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Teatro Belli. Turing e la grazia conquistatrice della mela
Due spazi divisi dal buio: la sala del processo e la stanza dove dialoga con la madre. Gianni De Feo interpreta il genio dell’intelligenza artificiale, Alan Turing, in Alan Turing e la mela avvelenata, un monologo diretto da Carlo Emilio Lerici e scritto da Massimo De Vincenzi. Il giudice impietoso della voce fuori campo è Stefano Molinari al Teatro Belli fino al 5 aprile.
La rassegna Garofano verde scenari di teatro omosessuale a cura di Rodolfo di Giammarco, e che da varie edizioni solca il pacoscenico del Belli, presenta questa volta la parabola discendente di un genio matematico, e ricordiamo il successo dell’appena concluso Festival della Matematica al Parco della Musica. Molto simile alla parabola di Oscar Wilde, rinchiuso per due anni al carcere di Reading per atti osceni, accusato dal marchese di Queensberry padre dell’amante Lord Alfred Douglas, Bosie, Turing viene accusato di perversione dal tribunale dello stesso paese che l’aveva insignito poco prima dell’Ordine dell’Impero Britannico e reso membro della Royal Society. Fu condannato alla castrazione chimica e due anni dopo, nel 1954, a 41 anni, morì nel suo laboratorio dopo aver morso una mela avvelenata al cianuro di potassio.
“Non ci sono maschere sociali che proteggano dall’amore vero”, e l’amore vero per Alan Turing sono gli uomini quanto i numeri come conferma un altro brano della pièce, recitata pregevolmente da Gianni De Feo, stavolta nella parte della madre (lui di profilo): ”Alan dice che le macchine pensano.” E lui risponde: “Le macchine pensano, mamma, hanno uno schema logico come noi, ma non hanno uno spirito od un cuore come noi.” E soprattutto non hanno lo spirito di Christopher Morcom, compagno di studi e beloved (amato) dall’inizio: “Faceva sembrare tutti gli altri così ordinari”. All’improvviso però Chris muore, è il 1930 e Alan l’anno dopo entra a Cambridge. Per tutta la vita lo ricorderà con le parole di speranza che seguono: “Sento che lo rincontrerò di nuovo da qualche parte. E’ andato a fare qualcosa d’importante”. Era dotato, come dirà Turing prima di mangiare la mela, di una grazia conquistatrice, la stessa della mela rossa di Biancaneve che amava tanto nella versione disneyana, e che altri, attraverso le sue stesse mani, hanno avvelenato.
La voce del processo (Stefano Molinari) e la voce della madre, che fino all’ultimo dichiara che il figlio si è avvelenato per sbaglio e che ha tutta la nostra comprensione, sono due voci dicotomiche. L’una accusa, l’altra sorregge, sebbene Turing sembra non aver avuto una vera corrispondenza dialettica con lei a livello profondo. Le musiche originali di Francesco Verdinelli ci lasciano ondeggiare sulle immagini di Biancaneve e sul dramma di uno scienziato condannato per la propria – grandissima - umanità, la cui unica consolazione risiedeva nelle favole, dove, si sa, ci si sveglia sempre dopo aver morso una mela.
Alan Turing e la sua macchina
Approfondiamo ora perché Alan Turing è stato dichiarato lo scopritore dell’intelligenza artificiale. A parte il decriptatore Colossus, che fu usato dagli inglesi durante la seconda guerra mondiale per decifrare le comunicazioni del sistema tedesco Enigma, turing fu ed è celebre soprattutto per la Macchina di Turing, un esperimento elaborato nel 1936.
Turing propose di effettuare un test in cui, tramite una telescrivente (oggi si usano i computer), un umano ed un dispositivo di calcolo comunichino scegliendo una serie di simboli come risposta alle domande dell’umano. Nei test odierni, a parte l’uso del computer, le domande poste alla macchina possono essere complesse e così le risposte: nel momento in cui una di queste risposte date dalla macchina saranno riconosciute come “umane”, la macchina avrà superato il test di Turing.
In realtà questo test si configura come esponente della teoria meccanicistica sulla mente, ovverosia basandosi su un paragone tra stati mentali e processi di calcolo, lasciando in sospeso tutta una serie di caratteristiche umane, come la coscienza, l’intenzionalità e tutti gli stati psicologici che compongono e caratterizzano l’intelligenza umana.
La macchina di Turing è legata agli esperimenti sull’intelligenza artificiale, alle reti neurali e al connessionismo.che usa le reti neurali per dimostrare i sistemi di elaborazione del cervello e riprodurli. Attraverso le “connessioni” neurali, che si avvalgono di una memoria statica contenente le informazioni e di un elaboratore centrale, si riproducono le risposte ai segnali di ingresso (“le domande”). Queste reti nelle intenzioni forniscono un modello di comportamento dinamico che imita quello umano.
“Eliza”, un elaboratore che si trova su Internet ha passato il test di Turing presentandosi come un specie di psicoterapeuta ante-litteram: i ragazzi della scuola di Camp Rogers gli ponevano delle domande sui loro problemi da adolescenti, il rapporto col sesso, con i loro amici e lei rispondeva traendo spunto dalle loro risposte. Per esempio: “Il mio ragazzo dice che sono depressa e non so se crederci oppure no.” Ed Eliza dice:” Veramente, e come mai?”, e la ragazza: “Si, perché sto tutto il giorno in casa e non voglio uscire.” Eliza: “ Come mai non vuoi uscire?”, e così via. In sostanza Eliza “non risponde” ma ripete quello che le suggerisce la domanda posta dalla ragazza che ha creduto di essere in comunicazione con un essere umano.