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Bergamo. Lorenzo Lotto restaurato alla delicata sublimità rinascimentale
La Fondazione Credito Bergamasco ha offerto una preziosa occasione per meglio conoscere l'universo del pittore cinquecentesco Lorenzo Lotto: per tre fine settimana consecutivi nel mese di ottobre 2010, tre opere, realizzate dall'artista durante la sua parentesi bergamasca e restaurate a spese della Fondazione Creberg, sono state esposte nei locali della Banca (in Largo Porta Nuova a Bergamo) e presentate al pubblico attraverso una mostra documentaria abbinata ad una serie di iniziative, tra cui vari incontri-dibattito, proiezioni in power point e conferenze di esperti e specialisti.
L’Angelo annunciante, dal sublime polittico di Ponteranica, splende di nuovo restauro presso la Sala del consiglio di amministrazione del Credito Bergamasco. Dalle finestre si è proprio in vista delle mura della Città Vecchia, dell’erta via Porta Dipinta dove il pittore veneto soggiornò a lungo e affrescò parte della cappella sinistra in San Michele al Pozzo Bianco.
Si nota la cupola della Basilica, dedicata a Santa Maria Maggiore per la quale disegnò i cartoni preparatori delle tarsie destinate al coro, e vicina è la chiesa di San Bartolomeo che custodisce la maestosa Pala Martinengo, raffigurante la Madonna con il Bambino in trono e Santi. Sono solo alcune delle tracce, straordinarie, lasciate da Lorenzo Lotto nel capoluogo orobico, a testimonianza di un fermento artistico che intersecò nei secoli gli stimoli pittorici veneti con i caratteri propri degli artisti lombardi, sottoposti comunque alle influenze provenienti dal nord Europa e dai vertici raggiunti a Roma e nel centro Italia.
In vista della mostra interamente dedicata al Lotto, che sarà ospitata il prossimo anno dalle Scuderie del Quirinale, alcune opere sono state sottoposte a restauro. Si tratta della Madonna con il Bambino in trono tra quattro santi (la cosiddetta Pala di San Bernardino, dal nome dell’omonima chiesa che la ospita, in Borgo Pignolo), il summenzionato Polittico di Ponteranica (paese alle porte del capoluogo bergamasco) e la Trinità, appartenente al Museo Bernareggi. Interessante l’idea di esporre i tre capolavori introdotti da una sapiente guida, unitamente alla presenza in loco della curatrice dei restauri.
E ancor di maggior fascino è la possibilità di osservare, nel polittico, le parti restaurate unitamente ad altre in fase di pulizia: balza all’occhio con immediatezza quale sia il fine dell’operato: donare nuovamente all’immagine quella tavolozza cromatica voluta a suo tempo dal pittore e andata dilavata dai secoli e dai successivi apporti non sempre attenti alle esigenze originarie delle tele e delle tavole. Il bianco sfumato ma limpido del velo che cinge il corpo del Cristo è tutt’altra cosa dal colore opaco ed omogeneo sinora osservato nel Polittico di Ponteranica.
Così come dall’analisi del rosa, utilizzato per il celebre angelo, è stato possibile rilevare un’ottantina di sfumature di colore a suo tempo ricercate dal genio pittorico del Lotto. L’occhio può inoltre ammirare da vicino i preziosismi paesaggistici della Trinità o le raffinatezze realistiche nella Madonna con il Bambino in trono, altrimenti perse a causa della distanza della normale collocazione dietro l’altare, in San Bernardino. E lo stupore prosegue grazie alle immagini e alle fotografie che scorrono a testimonianza del lavoro sul supporto ligneo delle opere in questione.
Nell’uscire dalla sala si volgono nuovamente gli occhi ai capolavori esposti, verso il volto dolce e delicato della Madonna che indica al bambino quale dovrà essere il suo operato, verso l’umanità cui si rivolge anche lo sguardo curioso ed acuto dell’angelo seduto ai loro piedi. Un gioco di rimandi privo delle inquietudini leonardesche o dell’apollinea grazia raffaellesca, ma còlto nella sublimità immediata e delicata che è cifra caratteristica dell’opera lottesca.
Nell’ampio ingresso del palazzo, in uscita, ci accoglie una installazione contemporanea di Giovanni Frangi, Divina-Wallpaper: colori violacei dipinti sulle pareti e foglie autunnali per terra racchiudono uno spazio nel quale entrare e utilizzare non solo la vista ma anche udito ed olfatto, per lasciarsi catturare dall’opera. Una modalità d’arte che è ormai assurta ad un livello classico, e forse ormai abusato, di novità.