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Faust e Mefistofele a Santa Cecilia. Goethe e Marlowe a confronto
Per la Stagione di Musica Sinfonica a Santa Cecilia prende vita il mito immortale di Faust con una prima assoluta di Matteo D’Amico (1955) dal Doctor Faustus di Christopher Marlowe: Veni veni Mephostophilis (...lente currite noctis equi) e la gigantica Faust-Symphonie di Franz Liszt con i suoi tre ritratti piscologici tratti dal Faust di Goethe del 1832. Dal 5 all'8 novembre 2011 ed in collaborazione con Roma Europa Festival, il concerto con Antonio Pappano sul podio, Gregory Kunde tenore e Ciro Visco alla direzione dei due cori, è stato registrato da Rai Radio 3.
La tragica storia del Dottor Faust (The Tragical History of Doctor Faustus) è un'opera teatrale scritta da Christopher Marlowe nel 1588: la sezione scelta da D'Amico per questa prima eccezionale sia per livello letterario sia musicale, è stata tradotta dal compositore stesso in italiano e tratta soprattutto dalla parte finale (Atto V scena II) tranne l'invocazione iniziale ai demoni in latino (Atto I scena III), la chiamata di Faust a Mefistofele del titolo Veni, veni Mephostophilis (Atto I scena V) e poche altre. La versione adottata è quella postuma del 1616 con aggiunte non autenticate dai critici: è nondimeno la più lunga, e quella scelta nella maggioranza dei casi e che contiene in particolare la Scena III del Coro a chiosa di questa partitura.
La cantata di D'Amico per Coro femminile, che interpreta sia gli spiriti infernali sia quelli celestiali, è complementare alla scelta di Liszt per il Coro maschile, mentre il tenore Gregory Kunde è presente in entrambe le opere, nonostante i diversi usi. L'Orchestra, a parte alcune differenze minime, è contenuta e dà ampio spazio ad ottoni, fiati e percussioni, con la presenza dell'organo nella Faust-Symphonie di Liszt. La scelta della Commissione di Santa Cecilia per questo raffronto, ha dato allo stesso tempo modo di comporre a D'Amico su un testo poco esperito nell'ambito “faustiano” rispetto a quello di Goethe, promuovendo un approfondimento anche per il pubblico non esperto.
Il Coro femminile invoca e commenta agganciando l'inizio nel pieno della scena: la chiamata dei demoni maggiori (Atto I scena III), Lucifero, Belzebù, Demogorgone ed infine Mefistofele che diverrà il vassallo di Faust, risuona obliqua come il male: gli echi di Schönberg ed il violino solista sgorgano dalle tenebre, mentre Kunde intona quasi una filastrocca macabra per l'Alacre Artigiano che è lui stesso. I glissandi tremebondi arrestano qualsiasi speranza, nonostante Angelo Buono e Angelo Cattivo si contendano tuttora l'anima di questo alchimista stregonesco, al quale i cieli esigono di abbandonare il libro blasfemo (sacrilego nel testo) per ottenere la salvezza.
Il sottotitolo O lente, lente currite, noctis equi!, introdotto da Marlowe e riportato da D'Amico, proviene dagli Amores di Ovidio (I, 13, 40) e ricalca l'implorazione di Faust poco prima che dice:
Ferme! Ferme, sfere celesti che sempre ruotate;cessi il tempo e mezzanotte non venga mai (Stand still, you ever-moving spheres of heaven, That time may cease, and midnight never come, in originale, trad. D'Amico)
Qui l'arpa celestiale diventa compassionevole asserzione della sentenza cui Faust è condannato e fa da contrappeso alla precedente e percussiva inquietudine in crescendo dei versi del titolo: quando si dispiega la potenza dei Cori infernali la suggestione e gli effetti sono massivi ed il sincopato, poi sussurrato del dolore che persegue chi si è dato ai piaceri terreni, martellano Faust fino alla morte, con le trombe perentorie che inchiodano all'abisso, le lugubri campane ed il Coro del Cielo che si ritira intimando in un fugato: “Faustus is gone, regard his hellish Fall” (Faust se n'è andato, nell'inferno è rovinato: cantato in inglese in questo caso).
Franz Liszt, di cui ricorre il bicentenario della nascita (1811-1886), ha scritto la sua immensa Faust-Symphonie (Eine Faust-Sinfonie in drei Charakterbildern) sulla spinta dell'amico Berlioz alla quale è dedicata – che aveva scritto nel 1846 “La Damanation de Faust”, leggenda drammatica – nel 1854 con l'aggiunta del Coro mistico nel 1857.
