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Da Bach ai contemporanei. Giovanni Bellucci raddoppia ad Ostia antica
Venerdì 10 e sabato 11 novembre 2023 il pianista Giovanni Bellucci ha tenuto un doppio concerto, con grandissimo successo, nella Sala Riario, presso il borgo rinascimentale di Ostia Antica, a Roma, dove già si era esibito varie volte nel recente passato, grazie all'Associazione culturale Magicamente Incantando. Il grande virtuoso, fondendo la sua vocazione "didattica" e la sua tendenza alle interpretazioni "creative", ha reso simultaneamente omaggio a Johann Sebastian Bach e ai compositori di epoche posteriori che si sono ispirati alle sue opere, da Mozart a Dallapiccola passando per Beethoven, Schumann, Liszt, Wagner, Chopin e Busoni.
Bellucci è considerato uno dei più autorevoli pianisti del nostro tempo, al punto da essere stato nominato più volte per il premio “Editor’s Choice” della rivista inglese Gramophone. Per la rivista britannica, Bellucci "is an artist destined to continue the great Italian tradition, represented in the course of time by Busoni, Zecchi, Michelangeli, Ciani and Pollini” (è un artista destinato a continuare la grande tradizione italiana, storicamente rappresentata da Busoni, Zecchi, Michelangeli, Ciani, Pollini). Il quotidiano francese Le Monde ha, di par suo, sottolineato che "non esistono dieci pianisti come lui al mondo: egli ci riporta all’età d’oro del pianoforte”, riferendo del premio da lui conseguitoi alla World Piano Masters Competition di Montecarlo, giunta come tappa finale di una lunghissima serie di affermazioni nei concorsi internazionali: Reine Elisabeth di Bruxelles, Primavera di Praga, Casella di Napoli, Claude Kahn di Parigi, Busoni di Bolzano. Pianista dal vastissimo repertorio, Bellucci ha eseguito in concerto e inciso su CD le 32 Sonate di Beethoven al Politeama di Palermo, le 19 Rapsodie Ungheresi di Liszt all’Auditorium del Louvre di Parigi, le 9 Sinfonie di Beethoven, trascritte da Liszt, all’Auditorium Belém di Lisbona, le trascrizioni lisztiane della ‘Sinfonia Fantastica’ e dell’ ‘Harold en Italie’ alla Performing Arts Society di Washington, i 5 Concerti di Beethoven con l’Orchestra Sinfonica di Biel-Solothurn, l’integrale delle Opere di Busoni per Pianoforte e Orchestra con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e con l’Orchestra del Teatro Nazionale di Mannheim.
I programmi delle due serate sono stati diversi, ispirati a due differenti nuceli tematici: nella prima serata ha declinato il "crocevia Bach" in termini di meditazioni, fantasie, toccate, canoni, speculazioni contrappuntistiche e fughe. Nella seconda serata il focus gravitava, invece, intorno alle Sacre scritture, punizioni divine, leggende, miracoli, ideali eroici e umane debolezze.
Noi abbiamo seguito la seconda serata, nella quale, come suo costume, il pianista ha introdotto i brani, coniugando eccellentemente la sua "sapienza" teorica con una spiccata attitudine didattica. È stato notevole nello spiegare quello che in tedesco si chiama il Fortleben, ossia la "vita" successiva (noi diremmo la "fortuna") di Bach, come è stato ripreso, riscritto ed ereditato dai compositori di epoche posteriori che si sono ispirati alle sue opere. Per Bellucci, “la musica dei grandi artisti entra nelle coscienze individuali in modo talmente profondo da non conoscere ostacoli". Sicché Bach ha rappresentato il punto di partenza ma anche una sorta di traguardo nel portare alle estreme conseguenze le sue intuizioni. Ecco perché non si è limitato a Beethoven, Chopin e Liszt, ma ha fatto incursioni nel "contemporaneo", soprattutto nella prima serata, quando ha eseguito alcuni pezzi di Luigi Dallapiccola, compositore del '900 di straordinaria sensibilità e ingegno (il Quaderno Musicale di Annalibera è stato il "testo" da cui ha attinto).
In tutti i brani eseguiti, ma in particolare nelle riprese di Liszt, Bellucci ha irradiato la musica con sottigliezza e capacità di far vibrare il pianoforte quasi a imitare le dinamiche orchestrali, in un afflato agogico che solo i grandi interpreti sanno far risuonare: l'agogica (dal greco ἀγωγή, movimento) è il complesso delle piccole modificazioni di tempo apportate a un pezzo durante la sua esecuzione per ragioni interpretative. Ed è il ritmo quello che la scandisce più di ogni altra cosa, con anima e personalità. Secondo gli antichi teorici ellenici, il trapasso agogico risultava dall'alternanza di tempi forti e di tempi deboli: variano le grandezze dì tempi, varia la valutazione del tempo primo, varia insomma la durata. Bellucci ha saputo imprimere, per così dire, la personalità del senso lirico alla ritmica, ben oltre i limiti di una misurazione meccanica e materiale.
Quasi giocando con le parole, Bellucci ha evidenziato come il nome Bach, in tedesco, significhi "ruscello". E lo stesso Beethoven, ebbe a dire: "nicht Bach, sondern Meer”, “non un ruscello, ma piuttosto il mare". Per Bellucci, "immergersi nello studio, nell’esecuzione e nell’ascolto di opere di Bach diventa un’esperienza di grande intensità e spiritualità.”
Al termine del concerto, in un bis invocato a più riprese dal pubblico, ha eseguito “l’Aria sulla IV corda” di Bach/Siloti (resa celebre anche nel riarrangiamento dei Procol Harum, gruppo progressive degli anni '60, con il titolo A Whiter Shade of Pale), spalancando territori inesplorati, in cui vagare senza bussola, trasformandoci in viandanti che diventano incapaci di ricordare che, pure, sono paesaggi che conosciamo benissimo da sempre.