Supporta Gothic Network
Armata Russa di San Pietroburgo. Acrobazie, canti e trepak per la Grande Madre Russia
Lo scorso 15 e 16 gennaio l'Orchestra, il Coro, il balletto dell'Armata Russa di San Pietroburgo si è esibita nella Sala Sinopoli del Parco della Musica di Roma presentando un programma di richiamo e conosciuto dal pubblico che, fin dalle prime note si è messo a battere le mani a ritmo. Il calore che ha fatto sprigionare l'ensemble che riunisce più di 100 tra cantanti, ballerini e musicisti è di lunghissima data: fondato il 18 dicembre 1929 nell'allora Leningrado, ha da poco compiuto 87 anni e presenta uno spettacolo che affonda le sue radici nella Grande Madre Russia, dai balli acrobatici dei cosacchi fino alle celebri Oci Ciornie e Kalinka.
Il programma è stato lungo e variegato, introducendo il Coro dell'Armata Russa per primo insieme alle tre bandiere: la bandiera della Federazione Russa, la bandiera dell'Esercito Russo e la bandiera dell'Aeronautica Russa. Il Coro si è predisposto come un'ala ascendente al centro facendo entrare le ballerine tutte in costume rosso fiammante: il concerto è iniziato con la suite-vocale della Grande Madre Russia per continuare con due canzoni popolari russe: Campagna, mia dolce campagna e La canzone che diventó destino.
Le danze tradizionali sono acrobatiche e mostrano tutto il talento dei campioni mondiali della ginnastica artistica, che si mischiano alle danze dei cosacchi ucraini, come a riunire tutto sotto l'egida di una cultura che affonda le radici nella Grande Rus' di Kiev (nata nell'860 e data la fine nel 1240), ricordiamo il glorioso capitano Alexander Nevskij (1220-1263), eroe nazionale russo che sconfisse i principi teutonici e sul quale Sergej Prokofiev scrisse una composizione nata come colonna sonora per il film omonimo del 1938 del regista russo Sergej Michajlovič Ejzenštejn, A San Pietroburgo, da dove parte la Prospettiva Nevskij con la sua grande statua in bronzo si trova il Monastero a lui dedicato e fonte di grande religiosità. Lì accanto dimorano, nel cimitero Tichvin, degli artisti, i grandi musicisti russi, da Pëtr Il'ič Čajkovskij a Modest Petrovič Musorgskij, solo per citarne due.
Le canzoni che conosciamo come Occhi Neri (Oci ciornie), Kalinka ed Il Canto dei Battellieri Del Volga sono scandite da battiti di mani a ritmo e da applausi scroscianti, compresa la versione di quella che noi conosciamo come Fischia il vento infuria la bufera, che in questa occasione qui l'Armata Russa ha intonato in russo ma che anni addietro ha anche cantato in italiano.
Il fascino ed il folclore russo hanno una caratura che altre culture non hanno, come se avvolgessero con un manto per riparare dal freddo del gelido inverno russo: scaldano il cuore e, nonostante la maggioranza del pubblico non conoscesse la lingua russa, ha condiviso appieno questa esperienza di comunione con l'Orchestra, il Coro, il balletto dell'Armata Russa di San Pietroburgo, ed ha ammirato le coreografie di ballerini e ballerine preparatissimi e straordinariamente agili con la corda o senza, nel tradizionale trepak che conosciamo dallo Schiaccianoci di Čajkovskij.
A dirigere l'Orchestra un direttore egregio come Yevgeny Kazanovsky (1937), che ha studiato nell'ambito dell'Accademia Glinka di San Pietroburgo ed all'Istituto di Mosca per direttori d'orchestra dell'Esercito ed al Conservatorio di Gorky (Nizhny Novgorod) composizione. Alle coreografie Andrey Belikov mentre il direttore in capo dell'ensemble e suo art directore è Sergey Isakov, che ci ha accolti molto calorosamente insieme ad Alexander Podgornov, vicedirettore artistico dell'ensemble.