Supporta Gothic Network
Asiatico Film Mediale. Focus Taiwan. La nuova ondata orientale
A Roma dal 12 al 20 novembre 2010 Asiatica film Mediale presenta un escursus sulla cinematografia di stampo asiatico con un particolare Focus su Taiwan: saranno proiettate tre opere del regista taiwanese Tsai Ming Liang - introdotte da lui stesso -, vincitore di svariati premi cinematografici internazionali, fra cui il Leone d’oro alla 51° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del 1994 con Vive l’amour. Inoltre un’attenzione speciale alla nuova ondata di registi taiwanesi e tra questi in particolare abbiamo dato rilievo a: Island Etude di Chen Hying-en, Cape No.7 di Wei Te-sheng e Hear me della regista Cheng Fen-fen.
Il regista del primo lungometraggio Island Etude, Chen Hying-en, ha lavorato come assistente a Hou Hsiao Hsien in The Puppet Master e dal quale sicuramente ha tratto l’uso a distanza della telecamera, e della luce naturale nelle riprese. Un determinato episodio di questo viaggio in bicicletta intorno a Taiwan, è particolarmente poetico, ed è all’inizio del film: quello della visionaria situazione sul mare con un clown ed una ragazza con i capelli scolpiti dal vento. Il film si muove intorno a questi sprazzi onirici che il giovane con disabilità uditive – interpretato da Chiang Min-hsiang - racconta attraverso il suo occhio innocente, che per sette giorni si muove intorno all’isola di Taiwan. Il suo giro parte dalla sua città, Kaohsiung, la seconda a Taiwan per estensione e popolazione.
I personaggi che incontra Chiang sono una sorta di bizzarro universo dalla straripante umanità: commuove sia la ragazza lituana che fa la modella e vede il mare insieme a lui, sia la madre del ragazzo che gli dà ospitalità e litiga col figlio per la poca educazione, ma la scena più coinvolgente in assoluto è il pianto di Chiang quando vede il nonno inginocchiarsi per le consuete cerimonie religiose dedicate alla Dea Matsu (Taiwan è in prevalenza buddista) e comprende che sta pregando anche per lui (è d’uso pregare per tutti i familiari).
Il film è dedicato ad un insegnante che ha salvato uno studente e che purtroppo è morto in quel tentativo: il mare porta ed il mare prende, come dice il regista alla fine della proiezione, ricordando l’episodio che nel film è raccontato proprio dallo studente amico che aiuta Chiang quando buca una ruota della sua bicicletta.
Il prossimo film in produzione del regista di Cape No. 7 Wei Te-sheng è sulla resistenza aborigena ai giapponesi che occuparono l’isola di Taiwan tra 1894 e 1945. Il film presentato al festival, Cape No. 7 appunto, ha sbancato e sdoganato la cinematografia taiwanese con un guadagno di ben 17 milioni di dollari, raccontando due storie d’amore in parallelo, proprio a cominciare dal 1945, anno in cui il protagonista giapponese autore delle lettere trovate da Aga, taiwanese, deve lasciare l’isola per la fine dell’occupazione.
In un gioco continuo di rimandi e flashback si gioca anche la storia attuale tra la giapponese Tomoko – con lo stesso nome della ragazza cui vengono inviate le lettere dall’insegnante giapponese che lascia l’isola per la sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale – ed il chitarrista e cantante Aga, in un film che non ha nulla da invidiare ai film occidentali per ritmo e concatenarsi di situazioni. Le riprese sono limpide e luminose e se dobbiamo trovare qualcosa di tipico, possiamo sicuramente rinvenirlo nella grottesca e velocissima ironia evidente in tutte le situazioni del film: taiwanesi sono infatti la celerità dei dialoghi e lo scrosciante intrecciarsi di comicità parallele tra i personaggi, tutti legati alla storia principale.
Aga, da poco tornato alla sua piccola cittadina sul mare è deluso da sé stesso quanto Tomoko che invece di fare la modella, deve organizzare un festival di provincia: entrambi depressi saranno legati dalle lettere trovate da Aga e mai ricevute dalla destinataria.
Una nota di merito alla musica di Fred Lu e Lo Chi-Yi, che sembra scaturire dalle esperienze minimaliste (pensiamo al Glass di The Hours o a Nyman di Piano Lessons) contemporanee, con uno sviluppo melodico verso la conclusione del film. Gli altri inserti, specialmente quelli di Aga, sono piuttosto orientati alla new wave anni ’80 ed al rock indie più recente.
Un gioiellino il film Hear me della regista Cheng Fen-fen: una storia d’amore con colpo di coda nel finale, tra un ragazzo che conosce la lingua dei segni, il simpatico e frizzante Tian Kuo – Eddie Peng, cresciuto in Canada ma nato a Taiwan – e Yang Yang, la dolcissima Chen Yihan, parzialmente sorda. Sentimi (Hear me) è un film sulle possibilità dell’amore extralinguistico, come la riscoperta di un linguaggio basilare, delle emozioni, e non razionale: un sistema di comunicazione che va aldilà delle regole e che prende come riferimento unico i sentimenti. L’amore prima di tutto per sua sorella spinge Yang Yang a lavorare per lei, Xiao Peng nel film, Michelle Chen nella realtà – una vera rivelazione come attrice del grande schermo, prima lavorava nelle serie televisive – per permetterle di partecipare alle Deaflympics (le olimpiadi per i sordi) e vincere il premio. Yang Yang così facendo si è esclusa dalla vita e da qualsiasi relazione: il film indagherà su questo water-bird (la ragazza somiglia ad un airone dice Tian Kuo) leggero che si agita nel cuore del ragazzo, disegnando il suo volo rado sul mare con estrema delicatezza.