Festival delle Scienze 2014. Il Linguaggio secondo Chomsky

Articolo di: 
Teo Orlando
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Due eventi nell’ambito del Festival delle Scienze dedicato ai Linguaggi, tenutosi all’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 23 al 26 gennaio 2014, hanno visto come protagonista il grande linguista e filosofo Noam Chomsky, professore emerito del M. I. T. di Boston.

Il primo evento si è svolto la sera del 24 gennaio nella venue della Sala Sinopoli, con il titolo “Conversazioni con Chomsky. Le storture del mondo globalizzato nelle analisi di un grande filosofo”. 

Si è trattato di un evento piuttosto singolare, dovuto alla brillante inventiva del compositore Emanuele Casale, allievo di Aldo Clementi e Salvatore Sciarrino, e di Simone Gozzano, professore di logica e filosofia del linguaggio all’università dell’Aquila: un’opera musicale nella forma di un talk show accompagnato da proiezioni in video e con l’esecuzione di vari brani musicali da parte del Parco della Musica Contemporanea Ensemble. 

I personaggi che scorrono via via sul video, inteso come una sorta di palcoscenico virtuale, interpretano sé stessi, senza recitare una parte. In particolare, Chomsky e Gozzano sono presenti sia sul palcoscenico, sia in video, dove il secondo discute con i suoi studenti su problemi filosofici connessi con le teorie chomskyane. Sullo schermo si avvicendano poi figure notissime dell’universo storico e politico contemporaneo, in un clima che oscilla tra realtà del presente ed evocazione del passato: l’ex premier britannico Margaret Thatcher, l’economista Milton Friedman, gi ex presidenti USA Ronald Reagan e George W. Bush, il presidente del Cile Salvador Allende, assassinato nel golpe di Augusto Pinochet, l’ex presidente del Venezuela Hugo Chávez.

Nonostante questi presupposti, non si tratta di un’opera di propaganda politica: semmai, gli autori tentano di far interagire le teorie linguistiche di Chomsky, spiegate con relativa semplicità e con un taglio divulgativo, e le tematiche connesse con la sua attività di militanza politica radical leftist con accenti anarchici, all’interno di un tessuto audiovisivo che per molti versi ricorda il melodramma. Tutto ruota intorno all’antitesi tra due tendenze forse ineliminabili nella natura umana, nei singoli individui e nella società: quella che si orienta verso istanze collettivistiche e verso la mutua assistenza, da un lato, e quella che si dirige verso la competizione e l’individualismo più sfrenato, dall'altro.

Interrogato da Gozzano sul rapporto tra le regole del linguaggio e la creatività, Chomsky risponde che si può ipotizzare una relazione molto stretta. Senza regole non può esservi un atto creativo. Avremmo solo relazioni casuali e non creative, come capirono anche esponenti dell’estetica classica quali Friedrich Schlegel e Samuel Taylor Coleridge. Sul rapporto tra linguaggio e potere, Chomsky precisa che chi detiene il potere cerca di limitare l’uso del linguaggio, come si legge nell’introduzione, poco conosciuta, che George Orwell scrisse per La fattoria degli animali (Animal Farm), incentrata sulla “censura letteraria” in Inghilterra.

Assumono un valore sinistro le parole di Bush junior, quando sostiene che “l’America affronta un nemico che non rispetta le convenzioni di guerra e le regole etiche”, visto che viene suggerito che il primo a non rispettarle è proprio lui. D’altro canto, Chomsky sottolinea che certi economisti hanno potuto applicare le loro teorie sotto le dittature militari per procedere alla distruzione dell’economia e portare a una delle peggiori depressioni degli ultimi anni, come in Cile su suggerimento di Milton Friedman, esponente di punta della scuola di Chicago e premio Nobel per l’Economia. Per lui il mercato è concepito come un territorio in cui gli operatori agiscono senza vincoli e interferenze da parte dello Stato, che fissa solo la cornice generale entro cui devono agire.

Si passa poi dal Chomsky “politico” al Chomsky linguista, le cui teorie vengono presentate in forma piana e con il ricorso ad alcuni celebri esempi.

Il linguaggio, definito come la capacità umana di trasmettere informazioni, è composto di frasi dotate di senso; peraltro, la formazione di una singola parola e la sua funzione di denominazione sono fenomeni ancora in parte da chiarire in modo assoluto. Le teorie di Chomsky vengono “rappresentate” (anche nel senso che egli dà al verbo to represent nel suo libro Rules and Representations, dove si riferisce a come si esprime il sistema concettuale e computazionale sottostante agli enunciati del linguaggio) uditivamente e visivamente, con un canto che prima ripete la frase “My lawn is green – il mio prato è verde, sintatticamente e semanticamente corretta, e poi la frase “Colorless green ideas sleep furiously – idee verdi senza colore dormono furiosamente", che non ha senso, pur essendo sintatticamente anch’essa corretta.

