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300 - L'Alba di un Impero. Epica, sangue e fumetto
Un'armata imponente minaccia la patria della democrazia. A fronteggiarla piccole città stato divise dai loro interessi particolari, ma unite dal bene supremo: la libertà, ad ogni costo. Temi epici filtrati, non senza patine di superficialità, dal tessuto cross-mediale del cinema che attinge al fumetto. E viceversa. Nelle sale italiane dal 6 marzo, 300 – L'Alba di un Impero è il secondo capitolo del fortunato film di Zack Snyder, 300 (2007), tratto dall'omonima graphic novel di Frank Miller. Stavolta il regista di Watchmen (2009) e L'uomo d'acciaio (2013) si limita a co-produrre il film e a firmare la sceneggiatura insieme a Kurt Johnstad, mentre la regia è affidata all'israeliano Noam Murro. Il risultato non delude i fan ma patisce il confronto con il film precedente.
Non un sequel, non un prequel, bensì il racconto dell'altra faccia della guerra fra greci e persiani all'inizio del V secolo a.C., quella combattuta in mare a largo delle coste balcaniche. Un racconto in chiave fumettistica che, al contrario del primo film, stavolta anticipa l'uscita della graphic novel di Frank Miller, dal titolo Xerxes. Mentre sulle Termopili Leonida e il suo proverbiale esercito sbarrano il passo alla fanteria persiana, Temistocle (Sullivan Stapleton), non re bensì condottiero e uomo politico ateniese, convince con abile dialettica l'arcontato ad entrare in guerra contro gli invasori. Raduna un naviglio esiguo – rispetto all'imponenza oceanica di quello persiano – eppure estremamente agile e letale. Come suo avversario diretto si trova a fronteggiare la temutissima Artemisia (Eva Green), il braccio destro del dio-re Serse (Rodrigo Santoro) – il cui padre, Dario (Yigal Naor), cadde trafitto da una freccia scoccata proprio da Temistocle durante la battaglia di Maratona – nonché donna di incredibile bellezza, greca di sangue ma decisa a vendicarsi contro il suo stesso popolo per averla sottoposta, quand'era bambina, a indicibili torture. L'esercito di Temistocle, nonostante la netta inferiorità numerica, si fa onore sul campo, sbaraglia buona parte della flotta persiana ma subisce ingenti perdite. Nel frattempo Leonida e i 300 cadono traditi da Efialte (Andrew Tiernan). La capitolazione della Grecia sembra inevitabile. Ma proprio quando la flotta ateniese, ormai unico, stremato, bastione rimasto, sta per crollare sotto l'ennesima offensiva di Artemisia e della sua armata, giunge in aiuto l'esercito spartano guidato dalla regina Gorgo (Lena Headey). È l'alba dell'impero ateniese.
Nonostante l'evidente sforzo di articolare una trama avvincente e leggibile separatamente dal primo 300, il confronto fra i due film è inevitabile. E 300 – L'Alba di un Impero esce sconfitto su quasi tutti i fronti. L'impatto del primo traeva forza dall'idea inedita di mischiare fumetto e mito, azione ed epica. Qui, invece, quell'idea appartiene alle premesse e il campo di innovazione è ridotto a dettagli di plot e iperboli effettistiche. La differenziazione fra i due eserciti è posta con criterio ma non è sufficientemente approfondita, sfaccettata. Se è vero che gli ateniesi non seguono un re, ma un condottiero politico, allora occorreva articolare meglio l'aspetto diplomatico e strategico della loro discesa in campo. Se è vero che, al contrario delle "macchine da guerra" spartane, gli ateniesi coltivavano la filosofia e la logica, occorreva caratterizzare Temistocle e i suoi uomini coerentemente con tali attitudini, e non come cloni in casacca blu degli uomini di Leonida, altrettanto muscolosi, altrettanto forti, altrettanto brutali.
Il cuore tematico di 300 – L'Alba di un Impero risiede nel conflitto posto dall'imminenza della guerra, un conflitto morale che investe non più dei guerrieri temprati, fin dalla nascita, dal mito della battaglia e della “bellissima morte”, ma uomini comuni che devono decidere se combattere, e forse anche morire, per quello in cui credono. In questo senso il tema, sulla carta, ha un respiro più universale, ma è soffocato dalle esigenze di spettacolarizzazione. Cento minuti di intrattenimento di buon livello, fra squartamenti a ralenti, affascinanti backstory – su tutte la bellissima sequenza sulle origini divine di Serse – e frasi altisonanti (“Tutti dovranno vedere che noi abbiamo deciso di morire in piedi pur di non vivere in ginocchio”). Cento minuti che divertono ma non conquistano.