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Alice tradotta da Artaud. Excursus tra i linguaggi immaginari. Seconda Parte
La ‘forma’ (shape in inglese) dell’oggetto esprime, nella parole di Humpty Dumpty, sia il ‘significante’che l’oggetto enunciato ed il suo significato:«my name means the shape I am»(14). Questa logica riflette precisamente la posizione che Artaud rivela nella sua teorizzazione sul teatro (e che riguarda anche il linguaggio): «il linguaggio fisico, materiale e solido […] consiste in tutto ciò che occupa la scena, in tutto ciò che può manifestarsi ed esprimersi materialmente su una scena, e che si rivolge anzitutto ai sensi, invece che rivolgersi anzitutto allo spirito, come il linguaggio della parola»(15).
L’oggetto, nelle parole di Artaud, come in quelle di Humpty Dumpty, decide il significato di sé stesso in maniera del tutto indipendente dal significante, ed i sensi coinvolti in questo caso sono la vista e l’udito, rispettivamente rappresentati dalla forma e dal suono: ambedue vengono padroneggiati dall’uovo esperto di linguistica che afferma la plasticità del corpo linguistico, il suo essere materialmente presente a se stesso e all’interlocutore, similmente a ciò che accade sul palcoscenico di un teatro secondo Artaud. In Humpty Dumpty ed in Artaud la parola si fa oggetto ed il significato è arbitrario, deciso dall’enunciatore stesso mentre il significante non ha di per sé una rilevanza specifica e corrispondente ad un senso pre-stabilito. Ci troviamo sulla stessa linea di ciò che dice la Duchessa ad Alice:«Take care of the sense, and the sounds will take care of themselves».
Vediamo un esempio di come agisce Humpty Dumpty sulle parole ed il loro senso. Humpty Dumpty afferma che la parola ‘impenetrability’ significa che qualcuno ‘ne ha avuto abbastanza di un certo argomento’: questo in senso metaforico è possibile, volendo intendere che un tema è stato talmente approfondito da non lasciar spazio ad altre argomentazioni, ovvero è stato ‘esaurito’.Oppure, in un’altra variante: lo stesso argomento non permette di essere ‘penetrato’, compreso, spiegato, è ‘impenetrabile’. Quello che invece a prima vista salta all’occhio del lettore è che il suo significato corrente non è questo: secondo le regole del buon senso, impersonato da Alice nel dialogo, privando la parola di una lettura metaforica, non è possibile discernerne il senso. Ciò che si è perduto dunque è il senso ‘letterale’, di superficie. Secondo queste prospettive allora possiamo chiamare il senso letterale di una parola come primario, ed il senso simbolico (metaforico ed allegorico) come secondario: Humpty Dumpty si preoccupa in qualche modo di svelare questo senso nascosto dalle parole, la loro ‘profondità’. Il senso ‘secondario’ in questo contesto è anche un significato visibile (la forma) e udibile ( il suono, la fonetica) perché corroborato e manifestato dai sensi.
Nelle parole di Gilles Deleuze «la differenza che separa il linguaggio di Carroll, emerso alla superficie, dal linguaggio di Artaud, [e di Humpty Dumpty nel nostro studio, N.d.A] modellato dalla profondità dei corpi»(16), è particolarmente evidente nella versione francese dello Jabberwocky, poesia non-sensica composta da parole port-manteau. Riportiamo qui sotto la versione originale della prima strofa di Carroll (17) con accanto la versione di Artaud (18):
Lewis Carroll:
‘Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe:
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe’.
Antonin Artaud (versione del 1947):
‘Il était roparant, et les vliqueux tarands
Allaient en gibroyant et en brimbulkdriquant
Jusque-là où la rourghe est à rouarghe à
ramgmbde et rangmbde à rouarghambde:
Tous les falomitards étaient les chats-huants
Et les Ghoré Uk'hatis dansle GRABÜG-EÛMENT».