Le idee politiche e le teorie linguistiche di Chomsky vengono poi connesse in una riflessione che parte dal fatto che per analizzare il linguaggio della propaganda politica basta il buon senso. Del resto, per Descartes e la linguisticacartesiana” (da Jean-Jacques Rousseau a Wilhelm von Humboldt) il cuore dell’essenza umana è la capacità creativa che hanno gli esseri umani e che si manifesta nel linguaggio. Ossia la capacità di produrre nuovi pensieri e nuove idee: è una sorta di istinto alla libertà che porta ciascuno di noi a ricercare la libertà, sicché ogni istituzione che vuole limitarla deve essere sfidata.

Il giorno successivo il grande linguista (presentato dal suo allievo italiano Andrea Moro) ha tenuto una conferenza di taglio più specialistico, ma sempre con attenzione alle esigenze della divulgazione, sul tema del “linguaggio come organo della mente”.

Moro, nel presentare il linguista americano, ha parlato di “tre Chomsky”: il primo è quello che si può associare al cosiddetto “problema di Platone”, ossia quello di capire come dar conto di ciò che gli esseri umani sanno e apprendono a partire dalle limitate esperienze che hanno intorno al mondo. Chomsky immagina una guida che precede l’esperienza sulla base della quale organizziamo i dati che provengono dal cosiddetto mondo esterno.

Del resto, il linguaggio non può essere spiegato semplicemente sulla base del mero apprendimento guidato, giacché gli stimoli comportamentali e imitativi sono troppo poveri per giustificare le sofisticate competenze linguistiche di cui presto arriva a disporre il bambino e che poggiano su una base innata, come egli aveva già teorizzato nel famoso saggio Cartesian Linguistics, del 1966. Il secondo è quello che si può associare al cosiddetto “problema di Orwell”, ossia quello del rapporto tra potere, politica e linguaggio: Chomsky si chiede, in particolare, perché i sistemi politici di stampo totalitario riescano a infondere nelle persone credenze e opinioni che diventano progressivamente certezze e verità, benché spesso siano totalmente prive di fondamento, al punto anzi da contraddire i fatti ovvi attestati dall'esperienza. E il terzo Chomsky corrisponde a un metodo che si fa pedagogia, modificando radicalmente il nostro modo di pensare: ci insegna a stupirci dei fatti più semplici, in modo da trasformare la nostra comprensione della realtà.

Chomsky è partito dalle teorie di Charles Darwin, secondo il quale l'uomo si differenzia dagli altri animali “per la sua capacità quasi infinita di associare i suoni e le idee più diverse”. Il linguista di Boston ritiene che in realtà tale capacità sia assolutamente, e non quasi, infinita; per lui inoltre le modalità di associazione tra suoni e “idee” differiscono radicalmente se si confrontano esseri umani e altri animali, compresi i primati superiori.

La capacità infinita è infatti una sottocomponente del cervello umano, un “organo mentale”. Nonostante i grandi progressi compiuti nella linguistica post-cartesiana, fu solo a metà del Novecento che venne determinato in modo scientificamente accurato il concetto di sistema finito con infinita capacità espressiva: fu così possibile formulare in modo rigoroso la proprietà fondamentale del linguaggio, per cui esso si basa su una procedura di calcolo che genera una serie infinita di espressioni ben formate che “associano suoni e idee”.

Del resto, già negli anni '50 del XX secolo, le cosiddette scienze formali (ossia matematica, logica e teoria del calcolo) avevano aperto la strada alla comprensione di come un sistema finito (che si tratti del cervello umano o di un calcolatore programmabile) sia in grado di generare un repertorio potenzialmente infinito di espressioni dotate di senso. Ne consegue che ogni essere umano è in grado di padroneggiare una lingua che si presenta come un oggetto finito, ma di portata infinita. È come se il nostro cervello finito possedesse come proprietà interna un sistema di elaborazione e calcolo che rende possibile esprimere un repertorio infinito di espressioni strutturate. Inoltre, ogni espressione può essere interpretata su due livelli: quello dell'apparato senso-motorio (per lo più si tratta di suoni articolati, ma anche di segni nei cosiddetti linguaggi dei segni) e quello dei sistemi di pensiero che ci forniscono schemi per comprendere il mondo circostante, progettare le nostre azioni, ragionare ed eseguire i più svariati processi mentali. 

