La favola di Amore e Psiche. Il mito nell’arte dall’antichità a Canova

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Amore e Psiche Musei capitolini

Il Museo di Castel Sant’Angelo ospiterà fino al 10 giugno 2012  la mostra dedicata a La favola di Amore e Psiche.  Il mito nell’arte dall’antichità a Canova, curata dal direttore del Museo di Castel Sant’Angelo, Maria Grazia Bernardini e, per la parte archeologica, da Marina Mattei, curatore archeologo dei Musei Capitolini.

La conclusione dei lavori di restauro del fregio di Perin del Vaga, che raffigura la storia di Amore e Psiche in Castel Sant’Angelo è stata l'occasione per organizzare una esposizione dedicata al mito di Amore e Psiche, che ne ripercorre l'interpretazione nell'arte figurativa dall’antichità a Canova.

Il mito ha una origine antichissima e affonda le sue origini anche nella cosmogonia, come testimonia lo splendido sarcofago che apre la prima sezione della mostra dedicata all'antichità, in cui è raffigurato  Prometeo  come creatore dell’uomo, avendo come testimoni gli dei- Zeus, Era, Ermes e Poseidone -  l'uomo è però un corpo -σομα (soma)- inerte, fatto di acqua e terra, in cui spinta dagli amorini sta per entrare una giovane figura femminile, Ψυχή,  il soffio vitale, che darà vita alla creazione del titano. Nell’Iliade, infatti, troviamo  la parola αψυχος ( apsucos α privativo e Ψυχή  privo del soffio vitale ) per indicare la morte.

Nell'antichità l'iconografia del mito descrive Amore e Psiche anche con le ali, che evocano l’appartenenza all’aria (ανεμος – ànemos - vento) e  ricordano la diffusione della filosofia di Platone, che definisce l’anima una farfalla; se infatti il dio viene raffigurato con le ali di uccello alla fanciulla vengono date le ali di farfalla.

Il mito dell'amore tra Amore e Psiche era molto diffuso e popolare ed era legato sia alla più ovvia esaltazione dell'amore, che si rafforza dopo il superamento di prove e sofferenze, sia nella visione filosofica del ciclo vitale, al superamento della morte attraverso l'amore. Il rapporto complesso, se non impossibile, tra il divino e l'umano è rappresentato dalle prove che l'anima ( Psiche) deve affrontare per potere diventare immortale, è un tema ricorrente fin dall'antichità ed è presente nell'arte di varie epoche, anche non legato alla cultura greca, come dimostra il Lohengrin di Wagner.

In mostra sono due esposti due splendidi gruppi marmorei: il gruppo di Amore e Psiche degli Uffizi, in cui due amanti sono rappresentati vicini e  abbracciati, e quello del bacio dei Musei Capitolini. Questi soggetti sono raffigurati anche su oggetti di  terracotta  e su cammei, delizioso il contenitore per belletti – Lekane -.su cui è effigiata Psiche con lo specchio.

Le peripezie e le sofferenze di Psiche per ritrovare Amore, sono un altro tema ricorrente, bellissima la statua di Psiche con le ali di farfalla dei Musei capitolini, che ricorda come iconografia Niobe, a confermare la popolarità del soggetto; sono anche raffigurate su molteplici oggetti di uso quotidiano su terracotta, su ceramica, su affreschi e gemme:  Psiche torturata da tre amorini, Eros che trattiene Psiche per i capelli, Eros che trafigge Psiche dalle ali di farfalla, Eros mentre sta per catturarla, Eros che fa bruciare Psiche e tre Amorini che la torturano, Eros che schiaccia Psiche seminuda, la trascina per i capelli e con la torcia accesa (che infiamma il cuore) tenta di bruciare Psiche/anima.

Amore e Psiche possono essere anche raffigurati su i sarcofaghi di bambini, come quello in esposizione, come simbolo dell'amore materno. La successiva narrazione della Favola di Amore e Psiche di Lucio Apuleio ( 125/126 – dopo il170), contenuta nelle Metamorfosi o L'Asino d'oro, raccoglie probabilmente le varie versioni, anche molto arcaiche, in quanto molte delle vicende narrate sono ricorrenti nelle fiabe e hanno contenuti psicologici a cui l'autore aggiunge significati allegorici.

