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Dai Crivelli a Rubens. Da Fermo a S. Salvatore in Lauro
Una mostra d’arte sacra nel periodo pasquale è quasi d’obbligo in un contesto museale come quello del Pio Sodalizio dei Piceni, con sede a Roma presso San Salvatore in Lauro, ma non sempre i soggetti religiosi sono all’altezza delle nostre aspettative, mentre questa volta bisogna riconoscere che le opere esposte sono davvero eccezionali, come è intuibile già dal titolo: “Dai Crivelli a Rubens. Tesori d’arte da Fermo e dal suo territorio”. Fino al 9 luglio 2017 sono in mostra alcuni capolavori provenienti dalle Marche e in particolare da Fermo, la cui Pinacoteca civica e alcune chiese del territorio sono chiuse in seguito a lesioni dovute al recente terremoto.
Il Pio Sodalizio dei Piceni da oltre 400 anni sostiene la cultura e la civiltà artistica delle Marche e ha quindi promosso l’evento, insieme al Comune di Fermo, per far conoscere meglio la ricchezza del patrimonio artistico del suo territorio, che è sicuramente meno noto di quello di altre città d’arte marchigiane come Ancona o Urbino (città che ha dato i natali a Bramante, Raffaello e Barocci), ma che ha goduto di un periodo di grande splendore tra il XV e il XVI secolo, a partire dall’arrivo da Venezia di Carlo Crivelli, e qualche anno dopo di suo fratello Vittore. La mostra è ad ingresso gratuito con eventuale offerta libera da destinare ai restauri delle opere d’arte dei centri marchigiani colpiti dal sisma.
Per motivi di spazio la sequenza espositiva non è cronologica, pertanto la prima sala è dedicata alla sezione barocca, a cura di Anna Lo Bianco, comprendente tre grandi Natività (o Adorazione dei pastori), quella di Rubens, della Pinacoteca civica di Fermo, quella di Pietro da Cortona, dipinta per San Salvatore in Lauro e quella di Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, pure proveniente da Fermo. Il capolavoro di Rubens, commissionato dagli Oratoriani di S. Filippo Neri, è stato eseguito per la chiesa di San Filippo di Fermo nel 1608, alla fine del soggiorno italiano dell’artista, durato otto anni, e racchiude tutto il suo bagaglio culturale acquisito in quegli anni, al quale attingerà anche dopo il suo ritorno ad Anversa. In questo dipinto l’idea del notturno deriva da Correggio, come pure gli angeli a grappolo, ma con una nuova ricchezza di energia e pathos; la luce corrusca da Caravaggio, il colore da Tiziano e il movimento degli angeli in picchiata da Tintoretto. Di plasticità classica è la figura del pastore in primo piano con il vestito rosso, come pure quella della Madonna, statuaria eppure viva.
Figura questa che sicuramente ha influenzato quella della Vergine, quasi una Niobe di marmo, nella Natività di Pietro da Cortona del 1626. Il sentimento dell’antico in Pietro da Cortona pervade anche la figura di profilo sulla sinistra, che richiama quella di un guerriero romano. Il Bambino luminoso appena abbozzato, come quello di Rubens, diventa l’elemento centrale del dipinto, da cui si irradia una luce divina. Anche l’altra Adorazione dei pastori, quella realizzata da Gaulli per la chiesa di Santa Maria del Carmine a Fermo, sembra dimostrare che a fine Seicento Rubens è ancora un maestro indiscusso per il Baciccio, perché ritroviamo la stessa bellezza classica nella Madonna e la citazione del pastore che si copre il volto con la mano, anche se aumentano gli angeli tipicamente barocchi che formano una sorta di andamento a S.
L’esposizione prosegue al piano seminterrato del museo con una splendida sezione, a cura di Claudio Maggini e Stefano Papetti, dedicata a un periodo cronologicamente precedente, con capolavori di Carlo e Vittore Crivelli, di Pietro Alemanno (allievo di Carlo), di Ottaviano Dolci e Giuliano Presutti. Carlo Crivelli, nato e cresciuto a Venezia, era figlio del pittore Jacopo. Col padre e con il fratello minore Vittore costituisce la terza delle grandi famiglie artistiche lagunari del Quattrocento, dopo quelle dei Bellini e dei Vivarini. Con questa generazione di pittori assistiamo a un trapasso del gotico cortese legato soprattutto a Gentile da Fabriano a un rinascimento timido, acquisito per via di esperienze e suggerimenti esterni. Carlo Crivelli è un artista che rimane per molti lati misterioso, un po’ per il suo peregrinare per località diverse (Padova, Zara, Fermo, Ascoli Piceno) e un po’ per le incredibili manomissioni dei suoi polittici, scomposti, divisi ed emigrati all’estero. Non si conosce la sua data di nascita, ma potrebbe essere intorno al 1430, perché lo troviamo a Padova nel 1450 alla scuola dello Squarcione, accanto a Mantegna, cui si deve il rinnovo in chiave rinascimentale della pittura veneto-padana.
