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Brace. Grigliata sudamericana per una commedia all'italiana
Dici Brasile e pensi alle finte di Kaká e ai chilometri di spiagge assolate di Ipanema. Bella visione ma troppo limitata e soprattutto lontana anni luce dalla realtà. A riportare l'immaginario più vicino al vero ci pensa Attilio Caselli, cuore di cinema prestato alla narrativa, che è andato a cesellare storie attorno ad una Rio de Janeiro un po' diversa da quella degli stereotipi turistici: è questo la premessa della sua opera narrativa, una raccolta di sei racconti intitolata Brace e pubblicata dall'editore Fazi.
Amico ed ex scenografo del regista Paolo Virzì, l'autore vanta una certa conoscenza della metropoli carioca, città dove vive ormai da qualche anno. Il suo punto di vista ibrido gli permette di dar vita ad una commedia all'italiana in salsa sudamericana, una composizione eterogenea ma intrecciata di storie feroci, amare ma decisamente divertenti che sfrecciano l’una vicino all'altra arrivando a incrociarsi in alcuni punti chiave. L'artificio, va da sé, è tipicamente cinematografico. Brace somiglia non poco ad un film ad episodi dove ogni aneddoto vive di vita propria ma non resta completamente isolato dagli altri, uscendone invece contaminato da un personaggio comune o da una situazione coincidente.
I protagonisti – alcuni più credibili di altri – vengono quasi "prelevati" dai diversi ceti sociali. C'è lo spregiudicato Diego Antonio da Matta Kolbe, politico che non sfigurerebbe nemmeno a Palazzo Chigi, e c'è l'ineccepibile poliziotto Ricardo Machado, un uomo di legge tanto onesto quanto fanatico. E poi ci sono il barbone João Baptista e l'annoiata e desiderabile Constanza, i due becchini Cleverson e Vanderley e una lunga serie di personaggi variopinti e scalcinati che bastano da soli a far brulicare di vita ogni storia del volume.
Forse Virzì ha un tantino esagerato a scomodare il Decamerone di Giovanni Boccaccio per raccomandare al pubblico il libro di Caselli, ma resta innegabile che la catena di racconti si regge all'interno di una struttura narrativa solida che non lascia affatto scontenti.
Lo scrittore è bravo a farsi largo tra le storie con una scrittura vivace, a tratti aspra, e non disdegna di lasciarsi contagiare da melange linguistici che vengono direttamente dallo slang locale. A tal proposito non fate l'errore del sottoscritto. Appena avrete tra le mani il libro correte subito al glossario ospitato nelle ultime pagine o finirete per arrovellarvi eccessivamente nel tentativo di decifrare i termini misteriosi racchiusi nel corsivo. Da perderci la testa.