La storia è narrata da una donna anziana a Carite, una fanciulla rapita dai banditi, ed è anche ascoltata da Lucio, il protagonista del libro già trasformato in asino. La straordinaria bellezza di Psiche induce Venere a vendicarsi e perciò chiede ad Amore di farla innamorare di un essere spregevole, Amore, però, si invaghisce della fanciulla e la porta in un lussuoso palazzo, in cui i servitori sono invisibili e così anche lo sposo.

Psiche è indotta dalla gelosia delle sorelle a spiare con una lucerna lo sposo dormiente, ma una goccia di olio bollente lo sveglierà; Amore adirato l'abbandona e la fanciulla disperata e incinta, dopo aver tentato invano il suicidio, si rivolge a Cerere e Giunone, che le consigliano di andare da Venere. La temibile dea la sottopone a terribili prove, persino la discesa negli inferi che la porterà al cospetto di Proserpina, per chiederle una scatola col suo belletto; ma poi Amore chiede l'intercessione di Giove per potere sposare Psiche rendendola immortale e così c'è il lieto fine con la fanciulla accolta nell'Olimpo.

Questa sarà la versione che godrà di un grande successo nel Rinascimento quando il libro di Apuleio verrà tradotto , tra gli altri, da Boiardo (1441-1494) e Firenzuola (1493-1543), la favola, in questo contesto storico, verrà interpretata in chiave Neoplatonica ( Plotino) e cattolica come: il duro e faticoso cammino dell'anima peccatrice per arrivare a Dio. Con questo significato il papa Paolo III Farnese, commissionò, per i suoi appartamenti privati, in particolare pare proprio per la camera da letto, il delizioso fregio a Perin del Vaga.  I nove riquadri dedicati alla narrazione sono incorniciati tra chimere, grottesche e puttini che reggono festoni. Per le scene Perin del Vaga ha utilizzato colori delicati e raffinati che sottolineano la sensualità dei nudi, nonostante il tema fosse stato prescelto con intenti profondamente religiosi.

La celebre serie delle incisioni del Maestro del Dado, che ripercorre l’intricata storia di Amore e Psiche e influenzò anche l'iconografia pittorica del tempo, è al centro della sezione della mostra dedicata al Rinascimento insieme ad alcuni disegni, copie da Raffaello, per la loggia della Farnesina.

Nel '600 l'interesse si spostò verso l'aspetto favolistico e avventuros accentuando la sensualità del tema e si concentrò l'attenzione sulla scena della lampada, anche per gli effetti luministici del soggetto: lo sposo misterioso e il fascino che suscita, ma anche per il significato simbolico sotteso: la presa di coscienza della realtà da parte di Psiche.

In questa sezione sono presenti quattro quadri su questo tema; di particolare erotismo raffinato è quello realizzato da Jacopo Zucchi (1542-1596).  L'ultima sezione è dedicata al Neoclassicismo e Romanticismo, nel periodo tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, in cui la favola di Psiche godette nuovamente del favore del pubblico ed ebbe una grandissima diffusione letteraria e figurativa.

Uno splendido arazzo francese (1750circa) proveniente dal Quirinale e il gesso preparatorio di Canova (1757-1822)  per la realizzazione del gruppo marmoreo di Amore e Psiche stanti, con il dio che dolcemente tiene in mano una farfalla, osservata intensamente anche da Psiche, accolgono il visitatore nell'ultima sezione.

Il fascino emanato dall'opera del grande scultore è intenso in quanto l'opera, pur ispirandosi all'antico, non lo copia ma lo fa rivivere attraverso la allora moderna sensibilità preromantica.  Di raffinata fattura le opere esposte dei suoi contemporanei come Thorvaldsen (1770-1844) , Gibson (1790-1866) e Tenerani (1789-1869) mentre è fascinosa e tenera la tela di Angelica Kaufmann( 1741-1807), che mostra Amore che asciuga le lacrime di Psiche.

Pubblicato in: 
GN29 Anno IV 28 maggio 2012
Scheda
Titolo completo: 

La favola di Amore e Psiche

Roma - Castel Sant'Angelo fino al 10 giugno 2012

Il progetto di allestimento è a cura dell’arch. Cesare Mari.

NOTIZIE UTILI
Orario: tutti i giorni 9 - 19. Lunedì chiuso
(la biglietteria chiude alle ore 18,30)
Pasqua, 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno aperto.

Biglietto d’ingresso intero € 10 - ridotto € 7,50
Info e prenotazioni 06 32810 - 6819111   poloromano.beniculturali.it
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