FaustIn and out di Elfriede Jelinek. Memorie del sottosuolo austriaco

Articolo di: 
Teo Orlando
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Lunedì 7 settembre 2015 al Teatro La Pelanda di Testaccio, nell’ambito della rassegna Short Theatre, è andato in scena FaustIn and out, con la regia di Fabrizio Arcuri, tratto da un testo di Elfriede Jelinek.

La scrittrice austriaca, premio Nobel per la letteratura nel 2004, era nota agli amanti italiani del teatro soprattutto a partire dal 1998, quando venne rappresentata per la prima volta nel nostro paese la pièce Was geschah, nachdem Nora ihren Mann verlassen hatte oder Stützen der Gesellschaft (Che cosa accadde quando Nora lasciò suo marito), un testo incentrato sulla denuncia della società maschilista, che si richiama al teatro di autori scandinavi come Ibsen e di Strindberg. Tuttavia, mentre in Austria i suoi spettacoli riscuotono vasti consensi, infiammando la scena viennese, sui palchi italiani stentano a decollare, rimanendo confinati nei circuiti d’avanguardia e underground. Lo stile non specifico per il teatro dei testi della Jelinek, i problemi di traduzione e le asperità stilistiche hanno a lungo ostacolato la diffusione del suo teatro, finché il successo del film di Michael Haneke, La pianista, tratto da un suo testo, e il conferimento del premio Nobel non hanno segnato una parziale inversione di tendenza.

La pièce rappresentata alla Pelanda è una sorta di riscrittura del Faust di Goethe, articolata in tre parti che corrispondo ad altrettante tematiche: una di cronaca nera, una filosofica e una politica. Nella prima parte, strutturata come se si trattasse di tre monologhi, e introdotta prima da una musica sinistramente tintinnante e poi dal fragore di un temporale, l’autrice rilegge la vicenda di Elisabeth Fritzl, avvenuta nella cittadina austriaca di Amstetten, dove la donna è vissuta segregata per ben 24 anni in un bunker costruito dal padre, l'ingegnere Josef Fritzl, che la violentava continuamente, al punto che da questi rapporti incestuosi sono nati sette figli, progenie di un mostruoso padre-nonno. 

La rilettura della vicenda si interseca con quella del Faust di Goethe, quasi a costituirne una specie di commento o di “dramma secondario”. Anche il titolo, FaustIn in and out , allude sia al Faust, sia al dentro e al fuori dalla comunicazione umana. Il bunker della segregazione invece rimanda al sottosuolo e ai torbidi della psiche umana, quasi in riferimento a Dostoevskij; ma emerge anche la dimensione storica dei bunker, costruiti per salvarsi dai bombardamenti, ma poi divenuti un reticolo di micromondi sotterranei mai effettivamente censiti. Per certi versi il personaggio "reale" di Elisabeth viene ad assumere i caratteri della Margherita della prima stesura del Faust, l'Urfaust, influenzato dallo Sturm und Drang: qui Margherita commette un infanticidio, mossa dalla disperazione e dalla vergogna, dopo aver partorito un figlio da Faust. Qui assistiamo a una sorta di alternanza di personaggi, dove compare la madre (Sandra Soncini), che si interroga sull'identità della donna, il padre Fritz/Mefistofele (Francesca Mazza), che distorce la voce al microfono, e la figlia (Angela Malfitano), che richiama la Margherita di Goethe.

E più in generale l’autrice vuole mettere in evidenza i lati oscuri della società austriaca, dove un’altra ragazza, Natascha Maria Kampusch, nel 1998 venne rapita e tenuta prigioniera a soli dieci anni da un maniaco, Wolfgang Přiklopil, poi morto suicida. Vengono così a saldarsi le tematiche del sociale e del femminismo (nella Jellnek la contrapposizione alla fallocrazia e le accuse a chi attenta all'identità di genere sono fortissime) con la questione dei media (non a caso nell’ultima parte l’attrice parla come se ci fosse il filtro di uno schermo televisivo, in realtà costituito da pareti di alluminio montate direttamente sulla scena), capaci di deformare e trasfigurare negativamente la realtà. 

La dimensione filosofica invece è costituita da continui richiami a due filosofi agli antipodi: da un lato Kark Marx, citato più volte per le tematiche dell’alienazione, della logica del profitto che domina le società occidentali e della Weltanschauung finanziaria che sottomette tutto alla gabbia d'acciaio dell'economia; e dall’altro Martin Heidegger, che nella seconda parte compare come una sorta di alter ego di Mefistofele, personaggio vestito comicamente con corna da diavolo, e di cui viene sbeffeggiato il “gergo dell’autenticità” di matrice nazista (come ha rilevato Micaela Latini, quest'immagine del filosofo tedesco, a cui la scrittrice ha altresì dedicato una pièce filosofico-politica dal titolo Totenauberg [1992], è verosimilmente mutuata da Alte Meister (Antichi maestri) del suo connazionale Thomas Bernhard). La scena si ispira a un format televisivo austriaco, con Matteo Angius nel ruolo di un Mefistofele che parla in "heideggerese".

Quello della Jelinek è in fondo una forma di antiteatro, come ha sottolineato il critico Heiner Müller, nel senso di una rappresentazione che corrode dall’interno le regole del dramma per portare alla luce la natura stessa del teatro. Nei drammi di Elfriede Jelinek il filo conduttore è costituito dalle patologie e dalle contraddizioni della società contemporanea occidentale, e in special modo austriaca (in questo simile a Thomas Bernhard). 

La recitazione e le scenografie hanno perfettamente catturato lo spirito della pièce, come anche i costumi, per la prima parte costituiti da mascheramenti integrali che richiamavano gli animali delle fiabe per bambini (una renna, un orso e un coniglio), quasi una metafora dell'infanzia negata alle vittime del "mostro" nel bunker.

Pubblicato in: 
GN39 Anno VII 10 settembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Short Theatre

LUNEDÌ 7 SETTEMBRE 2015 | 20.00 | 3h35′ inclusi due intervalli di 15’
LA PELANDA | TEATRO 1
teatro
nell’ambito del Focus Jelinek

FaustIn and out

sotto sopra dentro fuori il Faust di Goethe
di Elfriede Jelinek
regia Fabrizio Arcuri
traduzione di Elisa Balboni e Marcello Soffritti
sopra/sotto Angela Malfitano, Francesca Mazza, Sandra Soncini e Marta Dalla Via
dentro/fuori Matteo Angius e Fabrizio Arcuri
scenotecnica Marco Manfredi
un ringraziamento a Alessandro Saviozzi
produzione Tra un atto e l’altro, Accademia degli Artefatti e Festival Focus Jelinek
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione
e con il sostegno della Regione Emilia Romagna

Prima parte
La Presentazione durata 65 min

Seconda parte
La Rappresentazione durata 85 min

Terza parte
La Cronaca durata 35 min

www.artefatti.org