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Royal Affaire e La religiosa. La lezione del settecento in pellicola
Ogni tanto al cinema torna di scena il Settecento, secolo fondamentale per la modernità in cui viviamo ancora oggi e per la costruzione di una società che mettesse gli esseri umani e i loro diritti al centro. In questo inizio di autunno, due film ambientati nel Settecento sono usciti nelle nostre sale: il danese Royal affair e il francese La religiosa, il primo ispirato ad un fatto reale e poco noto della storia del Nord Europa, il secondo tratto dal classico illuminista di Denis Diderot, che sperimentò sulla sua pelle e su quella di sua sorella il dramma delle monacazioni forzate.
Entrambi i film fuggono dalle trappole del melodramma in costume, raccontando vicende, per lo più al femminile, di rivendicazione di diritti universali in un mondo a misura d’uomo, dove a fatica la modernità cominciava a scalfire tradizioni e poteri statici vecchi di secoli.
Royal affair di Nikolaj Arcel racconta la storia poco nota della principessa inglese Caroline Mathilde (la rivelazione Alicia Vikander), costretta a sposare il cugino un pò folle Christian VII di Danimarca, trovandosi in un Paese e in una corte arcaici e in preda al peggiore bigottismo religioso. L’aiuto del medico tedesco Struensee (l’ormai star internazionale Mads Mikkelsen), cercherà di portare un po’ di modernità e di idee illuministe, ma la relazione che lo unirà alla regina perderà entrambi, e toccherà ai figli di Caroline riportare avanti la Danimarca ripiombata nel Medio Evo dopo l’allontanamento e poi la morte della regina.
La religiosa di Guillaime Nicloux è incentrato invece su Suzanne (la bravissima Pauline Etienne), figlia minore di una famiglia di nobili di campagna, che viene spinta fin da ragazzina verso la vita in convento nonostante non ne abbia la minima inclinazione, anche con il ricatto di dover espiare il fatto di essere una figlia adulterina. Suzanne si troverà a dover fare i conti con ricatti e cattiverie, misteri e follie, con tre madri superiore, una amorevole ma ambigua, l’altra giovane e sadica, la terza ossessionata da lei fino alla follia (l’ottima Isabelle Huppert), finché non riuscirà a far revocare i suoi voti e ad iniziare una nuova vita.
Royal affair e La religiosa sono due film che raccontano storie che sembrano lontane, ma che sotto crinoline, cavalli e usanze ormai remote, parlano di problemi ancora attualissimi. La lotta del dottor Struensee e della regina Caroline Mathilde per inserire vaccinazioni obbligatorie e istruzione, primo passo per creare un mondo in cui la gente non fosse più analfabeta e non morisse per malattie, non è forse metaforica di un oggi in cui certi poteri vogliono far credere che scuola e sanità pubbliche siano lussi sacrificabili di fronte allo spread? Suzanne che si ribella ad integralismo, bigottismo e prevaricazioni non ricorda forse le tante donne, vittime da sempre di tutti gli estremismi religiosi, ancora presenti oggi? La religiosa è stato accostato a Magdalene di Peter Mullan, che però si riferiva a situazioni dell’Irlanda del Novecento, non della Francia prima della Rivoluzione francese.
Nel Settecento si stabilirono, con l’Illuminismo e le rivoluzioni, che certi comportamenti erano inaccettabili e che certi diritti erano inalienabili. Una lezione che a volte ci si dimentica anche qui in Occidente, culla di questo movimento.