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Caracalla 2023. Ovadia rilegge DSCH, l'antitesi della Propaganda
Lo spettacolo Gli occhiali di Šostakovič è stato In scena mercoledì 5 e giovedì 6 luglio, alle ore 21, nel nuovo spazio del Teatro del Portico antistante al Tempio di Giove per il cartellone del Caracalla Festival 2023, ovvero la kermesse estiva del Teatro dell'Opera di Roma negli spazi antichi delle Terme di Caracalla. Con Moni Ovadia sul palcoscenico e Valerio Cappelli alla drammaturgia e regia; abbiamo ascoltato le parole del massimo autore sinfonico russo del Novecento e le sue note dalla polistrumentista Giovanna Famulari. Uno spettacolo che riesuma il periodo conclamato dei totalitarismi nel mondo: dai soviet in Russia al Terzo Reich.
Ho incontrato Moni Ovadia a Ferrara, dove è direttore generale al Comunale Claudio Abbado poco più di una settimana fa, e mi ha detto, testuale: "Io sono nato in Bulgaria, sono stato salvato dall'Armata Rossa, senza di loro non sarei scampato ai nazisti, i russi sono amici." Ecco, ci siamo trovati. Io gli ho confermato che sarei venuta allo spettacolo su DSCH. l'acronimo e firma musicale di Dmítrij Dmítrievič Šostakovič (1906-1975; le iniziali del compositore DSCH - Dimitri Schostakowitsch in tedesco, che corrispondevano alle note re (D) - re bemolle (eS) - do C) - si (H), pronunciato "De-Es-Ce-Ha") e ho aggiunto: "Per me Šostakovič è il più grande sinfonico del Novecento", e lui:"anche per me". Ci siamo trovati, Moni Ovadia ed io, con questo grande amore per i russi, per la musica russa, prima di tutto, e il suo spettacolo solo su Šostakovič ne è stata la ovvia conseguenza.
Ascoltare DSCH, parlare attraverso di lui, mi ha emozionato: è il grande perseguitato di Josif Stalin, l'uomo delle contraddizioni: le accuse mossegli per "formalismo", non appena si allontanava dalla musica trionfalistica di propaganda sovietica, che in realtà non ha mai scritto, perchè le sue marce trionfali sono sempre state feroci e di un'asprezza tale che nemmeno la più aperta delle dissimulazioni avrebbe potuto occultare. Ecco, nessun critico musicale coerente con sé stesso e con le sue competenze, potrà mai scrivere questo: DSCH non ha mai fatto propaganda, ha piuttosto reso la propaganda un simulacro. Quella propaganda e quella censura usata come una clava su di lui, perché Stalin era un contadino sanguinario e affettato, che non capiva nulla di musica, ben lontano dal "regnante" di oggi, amico di Valerij Gergiev, che dal 1978, a capo del Marinskij di San Pietroburgo, porta in giro per il mondo un programma tutto dedicato a DSCH, ovvero, quello di eseguire tutte e 15 le sinfonie di Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič.
La propaganda infatti non è sempre la stessa – come insegna Jacques Ellul nel suo tomo omonimo del 1962 ed ancora attuale (edizioni Piano B) –, il paragone è improbo: un conto è quella, iniziale, dei tempi di Edward Bernays, dal 1917 al 1928 – anno in cui è uscito il suo saggio Propaganda, fucina americana della partecipazione alla prima guerra mondiale e di "Poison" Ivy Lee, a libro paga di Josef Goebbels, non a caso Ministro dell'Istruzione pubblica e della Propaganda; altra era la propaganda sovietica, che mise anch'essa la cultura sotto torchio e nei gulag; e altra ancora è la propaganda censorea e della sorveglianza di oggi, che ha però nelle sue radici una propaganda sulla scia del Panoptikon di Jeremy Bentham, solo di stampo tecnologico. Altrimenti non si spiega come mai, con il GDPR (la normativa europea sulla privacy) funzionante, vi siano "fuoriuscite" di dati personali e cause miliardarie intentate ogni giorno e che forse salvaguardano solo suprficialmente i dati dei cittadini. Questi organismi mi sembrano rappresentare quei "Simulacra" (1964) di cui raccontava Philip Kindred Dick nel suo romanzo omonimo: l'intelligenza artificiale renderà tutto questo "traffico" ancora più "invisibile".
A Šostakovič non sarebbe affatto piaciuto vivere in questa frazione di secolo, quali che fossero i suoi "occhiali": ai suoi tempi almeno dovevano recarsi a casa sua per accusarlo di qualcosa, oppure pubblicare un "finto" articolo giornalistico (che oggi si chiama "fake news" e che avviene tutti i giorni da noi, su testate nazionali, internazionali, cartacee e non) per denunciare il suo "Caos al posto di musica" sulla Pravda nel 1934 dopo la rappresentazione di Lady Macbeth del Distretto di Mcensk. No, a DSCH non sarebbe piaciuto affatto vivere oggi: quindi il racconto trascinante di Ovadia, di DSCH in prima linea con la sua settima sinfonia, Leningrado (l'odierna San Pietroburgo di cui era originario), a lanciare l'Armata Rossa contro i nazisti alla radio, troverebbe forse una radio occidentale che lo "negherebbe" in quanto "russo"; e il Time non esporrebbe in copertina quel famoso ritratto di DSCH con l'elmetto da pompiere ed i suoi famosi occhiali, proprio come abbiamo visto.
"La musica non può mentire, possono mentire le parole, ma la musica no." È iniziato in questo modo il testo di Valerio Cappelli recitato in modo commovente da Moni Ovadia. "La sua musica non ha mai mentito", narra Ovadia, e nemmeno lui, DSCH con tutte le sue incoerenze, l'essere stato membro del Soviet Supremo e Presidente della Lega dei Compositori per poi esserne licenziato; quelle luci ed ombre che si sono proiettate sulle due lenti attraverso le quali ha guardato il "suo" mondo e l'ha messo in musica.
Eccezionale merito va alla polistrumentista Giovanna Famulari che ci ha deliziato e commosso con brani come il Valzer n. 2, utilizzato da Kubrick in Eyes Wide Shut, dal Quartetto n.8, e la Sinfonia Leningrado, divenuta il simbolo del terribile assedio della città (8 set 1941 – 27 gen 1944) stretta in una morsa micidiale da Hitler durante la Seconda guerra mondiale, segnando una delle piu' grandi sconfitte del Reich e l'inizio del suo declino, ultimato con la Battaglia di Stalingrado (2 febbraio 1943).
Grandissimo successo di pubblico con Sir Tony Pappano in prima fila: il suo ultimo concerto all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia l'ha dedicato proprio a lui, Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič. eseguendo la Decima Sinfonia, satirico e grottesco ritratto di Stalin, oltrechè dell'innamoramento del compositore per la sua studentessa Elmira Nazirova, cui è dedicato uno dei due temi principali.
Chioso con una citazione del compositore che lo ritrae perfettamente nel carattere e da mandare a memoria:
Quando un uomo è disperato, significa che ancora crede in qualcosa.