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Alessandro Mendini. La gioia del ludus
La mostra-excursus nell’universo di Alessandro Mendini, desinger ed architetto immaginifico come sottotitola la presentazione di Beppe Finessi Dall’infinito all’infinitesimo, al Museo dell’Ara Pacis fino al 6 settembre, è del tutto pirotecnica. Un oceano di colori gremisce ogni mobile, installazione, progetto realizzato o disegno come la Piccola stanza con scarabeo e una chiave sul pavimento del 1996.
Ad accoglierci dei birilli pinocchio giganteschi che formano Colonne tutte diverse e e rotondeggianti: siamo entrati nella stanza dei balocchi con Lucignolo che guida ma non travisa, ed i soldatini-clown che sono degli oggetti utili come i cavatappi, li sbirciamo dall’occhiolino, tanto per far capire subito che la maison è l’oggetto primario della nostra visita. Benvenuti a casa di Alessandro Mendini, il logo sottendente “Divertitevi”.
Un flusso di colori ci avvolge, le otto punte diamantate della splendida Torre del Paradiso ad Hiroshima, del 1989 (anno della caduta del Muro di Berlino), si stagliano verso il cielo quasi a colpirlo con la grazia, su un tappeto verde che forma un esagono di prato a mezzelune, anche queste sono in numero di otto. E l’infinito ci attornia ancora nell’installazione Black Out (1985): una splendida stanza da letto in blu che sembra tempestata di stelle, luci che carezzano, quadri rubensiani. E dove ci sediamo? Sulla Poltrona di Proust (1978) naturalmente, a leggere quel tempo perduto nei piccoli mosaici di una comodissima poltrona Luigi XIV, e magari sotto un albero che è racchiuso da un Hommage à Chateaubriand. Il nostro Mendini legge e rilegge anche attraverso lo specchio: il Rossetti colorato è una riedizione di una specchiera dell‘800 in cui sicuramente dipingeva dei tratti obnubilati dalle sue muse, quasi che a rifletterli li vedesse più distintamente.
Ora siamo nella casa dei bambini, per mobili componibili (molti del 2007) arricchiti da maniglie abnormi o intitolate alle loro filastrocche Di a da in con su per tra fra, quasi il messaggio della Montessori trasformato in complemento d’arredo. Superlativa la libreria a forma di casa di bambola e l’Archetto, armadio a specchio a forma di porta che conduce altrove e rimanda l’immagine della poltrona Girotondo rivestita con fantasia arlecchino, quanto lo specchio Brillante a forma di diamante sfaccettato.
Come architetto, oltre alla già citata Torre, ricordiamo le splendide piscine ed il centro polifunzionale in Germania, oppure la sede della casa editrice Madsack ad Hannover insieme al Museo della Corsica del 1991. Il Museo Universale in Libia del 1985 è magnifico e sembra di stare in un’altra città, postmoderna quasi, quando si scende alla stazione di Napoli intitolata a Salvator Rosa fino a giungere all’immaginaria Casa della Felicità del 1989 con Francesco Mendini.
Non si può non citare la collaborazione con uno dei massimi registi del secondo Novecento e di recente all’Opera di Roma con Aida: Bob Wilson. 70 Angels sulla façade è un’opera del 1998, e terminiamo con un tavolo che vuole ingannare la massima delle nostre paure esorcizzandola: la morte che mangia l’uva su un tavolo ipercolorato. Mendini come ogni artista va a tromper la morte, in questo caso col suo opposto, la creatività.