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Chroma di Derek Jarman. L'iride gradiente del Blue
Tratto dal titolo dell’ultimo libro sui colori pubblicato da Derek Jarman (1942-1994) poco prima di morire, nel 1994 a Dungeness, Chroma è uno spettacolo che deve molto a Blue, l’ultimo suo film datato 1993, e composto di liriche celestialmente profonde, proprio come il blu al quale è dedicato. Per la regia di Gianluca Enria, lo spettacolo è stato allestito all’Auditorium dell’Ara Pacis da M.o.s.a.i.c.o. nei giorni 6-7 e 8 settembre 2009.
Un regista come Jarman, epitome del punk con Jubilee, direttore di videoclip di Sex Pistols e Pet Shop Boys, regista di nicchia e di culto di film come Edward II o Wittgenstein, o si entra nelle sue corde cromatiche, sia in senso musicale con Simon Fisher Turner curatore di quasi tutte le colonne sonore dei suoi film, sia per coloriture sentimental-pittoriche, oppure si deflagra per territori scontati e stereotipi degeneri.
Jarman è un regista gay che ha fatto della sua malattia, l’AIDS che lo ha colpito nel 1986 (tempi molto più duri allora), un vessillo della poesia. E così si presenta Blue, un lungometraggio di 75 minuti con la musica di Simon Fisher Turner per tutta la durata di questo passaggio monocromatico. Nessun’altra immagine, solo le parole di Jarman con la partecipazione della musa-attrice Tilda Swinton e la collaborazione di Brian Eno, Coil e James Mackay, amico e produttore da sempre. Finanziato dalla rete televisiva Channel 4 e trasmesso in simultanea sulla BBC Radio 3. Il dvd è distribuito in Italia da Mikado (2004). Da sottolineare che il blu scelto è l’"International Klein Blue", creato dall'artista francese Yves Klein e diffusamente conosciuto come Blue Klein.
Entriamo dentro le liriche di Blue quanto in Chroma, libro pubblicato nel 1994 e disponibile in Italia presso Ubulibri e non di meno nello spettacolo che inizia proprio con la fine di Blue, con i Pescatori di perle:
Pescatori di perle
in mari azzurri
acque profonde
che lambiscono l'isola dei morti
in baie di corallo
anfora
trabocca
Oro
Lo sfondo acustico ci porta in un giardino (e ci viene in mente The Garden del 1990 di Jarman, con Tilda Swinton e dolcemente provocatorio): ruscelli, acqua che zampilla sui ciottoli, mentre una voce recita le parole. Il protagonista Paolo Passeri, nelle vesti di Jarman, è completamente immerso nel blu. La musica da Erik Satie, Gnossiennes No1 (lento) da Gymnopédie, tracolla in suoni da discoteca, battono le lancette del tempo. Si ode la promozione del dvd di Jarman che si trova su You Tube.
In alto, sulle scale, un uomo biondo in bianco intona Forbidden Colours di David Sylvian e Ryuichi Sakamoto da Furyo (Merry Christmas Mr Lawrence, 1983): la voce mimetica di Vittorio Centro dispone di quel mezzotono flessuoso e sottile tipico di Sylvian.
Le ferite sulle tue mani non sembra che guariranno mai
Ho pensato che credere era tutto ciò che era necessario
Sono qui, ad un’intera vita da te
Il sangue di Cristo, oppure il battito del mio cuore
Il mio amore si riveste di colori vietati
La mia vita crede così
The wounds on your hands never seem to heal/I thought all I needed was to believe/Here am I, a lifetime away from you/The blood of Christ, or the beat of my heart/My love wears forbidden colours/My life believes (Forbidden Colours).
Secondo atto: Bugie bianche, tre uomini in bianco, poi l’Introduzione, una poltrona rossa con sopra una tuba, ma l’esplosione è con l’Arlecchino. Prima una ragazza poi un ragazzo (Giovanni di Lonardo) con la stessa giacca stracolma di stoffe colorate: lui se le strappa via. Bisogna ricordare come Jarman intendeva l’Arlecchino: “Arlecchino, pezzente e povero cristo con le toppe rosse, blu e verdi, briccone mercuriale con la maschera nera, acrobata aereo che salta, balla e fa le giravolte. Figlio del caos”, per approdare nei Pericoli del giallo ed il sottotitolo “il canarino imprigionato canta più dolcemente”, come Jarman, intonandosi ai colori nel suo ultimo struggente testamento che sembra recare per sottotitolo, come evidenziato dagli attori: “la solitudine è beatitudine”.
Fra l’ombra, regina del colore, si aggira ancora la voce di Centro e poi, un’altra citazione da Blue:
Nel pandemonio dell'immagine
vi offro il Blu universale
Jarman sta per diventare cieco a causa delle cure per l’AIDS ed il mondo diventerà presto monocromo per lui mentre il grigio si appropinqua ed un matrimonio grottescamente forzato si avvicenda sul palco. Il capitolo Porpora è in realtà un Magenta, uno dei colori primari, dove lo sfogo per i pregiudizi sui gay (ancora tratto da Blue) si fa più feroce. Non ci interessa: è una parodica dissezione di sé stesso per Jarman, già attuata in molti film e Lou Reed gentilmente ci fa uscire con il refrain canterino di Goodnight Ladies e l’amore di Jarman per i fiori, di cui lo rimproverava la nonna: “ i fiori corrompono l’aria e le violette sono il fiore della morte”.
Vedere Rosso presenta una Cappuccetto Rosso con tacchi alti, striminzito e attillato vestitino nero: una mantellina di pelliccetta rossa glamour la conduce verso la Traslucenza dove gli attori, con finti membri colorati e fosforescenti nelle mani ballano per il pubblico in una delirante quanto parodica scenetta. Una citazione da Jubilee con un punk segue, terminando in un’Iridescenza dove fioche luci di flebo illuminano il palco per salutarlo definitivamente.
Scrosci musicali anni ’80 hanno accompagnato “la pervinca blu nella sua tomba” (da Blue, ultima strofa), da Smalltown Boy dei Bronski Beat a West End Grils dei Pet Shop Boys, la cui “unica virtù era l’omosessualità ed il cui unico difetto era l’incoerenza”, come asseriscono dal palcoscenico, a ritrarre un regista depresso dai propri film e scioccato dagli altri.
Il romanzo della rosa ed il Sonno del colore, chiudono virtualmente con questo titolo l’alchimia cromatica della sua tempesta (The Tempest, 1979) con L’amore vincitore, la conversazione documentario con Roberto Nanni del 1993 e il grande filosofo analitico del colore Wittgenstein (film omonimo di Jarman ancora del 1993) chiuderà con la sua tesi sul colore:
“I nostri concetti di colore si riferiscono qualche volta a sostanze (la neve è bianca), qualche volta a superfici (questo tavolo è marrone), qualche altra volta all’illuminazione (nella luce rossastra della sera), qualche altra volta ancora a corpi trasparenti” (Osservazioni sui colori, “Introduzione” di A. Gargani, tr. it. di M. Trinchero, Einaudi, Torino 1981). Sono convinta che il suo corpo/anima di greca fattura (psyché) permei ancora di colore la natura, come un giardino che sopravviva al suo cultore.