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Campania Teatro Festival. La legge del desiderio secondo Kulyabin
Nel corso del Campania Teatro Festival, a Napoli l'8 ed il 9 luglio in prima italiana, è stato presentato il clamoroso spettacolo con la regia di Timofey Kulyabin Nella solitudine dei campi di cotone, o meglio, visto che è recitato in inglese, In the Solitude of Cotton Fields. Ricordo che la prima mondiale di questo spettacolo, basato sull'opera del drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès, era stata in primavera, a Riga e poi a Tallinn. Protagonisti dello spettacolo, il famosissimo John Malković e la straordinaria attrice lituana Ingeborga Dapkūnaite.
Il dramma di Koltès è un dialogo tra due personaggi - nel testo originale sono due uomini - uno dei quali vuole vendere una cosa, e l'altro cerca di ignorare questa proposta. Lo spettatore intuisce, o piuttosto sente, che si tratta di un desiderio segreto e proibito. Questo desiderio - come spiega il regista Kulyabin - e così forte che, rifiutandolo, una persona rischia di morire. È esattamente ciò che accade alla fine dello spettacolo, quando il protagonista viene ritrovato insanguinato.
Gli spettatori, che conoscono il percorso creativo e di vita di Bernard-Marie Koltès, capiscono immediatamente che si tratta del desiderio sessuale, o meglio, omosessuale. Tuttavia, se negli anni '80 del secolo scorso, quando il dramma era stato scritto, questo argomento suonava davvero come un tabù, ora non è così, almeno in Europa.
Allora, l'apparizione di una donna sul palco nello spettacolo attuale è spiegata, ovviamente, non dal desiderio del regista russo di oscurare un pò il contesto omosessuale della performance. Il significato che il regista vuole dare a questa presenza femminile, come spiegherà in seguito, è quello di voler trasferire il “negoziato” tra due uomini ad un conflitto all’interno di una persona. Questa innovazione è dovuta alla collaborazione artistica ben conosciuta e fruttuosa di John Malković con la famosissima attrice lituana, molto amata in Russia, Ingeborga Dapkūnaite.
La recitazione di John Malković e Ingeborga Dapkūnaite suscita indubbiamente grande interesse nel pubblico.
Lo spettacolo, come dicevo sopra, è recitato in inglese. Quindi, anche avendo una buona conoscenza di lingua, bisogna sforzare le orecchie e il cervello perché, leggendo i sottotitoli non si riesce a seguire bene la recitazione. Per evitarlo, i volti ingranditi di Ingeborga e John sono proiettati su uno schermo. Questo metodo poco innovativo permette però di vedere le minime sfumature delle espressioni sui volti degli attori.
Di tutto questo abbiamo parlato con il regista,Timofey Kulyabin.
Elena Pushskarskaja: Cosa ti ha spinto a mettere in scena questo complesso dramma, scritto da Koltès quasi 50 anni fa, e quasi dimenticato dai registi di allora?
Timofey Kulyabin: Prima di tutto, il testo stesso, la sua bellezza e profondità. E’ vero, Koltès è un drammaturgo che non va in scena spesso in un territorio non francofono. Volevo davvero vedere questa performance in Russia e mi sono persino offerto di metterla in scena, ma mi hanno risposto: beh, di cosa stai parlando, un testo così complesso, nessuno capirà. Il testo è davvero molto complesso. Non tutti sono capaci a leggerlo fino alla fine, ma se ti è piaciuto la prima volta, è per sempre. Questo è quello che è successo a me
E.P. Ma hai modificato parecchio il testo .
T.K. Non abbiamo cambiato il testo di Koltès. È stata effettuata una revisione scenica durante la quale è stato tagliato gran parte del testo. Abbiamo aggiunto alcune repliche del venditore all'acquirente e viceversa. Nel nostro spettacolo diventa ovvio che nel dramma non ci sono due personaggi, ma uno solo, che dialoga con sé stesso. Tutto accade come in un incubo all’interno di una persona.
E.P. Come sei riuscito a convincere Malkovich?
T.K. Non è che lo abbiamo dovuto convincere. Il fatto è che Ingeborga e John sono partner e amici di lunga data. Ed è successo che ho parlato del dramma di Koltès a Ingeborga, con cui abbiamo appena fatto lo spettacolo a Mosca. Lei si è mostrata interessata.
Dunque abbiamo inviato il dramma a John, e presto abbiamo iniziato a leggerlo insieme, senza alcun impegno. Inoltre, le prime prove si sono svolte in zoom. Era l'inizio dell'emergenza sanitaria. E la lettura collettiva di questa dramma ci ha affascinato così tanto, che è diventato ovvio che tutti noi volevamo fare questo spettacolo.
E.P. Come e stato lavorare con Malkovich?
T.K. E' andata molto bene. Malkovich è un grande professionista così come Ingeborga. Avevamo tempi stretti, anche a causa dei suoi impegni. Lui eseguiva tutto ciò che il regista gli richiedeva. Nessuna obiezione del tipo: so io come recitare meglio. Ricordo il tempo delle prove come molto piacevole.
E.P. Al centro dell'opera c'è un desiderio proibito: questo può essere letto come il peccato originale?
T.K. No, stiamo parlando di un desiderio di natura sessuale che è criminale dal punto di vista della morale e del diritto.
Ammettere con sé stesso di avere questo desiderio vuole dire: sono un criminale, voglio ciò che non è consentito dalla società, dalla religione, dalla legge. Questa è una lotta con ciò che una persona sta cercando di nascondere a sé stessa, non vuole ammettere che questo desiderio esista. E alla fine, questa lotta la distrugge. Non c'è via d'uscita da questa situazione: voglio ma non posso, inoltre più non posso, più voglio, più voglio, più non posso.
E.P. Hai ideato lo spettacolo qualche anno fa. Mi sembra che ora il problema potrebbe essere posto in modo più ampio. Un desiderio proibito può essere un desiderio nascosto di uccidere.
T.K. Anche questa interpretazione è accettabile. Potrebbe anche essere il desiderio di uccidere. Può essere qualsiasi desiderio maniacale. Nel testo si parla di un desiderio che è di natura carnale. Però gli spettatori sono liberi di trovare allusioni altrove.
Tra le mie domande al regista, con cui abbiamo parlato prima dello spettacolo, c'era anche la preoccupazione che per il pubblico napoletano, cresciuto in un'estetica teatrale completamente diversa, si poteva temere che il dramma di Bernard-Marie Koltès, peraltro in inglese, fosse troppo difficile.
Tuttavia il pubblico, stipato nel teatro Politeama, ha superato benissimo la prova. Praticamente non se n'è andato nessuno e nonostante l'ora tarda, quasi tutti sono rimasti per assistere alla discussione sullo spettacolo, a cui hanno partecipato anche John Malković e Ingeborga Dapkūnaite.
A giudicare dalle domande poste, il pubblico si è dimostrato molto interessato al pensiero espresso nello spettacolo teatrale. La formazione di un tale pubblico è stata anche ampiamente facilitata dalla politica delle autorità locali, che hanno sponsorizzato il festival. Di conseguenza, il biglietto per la prima è costato solo 7 euro.
Timofey Kulyabin è uno dei più famosi e fruttuosi registi teatrali russi. Nei suoi 38 anni ha messo in scena in diversi teatri circa 30 spettacoli tra cui l’opera di Dargomyshsky “Rusalka” al Bol'šoj. Ha ricevuto numerosi premi teatrali nazionali. Nel febbraio 2022 ha condannato la guerra in Ukraina e ha lasciato la Russia dopo che la maggior parte delle sue opere sono state rimosse dal repertorio dei teatri russi.