L'opera è costruita come un quadro psicologico dei tre personaggi individuati ciascuno in un Charakterbilder su cui spicca quello dedicato al demone Mefistofele, composto dall'intrecciarsi di tutti i temi di Faust, escluso quello di Gretchen (Margherita) che gli sfugge per l'esasperata celestialità e la redenzione finale che garantirà a Faust.
I temi centrali, in cui è ben esplicitata la narratività dei poemi lisztiani, innovativi come ha ben spiegato il Maestro Pappano in apertura, sono essenzialmente riferiti a Faust, tranne quello di Gretchen, e sono tutti illustrati nel primo movimento, il più lungo, di circa trenta minuti. Il ritratto di Faust si innerva su una Forma-Sonata in do maggiore che partecipa lentamente della sete di conoscenza del personaggio, seguita poi dal dubbio (discesa, l'oboe) e dalla “passione” inquieta (crescendo) e dal desiderio sospirato (oboe e clarinetto). Il tema della fierezza, pentatonico, è collegato al girovagare per il mondo di Faust.
Il lento e sinuoso ritratto di Faust si impenna in picchi improvvisi di drammaticità che Pappano riproduce con estrema accortezza seguito dalla pulizia del suono dell'Orchestra: la costante lirica conferisce un afflato esteso degli archi per lasciare spazio all'arpa (in posizione centrale per l'intera serata davanti al direttore) che intona uno dei temi protagonisti mentre serpeggia un'inquietudine wagneriana che richiama l'attenzione sul patto. L'Andante Maestoso assai che divide il primo movimento dal secondo è quasi liberatorio dopo tanta tensione stemperata a malapena dalle aperture orchestrali.
Il tema di Gretchen innalza e dona requie estatiche in Fa maggiore e con un oboe che costruisce versi poetici a lei dedicati con estrema grazia: i voli pindarici nel paradisiaco si intrecciano col sogno d'amore per Faust. L'afflato sublime e lievemente patetico si libra su note che delineano il desiderio e la passione per Faust, mutando anch'essi in accorato giubilo d'amore.
Mefistofele è beffardo ed ironico si leva sui cromatismi di cui intride i temi faustiani: se ne appropria e li irride in continue variazioni, fughe negli ambiti quasi atonali che esplodono come fuochi percussivi di clamore e colore. Continui legati degli archi alternati a pizzicati, rendono il movimento danzante ed istrionico, del tutto simbiotico al personaggio, sia nella ritmica sia nell'andamento complessivo, per lasciare posto al Coro mistico le cui note inneggiano ai versi (tradotti pregiatamente da Quirino Principe):
Tutto ciò che passa è soltanto un simbolo,
l'insufficiente ha qui compimento;
l'indescrivibile qui ha già esistenza;
in alto ci attira l'eterna femminea essenza.
(In originale: Alles Vergängliche/ Ist nur ein Gleichnis;/ Das Unzulängliche,/ Hier wird's Ereignis;/ Das Unbeschreibliche,/ Hier ist's getan;/ Das Ewig-Weibliche/ Zieht uns hinan.)
Il Coro maschile scelto da Liszt si profila in un andamento romantico e quasi mendelssohniano, gli echi wagneriani del Parsifal sono alla porte e schiudono all'eterea voce di Gregory Kunde, svettando sull'organo liturgico entrante sul canto a farne riverberare l'epos.
Ascolti consigliati: Faust-Symphonie: Chicago Symphony Orchestra and Chorus - Sir Georg Solti, Decca, 2000
Opera
Faust è un dramma lirico in cinque atti composto da Charles Gounod tra 1839 e 1858 su di un libretto in lingua francese di Jules Barbier e Michel Carré tratto dal lavoro teatrale Faust e Marguerite di Michel Carré, a sua volta tratto dal Faust di Johann Wolfgang von Goethe.
La damnation de Faust (titolo italiano: La dannazione di Faust) è una composizione per soli, coro e orchestra di Héctor Berlioz, definita dall'autore una "légende dramatique". Il libretto fu adattato da Berlioz e Almire Gandonnière a partire dalla traduzione di Gérard de Nerval della prima parte del Faust di Goethe. La prima esecuzione fu a Parigi nel 1846.
Mefistofele di Arrigo Boito del 1868, opera in quattro atti, un prologo e un epilogo, scritta e composta ispirandosi al Faust di Goethe.
Schumann scrisse le Scene dal Faust di Goethe tra 1844 e 1853, in originale Szenen aus Goethes Faust, che è stata giudicata la sua opera drammatica di maggior levatura fra le sue composizioni.