La prima strofa sarà spiegata per intero da Humpty Dumpty ad Alice parola per parola, secondo lo schema logico di dividere la parola-valigia nelle due che la compongono spiegando in seguito il significato di ognuna e poi delle due abbinate. Quello che succede nella parte tradotta da Artaud è una sorta di dispersione semantica palese anche ad occhi inesperti per via dell’allungamento smisurato delle parole e della ripetizione dei lemmi: l’incoerenza nella metrica e nel vocabolario uniti alla dilatazione sintattica non appartengono più alla logica della traduzione. Il linguaggio inventato di Carroll si fa linguaggio immaginario in Artaud, in una infinita serie di rocambolesche invenzioni. Il potere e la dominazione manifestata per mezzo di invenzioni linguistiche, dilatazioni semantiche, cambiamenti e rotazioni di senso ci accolgono con prepotenza nel testo di Artaud per mimare il gesto che manca sulla scena prodotta dal testo. Già nel 1931, leggiamo nel saggio di Artioli e Bartoli su Artaud: «La polemica contro il linguaggio articolato, che Artaud continua a associare a un’idea morta di spirito, diventa […] polemica contro la gestualità, se concepita come funzione vicaria»(19). Per Artaud l’involucro linguistico rappresenta la fruizione esteriore, ecco perché lui vuole incidere sulla profondità che è in diretta correlazione col suo modo di fare ed intendere il teatro.
Riassumendo, i primi due canali interpretativi sono consustanziati dalle dialettiche di Humpty Dumpty e di Antonin Artaud con le dovute differenze che abbiamo sottolineato nel corso del discorso; gli altri due appartengono a Carroll e ad Alice. I primi due convergono su una dichiarazione fondamentale al nostro procedimento critico: la voce, il narratore sono gli unici arbitri del linguaggio, sia che si tratti dello sferzante Humpty Dumpty sia del dissacratore ‘crudele’ Artaud.
Dall’altra parte della nostra barricata metaforica le due figure di Alice e di Lewis Carroll riproducono un concetto equilibrato di linguaggio (nonostante Carroll sia coinvolto e ‘colluso’ con Humpty Dumpty!). Alice mette in dubbio e senza indugio la capacità di Humpty Dumpty di poter cambiare il senso alle parole, e continua a manifestare questi dubbi, sebbene soltanto dentro di sé, anche a fine capitolo. Per quanto riguarda Carroll la sua estrema ricerca di equilibrio dettata dalla stessa invenzione linguistica delle parole-valigia ci rassicurano che la direzione presa dall’autore sia protesa verso la superficie, ed indirizzata ad un mantenimento dello status quo entro certi confini a cui Artaud e Humpty Dumpty non si limitano. La cifra della dimensione linguistica di Carroll, sebbene abitante un percorso immaginario (della fiaba e del linguaggio inventato), dispone una linea di demarcazione molto chiara di cui Milli Graffi si occupa nell’introduzione a “La caccia allo Snualo”(20), libro dedicato a Gertrude Chataway (una delle bambine a cui Carroll si era affezionato, la più famosa è Alice Liddell, a cui sono dedicate le omonime avventure). Riferendosi alla genesi delle parole portmanteau, Milli Graffi spiega:
«“Una mente perfettamente equilibrata” [creatrice delle parole-valigia], è, per lui [Carroll] , “a gift”, un talento, un dono, come la predisposizione alla musica o alla facilità nel disegno. […] Nel perfetto equilibrio da mantenere tra le due parti, nel mezzo, nel non propendere nemmeno per un pelo verso l’una o l’altra parola […].Una mente perfettamente equilibrata è l’indicazione del livello di superficie, la mente-bilancia […] per non cadere nelle profondità del corpo. […] La scelta semantica retrocede all’ultimo posto […] nella decisiva preferenza della scelta fonematica […] è la regola affermata dalla Duchess: l’indipendenza del suono, o dei suoni, è garanzia che il senso avrà piena libertà di esprimersi e di trovarsi»(21).
Troviamo, nell’emersione degli oggetti come ‘corpo condivisibile dai sensi’ di Artaud, e nella plasmabilità del significato delle parole da parte di Humpty Dumpty, una rivoluzione linguistica, una forza che erompendo dai suoi argini è capace di distinguersi in creazione ‘crudele’, in un senso «intriso di dolore»(22). Questo ‘corpo’ rappresentato da Artaud è complementare alla ‘superficie’ di Carroll e con essa forgia tutte quelle idee di cui si sente piena Alice dopo aver letto lo Jabberwocky e che, pur nello stupore e nella confusione, la affollano di stimoli per seguitare la sua ricerca ‘attraverso lo specchio’.