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La Bella e la Bestia di Gans. Una sontuosa rilettura fantasy
Alla Berlinale non è stato accolto bene, ma La Bella e la Bestia di Christophe Gans è un film che ha non pochi punti di interesse, anche se forse il regista avrebbe dovuto osare di più, data la fortuna che stanno avendo, al cinema, in televisione, in letteratura e nei fumetti, le riletture delle fiabe alla luce del fantasy, che della fiaba è l’incarnazione moderna.
Certo, Christophe Gans, autore interessante e molto attento a cercare suggestioni tra vari immaginari, non è Jean Cocteau, regista del capolavoro del 1946, classico in bianco e nero dove recitava il suo amante Jean Marais insieme a Josette Day. Non è nemmeno la Walt Disney, autrice di un’edizione simpatica ma poco vicina alla fiaba, e preferisce riavvicinarsi alla fiaba originale di Madame Le Prince de Beaumont, favolista del Settecento francese, che a sua volta aveva rielaborato tematiche che risalivano a Apuleio e alla sua Amore e Psiche e al nostro Straparola con Le piacevoli notti. Non manca perché qualche richiamo a Cocteau, nella fisionomia della Bestia, e a Disney, in un paio di scene e nel logo, molto simile a quello del cartone animato del 1992.
Il risultato è un film sontuoso come scenografie e costumi, ambientato tra i primi dell’Ottocento e il Rinascimento in cui ebbe origine la maledizione del principe diventato Bestia, con effetti speciali che non hanno nulla da invidiare a quelli dei kolossal americani (il prossimo Maleficent in testa), ma che non sa scegliere fino in fondo se rivolgersi ad un pubblico di adulti, gli stessi che stravedono per Il trono di spade e Once upon a time, o di bambini, che non gradiranno certi tempi morti senza contare alcune soluzioni adulte e inquietanti che però recuperano l’atmosfera dark che avevano le fiabe, riletta in un’ottica vicina a quella di Tim Burton senza averne però lo spirito.
Il regista si ritaglia alcune licenze poetiche, come quella dello strozzino con fidanzata zingara e strega che perseguita uno dei fratelli di Belle e che arriva al castello della Bestia in stile Gaston del film Disney, e l’origine della maledizione della Bestia, scagliata da un re della Foresta molto in stile Miyazaki che l’ha punito per aver ucciso la figlia ninfa che si trasformava in cerva, senza dimenticare la muta di bellissimi cagnolini beagle, che diventano nel palazzo stregato (comunque bello e suggestivo) strane creature buffe e un po’ kawaii in stile manga.
I due protagonisti sono comunque adeguati per i ruoli che devono tenere: Lea Seydoux è credibile come eroina romantica e bellissima dopo essere stata la sulfurea Emma ne La vita di Adele; Vincent Cassel non fa una brutta figura come Bestia e principe maledetto, più affascinante che belloccio secondo la moda ultima per piacere alle adolescenti.
Il migliore di tutti è però il veterano André Dussolier, il papà di Belle, mercante e non inventore, e non è poi così male la scelta di aver costruito intorno una cornice da fiaba raccontata a due bambini con colpo di scena finale.
La Bella e la Bestia è un film che sembra un’occasione riuscita solo in parte, ma che può aprire una strada possibile a pellicole di genere fantastico realizzate anche in Europa e non solo oltreoceano. Vedremo se Guillermo del Toro riuscirà a fare meglio con Emma Watson protagonista.