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Faust di Sokurov. L'inesorabile immer weiter
La stessa bobina che ha vinto il Leone d'Oro alla 68° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è stata proiettata in anteprima venerdì 21 ottobre 2011 al Goethe Institut di Roma, con la presentazione della Prof.ssa di Letteratura Tedesca all'Università degli Studi della Tuscia Ursula Bavaj: il Faust di Aleksander Sokurov in versione originale (in lingua tedesca con sottotitoli in italiano).
A conclusione della trilogia del Potere che ritraeva personaggi realmente esistiti: Adolf Hitler per Moloch, 1999; Vladimir Lenin in Taurus, 2000; l'imperatore del Giappone Hirohito in Il sole, 2005, come ultimo il ritratto tratto dalla versione del Faust di Johann Wolfgang von Goethe (pubblicato in versione definitiva nel 1832, anno della morte di Goethe); e forse anche in quest'ultima versione si può riconoscere la figura realmente esistita di Johann Georg Faust (1480 – 1540).
La zoommata iniziale sul piccolo villaggio dove abita Faust nel Medioevo – leggermente offuscata dalle nuvole a creare una sorta di magica coltre – ricorda subito la versione di Murnau del Faust datata 1926, come anche le abitazioni piccole e strette, dissociandosi poi per la crudezza perentoria delle stesse prime immagini basate su una delle scienze di Faust, la medicina, che disseziona cadaveri e ne esamina le interiora con l'assistente accondiscendente e sussiegoso, Wagner (Georg Friedrich).
Faust è tormentato dal disagio dell'uomo contemporaneo, quel “Disagio della civiltà” su cui Freud scrisse un libro illuminante, e su cui Amleto potrebbe indovinare la sua storia (cfr. Harold Bloom in Il canone occidentale, ed. Bompiani, il capitolo dedicato alla “Lettura shakesperiana di Freud”, che capovolge l'approccio da edipico ad amletico, ovvero lui come avrebbe letto Freud). Ma non solo: Faust - perfetto nella parte Johannes Zeiler - vuole raggiungere l'Assoluto, il senso ultimo e così si dedica alle scienze esoteriche; nel frattempo, è senza soldi. Misero nella sua essenza umana che non conosce limiti e non li riconosce soprattutto, si avvicina al personaggio magnificamente ritratto dell'usurario, ossia Mefistofele - lo straordinario Anton Adasinsky, mimo di professione nel gruppo Derevo e con una tale intensità diabolica nello sguardo, da imprimersi a fondo nella memoria -, un uomo che prende qualsiasi cosa in pegno in cambio di denaro, prima su tutti, l'anima di chi gliela vuole vendere.
Il patto scellerato tra Faust e Mefistofele è siglato per il desiderio di possedere la fanciulla Margarete, dopo averle ucciso il fratello. Mefistofele, che da buon diavolo si preannuncia con la puzza continua di zolfo come da copione, le avvelena la madre per fargli trascorrere la notte con lei. Lui viene salvato per l'ennesima volta da Mefistofele che lo fa partire con una corazza da soldato.
In questa versione di Faust i personaggi sono deformi, in particolare Mefistofele, con una grande pancia divoratrice anche di cicuta, ed in preda a continui malesseri: dickensiani come non mai, ognuno di loro si abbassa al livello più materialistico della sua esistenza, evidenziando i difetti consoni ad ogni professione (vedi il riesumato padre di Faustus, medico come lui). La volgarità, che contraddistingue la maggior parte delle scene, la ristrettezza dei viottoli in cui si scontrano bare con carri da bestiame, il cinismo sotto il cui occhio microscopico si osservano le relazioni umane, lo rendono un film su cui riflettere anche il giorno dopo, per cercare di non prostrarsi a tale vilipendio della razza umana mostrato con così sagace e beffardo animo.
E l'anima che Faust si vende per un delirio di onnipotenza, quell'”immer weiter”, ovvero “sempre avanti, sempre oltre”, dell'ultima scena, non è affatto consolatoria poiché Faust, nella sua ricerca, e qui la sua ricerca di potenza, direi più che di potere, non ha remore, non ha altro fine che sé stesso, escludendo e prescindendo da qualsiasi movente o scrupolo “umano”. Retto dalle leggi del desiderio, possiede la pura e immaginifica, quasi assente con questo sguardo perduto nell'infinito, Margarete, impersonata dalla candida Isolda Dychauk, un volto che diventa l'”origine du monde” di Courbet (1866), come si evince dalla locandina, tra i veli.
Veli che non riescono però a non sollevarci da quell'intenso malessere che turba Faust, dal nichilismo pieno che ci mostra l'homunculus ferito dall'ingenua e sconcertata Margarete nell'incontro con Wagner, e non frenano la nostra mente facendoci pensare alle conquiste della scienza come la clonazione umana, fermata da ragioni bioetiche contro l'inesorabile “immer weiter” di Faust.
Per ulteriori approfondimenti
Doctor Faustus (in tedesco Doktor Faustus) è un romanzo scritto negli Stati Uniti dallo scrittore tedesco Thomas Mann, iniziato nel 1943 e pubblicato nel 1947 con il titolo Doktor Faustus. Das Leben des deutschen Tonsetzers Adrian Leverkühn, erzählt von einem Freunde (Doctor Faustus. La vita del compositore tedesco Adrian Leverkühn, narrata da un amico).
La tragica storia del Dottor Faust (The Tragical History of Doctor Faustus) è un'opera teatrale scritta da Christopher Marlowe nel 1588.
Opera
Faust è un dramma lirico in cinque atti composto da Charles Gounod tra 1839 e 1858 su di un libretto in lingua francese di Jules Barbier e Michel Carré tratto dal lavoro teatrale Faust e Marguerite di Michel Carré, a sua volta tratto dal Faust di Johann Wolfgang von Goethe.
Mefistofele di Arrigo Boito, opera in quattro atti, un prologo e un epilogo, scritta e composta ispirandosi al Faust di Goethe.