Nel 1457 egli ebbe a subire un processo e una condanna per via di una relazione sentimentale con una donna sposata ad un marinaio. La dolorosa vicenda di questo amore giovanile finito male lo fece allontanare per sempre da Venezia. Il suo polittico proveniente dalla chiesa parrocchiale di Massa Fermana è firmato e datato al 1468 ed è la prima opera documentata del suo soggiorno marchigiano. Raffigura la Madonna con i santi Giovanni Battista, Lorenzo, Silvestro e Francesco . Nella parte superiore troviamo Cristo in pietà, la Vergine Annunziata e l’Arcangelo Gabriele e nella predella l’Orazione nell’Orto, la Crocefissione, la Flagellazione (stranamente non in sequenza cronologica) e la Resurrezione. La sua arte non risponde ad una definizione precisa perché nell’apparente arcaicità di certe formule iconografiche nasconde delle aperture verso un intimismo psicologico che verranno raccolte più tardi. La figura della Vergine, vicina a quelle di Filippo Lippi, presenta un accento di umana spiritualità, e quindi una nuova tenerezza, mentre un santo come il Battista sembra una statua muta immersa in un aspro paesaggio pietrificato.
Carlo ebbe molta influenza sulla pittura marchigiana. Non solo il fratello Vittore Crivelli, ma anche il suo allievo Pietro Alemanno, del quale troviamo in mostra una Maddalena (dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno), Cola dell’Amatrice e tanti altri ne subirono il fascino. Agli anni 1480-85 risale il grande polittico che Vittore Crivelli realizzò per i francescani per l’ex chiesa dei Minori Osservanti e ora nella pinacoteca di Sant’Elpidio a Mare, che si contraddistingue per uno stile fastoso ed elegante. Sono ancora presenti i fondi d’oro che ci parlano di trascendenza e le cornici gotiche finemente restaurate e in parte ricostruite (ma mancanti nel piano superiore). Al centro troviamo l’Incoronazione della Vergine e ai lati San Bonaventura da Bagnoregio, San Giovanni Battista, San Francesco, San Ludovico di Tolosa, nella parte superiore Cristo morto tra la Vergine e Giovanni Evangelista, quindi una serie di santi tra i quali figura Sant’Elpidio, mentre nella predella sono state dipinte le storie del Battista.
Una cosa che colpisce in Vittore è l’abbondanza di motivi naturalistici come frutti, fiori e uccelli, che probabilmente dovevano avere un significato preciso. Li troviamo nell’Incoronazione di questo polittico, come pure nella Madonna del Monte degli stessi anni, proveniente dalla chiesa di Massa Fermana dedicata ai santi Lorenzo, Silvestro e Ruffino. La Madonna di questa tavola, detta anche della cintola, entra in relazione con la nascita del Monte di Pietà, tanto che i protetti della Madonna, raffigurati in basso in entrambi i lati, hanno delle cassette aperte per il denaro. Sempre di Vittore è la tavola da Sant’Elpidio Morico con la Madonna e Santi, dove la Vergine è raffigurata mentre adora il Bambino (che giace per terra), ed è sua pure una tela raffigurante la Crocifissione, dal forte accento patetico.
Un altro grandioso polittico presente in mostra proviene dalla chiesa di San Francesco a Monte San Pietrangeli ed è stato attribuito al durantino Ottaviano Dolci, che probabilmente deve essere subentrato a Vittore Crivelli dopo la sua morte avvenuta nel 1502 (la Pietà, come pure San Bernardino potrebbero essere di Crivelli). Ottaviano Dolci è un isolato interprete della cultura rinascimentale urbinate, formatosi nella bottega di Giovanni Santi (il padre di Raffaello) e influenzato dal Perugino, il cui stile ritroviamo nella figura della Vergine e in quella di Santa Caterina d’Alessandria. In precedenza il polittico è stato attribuito a Giuliano Presutti, del quale è in mostra per un confronto una Madonna con Bambino e Santi del 1510, conservata nella Pinacoteca di Fermo.