Edward Hopper a Roma. Di fronte alla luna azzurrina

Articolo di: 
Livia Bidoli
Soir Bleu

Sembra proprio di accedere alla notte entrando nel bar di Nighthawks (1942) – la ricostruzione cinematografica in scala reale, sono in mostra i disegni preparatori – di Edward Hopper (1882-1967). Incontriamo i nottambuli al bar dentro la galleria del Museo Fondazione Roma dal 16 febbraio al 13 giugno 2010. Insieme alle donne dell’età del jazz – una per tutte, sua moglie Josephine – e della Grande Depressione americana degli anni 1929 fino agli anni ’50 e ‘60.

Edward Hopper non ebbe subito successo: fino al 1923, anno in cui incontrò la moglie Josephine Nivison, che sposa un anno dopo – sicuramente un'analogia temporale influente –, dovette guadagnarsi da vivere con le incisioni di cui fu maestro. La retrospettiva infatti offre una serie di capolavori, tra cui Nightshadows a Night in the Park, entrambe del 1921, contraddistinte da una caratura filmica: sembrano opere riprese da un regista più che da un incisore. Dai premi, al successo, alle prime acquisizioni del Museum of Modern Art e del Whitney Museum of American Art nel 1930, – il Whitney accoglierà l’intero lascito della moglie dopo la morte di entrambi, lei morì nove mesi dopo di lui – Hopper ha svolto un percorso incredibilmente omogeneo che io situerei tra la Soir Bleu (in mostra  enel riquadro, del 1914)  e i Two Comedians del 1966, un anno prima di morire.

I personaggi di Hopper guardano fuori o dentro di sé: danno le spalle al pubblico come la danzatrice di New York Interior (1921- in mostra solo a Roma) oppure Summer Interior (1909) – entrambe nella sezione L’Erotismo di Edward Hopper -, oppure veleggiano su lidi inconosciuti, fuori da una finestra, lo splendido Morning Sun (1952) oppure il melanconico A Woman in the Sun (1961). Le uniche tele con personaggi che guardano veramente verso il pubblico, la donna mora in Soir Bleu e la donna nera in South Carolina Morning (1955 - in mostra solo a Roma), detengono uno sguardo austero, dall’alto fanno piombare quasi una reprimenda sul pubblico che osa posare lo sguardo su di loro.

E’ un pittore aristocratico Hopper, al contrario di quel che si potrebbe pensare dalle sue rappresentazioni di middle class urbane. Austero e reticente sul suo lavoro – per difendere la sua arte – si ripiegava su sé stesso, come i suoi personaggi, soli e vagolanti in case in pieno sole oppure nelle inquietanti case solitarie alla Hitchcock delle sue incisioni come la tenebrosa e disfatta The Lonely House (1922). Anthony Perkins si aggira nel giardino mentre Lynch osserva attentamente il palco di Girlie Show (1941), dove la moglie Jo agita un velo azzurro in alto sul suo corpo nudo e superbo dei suoi tacchi anch’essi azzurrini.

E’ intriso di noir il suo The Open Window (1918-19) che guarda su una ferrovia The Railroad (1922) che nasconde un uomo tra gli sterpi, e lo stesso The Sheridan Theatre (1937 – in mostra solo a Roma), con le sue luci sfavillanti ed aranciate, ci narra di qualcosa che ci sfugge, si immerge nei gloriosi nudi di Reclining Female Nude from Rear (1902-04) o dell'alata Evening Wind (1921) fino alla mattina dei navigli immaginari di Seven A.M. (1948 – in mostra solo a Roma). Qui ci attende il sole sconquassante di Second Story Sunlight (1960), scelto come locandina della mostra, che acceca tante donne nei suoi dipinti rendendole fulgidamente nude.

Per ultimo ci saluta il ragazzo di Boy and Moon (1906-07) che si affaccia alla luna, emblema di quella maschera che porta il Pierrot di Soir Bleu come quelle – maschile e femminile – di Two Comedians: un commediante che ha scelto di situare l’Altrove furtivamente in uno dei luoghi meno indicati, il palcoscenico.

Nota ad exergo: mi par di ricordare un arguto aforisma di Oscar Wilde che affermava: "L'uomo è tanto meno sè stesso quanto più parla di sé: dategli una maschera e vi dirà la verità".

Pubblicato in: 
GN8 Anno II 18 febbraio 2010
Scheda
Titolo completo: 

Edward Hopper
16 febbraio - 13 giugno 2010
Museo Fondazione Roma
Roma

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Voto: 
8.5