) ebbe un ruolo fondamentale in quanto creatore della moderna disciplina della storia dell’arte e dell’archeologia, riconoscendo nell’antichità classica un modello di perfezione assoluta. Ne sono un esempio l'allusivo Ritratto di giovane donna in veste di baccante di Angelica Kaufmann (1741-1807) e la classicità reinventata in Giove e Ganimede di Anton Mengs (1728-1779). Nella sala ricordiamo anche l'olio su tela de La cascata di Tivoli di Jakob Philipp Hackert (1737-1807) un precursore della pittura en plein air, ricordiamo che l'uso dell'olio rendeva questa pratica più complessa rispetto all'acquerello di tanti, anche dilettanti, in un'epoca in cui non c'erano ancora i tubetti di stagno dei colori inventati nel 1841.
Una sala è anche dedicata ai bozzetti, usati dagli artisti per avere il parere favorevole della Committenza o per ottenerne un incarico prestigioso e remunerativo, per questo spesso erano più curati dell'opera finale, che poteva trovarsi ad una altezza tale da non potere distinguere i dettagli. Una sala è appunto dedicata alla Donazione Fabrizio e Fiammetta Lemme, che nel 1998 donarono alla Galleria Nazionale di Palazzo Barberini, una collezione che riunisce una serie notevole e coerente di modelli di presentazione di opere realizzate per alcune tra le più importanti imprese decorative della Roma del XVIII secolo. Ci sono quelli per il ciclo del soffitto della Basilica di San Clemente, voluto da papa Clemente XI, realizzati da Giuseppe Chiari (1654-1727), Sebastiano Conca (1680-1764) e Pier Leone Ghezzi (1674-1755), allora tra glia artisti più importanti a Roma. Tra i vari bozzetti sono anche presenti quelli di Antonio Cavallucci (1752-1795) per la Chiesa di San Martino ai Monti e di Domenico Corvi (1721-1803) per la cappella dell’Addolorata in San Marcello al Corso. In conclusione ci auguriamo che in un prossimo futuro ci sia la possibilità di realizzare quanto anticipato dalla direttice Flaminia Gennari Santori e auspichiamo anche un abbonamento al Museo, come già avviene altrove, che offra non solo la possibilità di tornare a vedere i capolavori che contiene ma anche di soffermarsi nella caffetteria o nel giardino, opportunamente attrezzato.