A ciò vanno aggiunti i cosiddetti sistemi fondamentali (core systems) del linguaggio interiore che producono quelle che il filosofo Jerry Fodor ha chiamato un “linguaggio del pensiero” (language of thought), che si traduce in forme empiriche come manifestazione secondaria. Chomsky si è anche soffermato sul problema delle natura e delle origini del linguaggio in termini sia filosofici, sia neurofisiologici, sottolineando come la natura finita, biologicamente intesa, del nostro cervello non gli impedisca di avere un potere infinito, producendo un numero potenzialmente illimitato di enunciati, strutturati gerarchicamente.

La grammatica generativa da lui elaborata ci ha permesso di studiare queste proprietà in riferimento sia a una Grammatica universale, sia a quella che chiama la lingua-I (“interna, individuale e intensionale”), che altro non è che un’istanziazione – ossia un’esemplificazione astratta – della predetta Grammatica Universale. Tutto ciò si inquadra in quello che lui stesso ha chiamato la “tesi minimalista forte”, secondo la quale i princìpi della grammatica universale dovrebbero risultare solo da tre vincoli: quelli propri del nucleo computazionale della facoltà del linguaggio, quelli della forma fonetica e quelli dell’interpretazione «concettuale-intenzionale».

Nella grammatica generativa si cerca di esplicitare in forma compiuta i processi finiti che sono all'opera nel normale uso della lingua nella sua varietà complessa e illimitata, fino a comprendere, nel suo programma di ricerca, lingue di tipi assai diversi. Grazie ad essa è stato possibile, ad esempio, studiare in modo particolarmente illuminante in che modo il significato di espressioni complesse venga determinato dalla presenza di poche e astratte regole interne al linguaggio.

È stato così possibile portare alla luce, come già aveva detto un precursore di Chomsky, il grande linguista danese Otto Jespersen, i princìpi fomdamentali che presiedono alle grammatiche di tutte le lingue umane. Nell'era moderna, questo tipo di indagine ha preso il nome di grammatica universale, con l'adattamento di una terminologia tradizionale al nuovo orizzonte di ricerca.

Negli ultimi decenni, si sono moltiplicati gli studi che hanno ampliato le prospettive di ricerca sulla grammatica universale, insistendo ad esempio sull'efficienza del calcolo sintattico mentale o sulla portata delle funzioni cerebrali, grazie anche alle indagini pionieristiche nel campo della neurolinguistica.

Un'ulteriore linea di ricerca molto feconda ha esplorato ciò che in termini tecnici si chiama la cartografia delle strutture linguistiche, cioè le gerarchie universali delle frasi, che vengono evidenziate in particolare attraverso le modifiche apportate da alcune parti del discorso come gli avverbi; vengono altresì messe in risalto le strutture d'informazione veicolate dalle frasi (con componenti tecnici come il  focus, l'informazione topica, ecc).

In ogni caso, Chomsky ha concluso mettendo in evidenza come le ricerche procedano, a un livello ben superiore a quanto si sarebbe potuto ipotizzare solo alcuni anni or sono: stanno per dischiudersi prospettive stimolanti che getteranno luce sulle capacità linguistiche della nostra specie, ossia sulla singola caratteristica più notevole che caratterizza l'uomo moderno.

 

Pubblicato in: 
GN12 Anno V 28 gennaio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Festival delle Scienze 2014 - I Linguaggi
Fondazione Musica per Roma
Parco della Musica di Roma

Conversazioni con Chomsky. Le storture del mondo globalizzato nelle analisi di un grande filosofo”.
24 gennaio 2014 - Auditorium Parco della Musica - Sala Sinopoli
Talk-opera con e su Noam Chomsky di Emanuele Casale
Regia: Fabio Cherstich
Consulenza scientifica: Simone Gozzano
Video: Igor Renzetti
testi a cura di
Emanuele Casale, Simone Gozzano
musiche e composizione audiovisiva
Emanuele Casale

interpreti
Noam Chomsky
Diana Torto voce
Studenti dell'Università de L'Aquila
PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble
Manuel Zurria, Paolo Fratini flauti
Paolo Ravaglia, Luca Cipriano clarinetti
Francesco Peverini, Filippo Fattorini violini
Luca Sanzò viola
Francesco Sorrentino violoncello
Massimo Ceccarelli contrabbasso
Fulvia Ricevuto percussione
Tonino Battista direttore

25 gennaio 2014 - Auditorium Parco della Musica - Sala Petrassi
Conversazioni con Chomsky
Omaggio a Noam Chomsky

“Il linguaggio come organo della mente”
Un evento di Contemporanea
Noam Chomsky
introduce Andrea Moro

Voto: 
10