Adriana Lecouvreur al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Dal settecento al liberty-déco

Articolo di: 
Fabio Bardelli
Adriana Lecouvrer

Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in scena dal 19 al 24 febbraio 2010 Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea con Patrick Fournillier sul podio e Ivan Stefanutti alla regia, scene e costumi. Fabio Sartori nella parte di Maurizio Conte di Sassonia e Adina Nitescu in quelli di Adriana Lecouvrer. Da notare la coreografia di Luca Veggetti ripresa da Angela Rosselli con i Ballerini del MaggioDanza.

Teatro Comunale di Firenze: quasi trent'anni dall'allestimento precedente (con un cast che annoverava Raina Kabaivanska, Fiorenza Cossotto, Gianfranco Cecchele, Rolando Panerai e Gianandrea Gavazzeni, direttore in questo repertorio mai rimpianto abbastanza) sono senz'altro troppi per un teatro importante che voglia servire la cultura e soprattutto la formazione del pubblico, e quindi anche di un pubblico nuovo. L'Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea infatti, quale che sia il giudizio estetico musicale che se ne voglia dare, è un pezzo importante della storia della musica italiana del Novecento, oltre che molto amata dagli appassionati che ne hanno sempre apprezzato arie e pagine famosissime, scritte soprattutto per il soprano e il tenore, e che danno la possibilità anche al mezzosoprano e al baritono di mettersi in mostra. Attorno ad Adriana infatti prendono corpo l'amante Maurizio di Sassonia, la rivale in amore Principessa di Bouillon, ed il direttore di scena Michonnet: personaggi, questi, dalla individuazione psicologica schematica e non molto approfondita (soprattutto il primo), mentre Michonnet viene delineato da Cilea in modo più accurato e non disgiunto da una notevole dose di simpatia umana

La prima esecuzione di Adriana Lecouvreur avvenne nel 1902 a Milano riportando un clamoroso successo; la gestazione dell'opera era andata avanti pochi anni. Così Cilea spiega la scelta del soggetto: "Fra i tanti lavori che lessi in quel tempo, mi colpì quello di Scribe e Legouvé. La varietà dell’azione che poteva offrirmi situazioni nuove ed eleganti, la fusione della commedia e del dramma nella cornice dell’ambiente settecentesco (che conoscevo bene), il passionale amore della protagonista toccarono il mio cuore e accesero la mia fantasia". L'editore Sonzogno, dopo il successo dell'Arlesiana, puntò ancora con lungimiranza sul poco più che trentenne musicista calabrese, che lo ripagò con un'opera entrata nel repertorio di tutte le più grandi cantanti e di tutti i teatri.

Adriana Lecouvreur è un melodramma che dà la possibilità al soprano di creare un grande e bellissimo personaggio a tutto tondo, e che è stato nel repertorio di tutte le grandi protagoniste della vocalità del secolo passato, dalla già citata Kabaivanska alla Olivero, dalla Tebaldi alla Caballé, delle quali fortunatamente esistono importanti documentazioni fonografiche. Presenta vari pregi musicali, pur all'interno di una discontinuità di fondo che solo in parte ne inficia lo svolgersi teatrale, merito in parte anche del libretto, tutto sommato discretamente funzionale alle esigenze del palcoscenico, anche se talora disperso nei rivoli del bozzettismo, farraginoso e dalla versificazione imbarazzante.

La fonte del libretto di Arturo Colautti è l'opera letteraria omonima di Scribe e Legouvé, ispirata alla figura storica della famosa attrice francese vissuta nei primi decenni del Diciottesimo secolo, sulla cui morte prematura si scatenò la fantasia dei contemporanei fino alla diceria che fosse stata avvelenata dalla rivale in amore.Da qui parte il librettista Colautti, giornalista, romanziere e poeta (suo è anche il libretto di Fedora di Umberto Giordano), per giocare il suo intreccio romanzesco a base di fiori avvelenati, rivalità di amanti, battaglie e polvere di palcoscenico.

Ma Adriana Lecouvreur ci rivela una scrittura musicale assai interessante e non priva di gusto raffinato, oltre ad un bellissimo ultimo atto, a partire dall'emozionante preludio, atto nel quale sono contenute pagine di grande interesse, una fra tutte la splendida aria "Poveri fiori", secondo me una delle più belle in assoluto del repertorio, croce e delizia di appassionati e di soprani. L'opera è generalmente inquadrata nel "calderone" verista, dal quale però si distacca soprattutto per il porsi come contaminazione molto interessante tra il facile melodismo italiano, riservato da Francesco Cilea soprattutto alle grandi espansioni melodiche della protagonista e di Maurizio di Sassonia, e certe ricercatezze strumentali e raffinatezze armoniche di sicura ascendenza francese. Oltre alla presenza lontana, come scrive in una celebre ed illuminante pagina Gianandrea Gavazzeni, dell'opera napoletana: "...a distinguere il canto di Cilea, interviene la formazione culturale napoletana. Alludo a certa grazia settecentesca che talvolta sottolinea lo snodo melodico e la spontanea struttura morfologica. Siamo sempre nell'arco tradizionale che consentiva l'assimilazione di un particolare passato insieme al configurarsi personale. Cioè l'aggiunta di ciascuno alla storia, la presenza di ciascuno nella storia. Nella eco settecentesca di Cilea senti la conoscenza del Pergolesi più mesto, del Paisiello più lirico.

