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David LaChapelle. Pop glamour après le déluge
A distanza di 15 anni, il Palazzo delle Esposizioni torna ad ospitare fino al 13 Settembre 2015 una corposa e esaustiva personale di David LaChapelle. Partendo dal suo genio visionario e dall'amore per i grandi maestri dell'arte, ha elaborato un tipo di immagine permeata di iperrealismo, surrealismo e colore, dalla quale emerge un linguaggio figurativo cinico e una critica sociale altamente corrosiva.
Fotografie capaci di trasmettere opulenza in un caleidoscopio di colori. All'inizio usa e viene usato dalla moda che commissiona a LaChapelle (Fairfield 11 Marzo 1963) servizi irriverenti ai limiti del pornografico. Ma quando il suo mentore Andy Warhol lo assume come fotografo per Interview, i ritratti delle Celebreties sono la testimonianza del suo periodo glamour; collabora anche a Vogue, Rolling Stone e vive e opera in una bella centrifuga che lo manda in frantumi e in depressione.
Poi, novello Paolo di Tarso, viene folgorato nel 2006 a Roma nella visita alla Cappella Sistina e rimane abbagliato dalla vigoria e dalla maestria di Michelangelo Buonarroti, al punto che un caposaldo della sua ispirazione resta quel "Deluge " che è il fiore all'occhiello di questa mastodontica antologica di 150 opere, alcune di grande formato.
Nel salone circolare del Palazzo delle Esposizioni il suo "The Deluge", trasposizione del nostro tempo in lastra fotografica, ci accoglie ci abbaglia ci disturba e si fa monito della nostra distruttiva quotidianità. Mentre tutto intorno sale l'acqua, il novello Géricault dipinge la sua zattera con l'albero maestro sghembo che divide il grande affresco fotografico in un trittico post-pop dove fissa un umanità che cerca di salvare il salvabile e salvarsi essa stessa, con una bionda che annuncia il disastro via cellulare tra un cielo plumbeo e minaccioso e il Caesars Palace di Las Vegas che va a picco.
Non c'è traccia dell'Arca che portò Noè fuori dal disastro ecologico. Nella serie del "diluvio" ci sono anche un museo allagato (la morte dell'arte?) con dipinti che galleggiano. Il ciclo "Jesus is my homeboy" mette in sequenza un Cristo ariano con occhi cerulei tra bianchi e neri vestiti di t-shirt a predicare a miracolare e celebrare l'Ultima Cena di chiara matrice leonardesca, dove la Maddalena è ovviamente biondo platino.
Ci sono le due commoventi e toccanti Pietà "Pietà with Courtney Love" e l'altra con Gesù a tenere tra le ginocchia un bianchissimo Michael Jackson. E di seguito le sfavillanti centrali elettriche ricostruite su modellini in scala con sapiente maestria cinematografica. E che dire delle lastre acquatiche di cui non si riesce a discernere la realizzazione e le sue nature lussureggianti che sono sì mutuate da Rousseau il doganiere ma guardano anche all'ambiente dove lui vive 6 mesi all'anno, le Hawaii. Tutta quest'opera è senza l'aiuto del photoshop! E per finire, buona visione.