L'opera ha bisogno anzitutto di una grande protagonista, ma anche di un direttore capace di evidenziarne i pregi, due cose che (pur senza voler fare paragoni con i "fantasmi" del passato) a Firenze si sono  verificate solo in parte. La vocalità stentorea, con scarse finezze e con qualche problema d'intonazione di Adina Nitescu non sembra sufficiente a delineare un personaggio complesso, sfaccettato, fremente, determinato ma anche lirico come la grande attrice francese richiede. Alla Nitescu sfuggono completamente le frasi "recitate", importantissime per lo svolgersi dell'azione, come pure una più illuminante definizione del personaggio; una prestazione comunque in crescendo, considerando che il soprano è a Firenze al suo debutto nel ruolo, e che ha i suoi momenti più convincenti nell'ultimo atto.

Fabio Sartori fa di Maurizio di Sassonia uno dei classici prototipi del "tenorismo" nel senso più tradizionale del termine: la voce è stentorea e poco raffinata, e va del pari con l'evidente impaccio nello stare in scena. Ma gli acuti d'ordinanza ci sono, anche se la ricerca di colori latita e il fraseggio è piuttosto trasandato. Canta piuttosto bene anche se più di forza che di cesello Marianne Cornetti, mezzosoprano americano dal sontuoso mezzo vocale,  nella parte della Bouillon, mentre Stefano Antonucci rende in maniera corretta e molto partecipe il personaggio di Michonnet.

Lo sforzo di un Teatro nel mettere in scena Adriana si deve notare anche nella scelta dei comprimari; purtroppo a Firenze il livello generale dei comprimari di questa recita non si può definire eccellente, ma al contrario si notano alcune preoccupanti punte verso il basso. Il direttore Patrick Fournillier, che ha sostituito il previsto Bruno Bartoletti, riesce a rendere noiosa più d'una pagina. Sarebbe vano cercare nella sua concertazione un cifra forte teatralmente unificante i vari momenti della partitura;  Fournillier sembra spesso adagiarsi in una comoda ma pigra "routine".

L'allestimento di Ivan Stefanutti (nato in origine per il Teatro Sociale di Como) sposta l'azione dall'ambito settecentesco ad un'epoca liberty-déco, cosa che sembra rendere ancora più assurda la vicenda e che soprattutto non porta nessun particolare vantaggio alla chiarezza dell'azione, la quale si snoda a tratti con molta fatica e senza idee di rilievo. Una rilettura in bianco e nero, con scenografia teterrima e claustrofobica, e la raffinatezza dei costumi e di certi ambienti che non fa altro che rendere algido e scostante l'impianto generale. Per la protagonista Stefanutti si è ispirato a Lyda Borelli e ad altre attrici coeve, e mi sembra inutile sottolineare come in questo contesto i riferimenti storici del libretto appaiano ridicoli e fuori luogo. Confesso anche di non aver capito l'esigenza di un Michonnet in chiave giovanile, cosa che travisa quasi completamente il rapporto con la protagonista. Orchestra e coro apprezzabili; coreografia "alla Nijinskji" piuttosto ben inserita nell'ambientazione inizio Novecento.

Pubblicato in: 
GN9 Anno II 3 marzo 2010
Scheda
Titolo completo: 

Firenze, Teatro Comunale - Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

ADRIANA LECOUVREUR
opera in quattro atti
di Francesco Cilea
libretto di Arturo Colautti

Dal 19 al 24 febbraio 2010
Spettacolo del 23 febbraio 2010

Fabio Sartori                         Maurizio, conte di Sassonia
Francesco Palmieri             Il principe di Bouillon
Mario Bolognesi                   L'Abate di Chazeuil
Stefano Antonucci                Michonnet
Alessandro Battiato             Quinault
Anicio Zorzi Giustiniani       Poisson
Adina Nitescu                       Adriana Lecouvreur
Marianne Cornetti                La principessa di Bouillon
Oriana Kurteshi                    Madamigella Jouvenot
Luisa Francesconi               Madamigella Dangeville
Vito Luciano Roberti            Un maggiordomo

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Patrick Fournillier                 direttore
Piero Monti                            maestro del coro
Ivan Stefanutti                       regia, scene e costumi
Pierpaolo Gobbo
Angela Rosselli
Enrica Pontesilli

Danzatori
Ballerini di MaggioDanza
Luca Veggetti coreografia ripresa da Angela Rosselli
Eduardo Bravo Fernández  luci riprese da Gianni Paolo Mirenda